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Ama, assunzioni non bastano: servono piano industriale e multiutility pubblica

Preoccupa cambio management in azienda. Pronti a scioperare se raccolta verrà privatizzata

Pubblicato:10-06-2022 15:14
Ultimo aggiornamento:10-06-2022 15:14

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ROMA – Fermarsi sul termovalorizzatore e lanciare “un concorso internazionale di idee” per individuare le migliori tecnologie finalizzate alla chiusura del ciclo dei rifiuti di Roma. E’ l’invito che il segretario della Cgil di Roma e Lazio, Natale Di Cola, lancia al sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, nel corso di un’intervista all’agenzia Dire. “Mentre il mondo proietta le proprie scelte mettendo al centro la sostenibilità ambientale senza sprecare le materie, è evidente che è sbagliato scegliere il termovalorizzatore senza un dibattito e in assenza di un’evidenza sul perché si fa quella scelta. Per questo lunedì- ha spiegato Di Cola riferendosi all’incontro che i sindacati avranno con l’assessora capitolina ai Rifiuti, Sabrina Alfonsi- riproporremo al Comune di fermarsi rispetto a questa scelta, di condividere con la città gli obiettivi per la raccolta e la frazione che dovrà essere trattata e su questo aprire una grande gara internazionale chiedendo al mondo dell’università e delle imprese un concorso di idee per la migliore soluzione possibile”.

DI COLA: GUALTIERI SI FERMI SUL TERMOVALORIZZATORE

Di Cola si dice “convinto, e lo vediamo dalla quantità di ricercatori, imprese e soggetti che dopo la decisione di Gualtieri vuole discutere e ragionare, che sia mancato un dialogo. Se il sindaco vuole ricucire questa frattura si fermi sul termovalorizzatore, faccia una gara internazionale di idee dove Roma ha l’ambizione di avere la migliore tecnologia e soluzione possibili, e renda conto ai cittadini delle sue scelte aprendo a un grande concorso di idee chiamando università, imprese e stakeholders. Perché è giusto che prima di condannare la città per i prossimi 30 anni alla schiavitù del forno, dopo 40 anni di schiavitù della discarica, che una scelta di questo tipo venga ponderata politicamente e suffragata dall’inevitabilità di non potere fare altro”.

Roma però deve correre, perché tra due anni e mezzo ci sarà il Giubileo. Non a caso il sindaco ha ottenuto dal Governo i poteri speciali per costruire tutti gli impianti necessari a chiudere il ciclo dei rifiuti dentro i confini della Capitale: “Questo è un percorso fattibile, che non blocca i tempi se il vero obiettivo è chiudere il ciclo dei rifiuti- ha ribattuto Di Cola- Se invece, come è uscito e su cui chiederemo lunedì, si sceglie di fare un termovalorizzatore per non affrontare oggi le scelte della transizione ecologica, allora l’amministrazione deve essere chiara rispetto al fatto che sta scegliendo di non affrontare i problemi oggi e rinviarli al futuro. Fare trattare fuori regione per tanti anni i rifiuti della città è una scelta che non condividiamo perché va contro l’ambiente. Il sindaco ha dichiarato di volere ridurre le emissioni ma queste, nel frattempo che saranno costruiti gli impianti, aumenteranno insieme ai costi e si deresponsabilizzerà ancora una volta l’Ama”.


La Cgil è convinta che “facendo bene la parte a monte già oggi il sistema del Lazio può essere autosufficiente. Capisco che il Comune voglia impianti propri per la gestione dei rifiuti ma siamo convinti che gli impianti alternativi al termovalorizzatori siano disponibili e necessari. Il termovalorizzatore ha distratto l’azienda, non produrrà una gestione virtuosa del ciclo dei rifiuti e rischia di non fare centrare nessuno degli obiettivi annunciati: sui costi non produrrà un vantaggio, perché l’Europa e il mondo vanno da un’altra parte, queste tecnologie saranno tassate e non incentivate, ma soprattutto in questo modo si fa ad inizio consiliatura una scelta che condanna Roma a essere arretrata nel mondo per i prossimi 30 anni. Quindi una scelta sbagliata nel presente e nel futuro”. Il sindaco ha dichiarato, a proposito delle 600mila tonnellate che dovrebbe bruciare il termovalorizzatore, che si stanno rivedendo i numeri: “Speriamo sia il primo passo verso le parole fatidiche che ci aspettiamo di ascoltare- ha aggiunto Di Cola- Abbiamo capito che questo progetto va accantonato, possiamo seguire altre strade”.

NUOVO IMPIANTO COLLEFERRO SIA BASE MULTIUTILITY

La realizzazione del termovalorizzatore a Roma resta sempre in primo piano nel dibattito sulla chiusura del ciclo dei rifiuti della Capitale. Tuttavia, due anni fa la Regione Lazio aveva approvato un piano rifiuti (superato nei numeri secondo l’amministrazione Gualtieri) che poggiava sulla realizzazione a Colleferro da parte di LazioAmbiente di un grande impianto (500mila tonnellate) di recupero di materia dal rifiuto tal quale, azzerando così il ricorso alla discarica e superando la necessità di un nuovo termovalorizzatore. Poi, di questa soluzione impiantistica non si è saputo più nulla. Anche se sottotraccia i lavori in questa direzione continuano a proseguire. E anche la Cgil di Roma e Lazio non intende gettare nel dimenticatoio un’opzione che, secondo il sindacato, può dare una nuova veste alla discussione sul termovalorizzatore della Capitale e non solo. “Chiederemo a breve alla Regione di avere tempi certi per la realizzazione degli impianti contenuti nel piano”, ha spiegato Di Cola. “Due anni fa, quando la Cgil aveva sostenuto la chiusura dei termovalorizzatori di Colleferro e il nuovo impianto che andava nel senso dell’innovazione e del superamento dell’incenerimento, aveva anche lanciato un’ulteriore proposta: quell’impianto poteva essere la start up di una grande multiutility regionale che avesse al centro l’Ama, Lazio Ambiente e facesse da collante per tutte le altre aziende pubbliche del territorio laziale e del centro Italia, anche aprendo una discussione con Acea”.

Di Cola continua dunque “a porre al tavolo la proposta di costruire una grande e nuova multiutility pubblica dell’economia circolare che non abbia solo l’ambizione di chiudere il ciclo con l’impiantistica moderna e sostenibile ma si faccia anche promotrice dell’innovazione tecnologica e immagini come possano essere stimolati i nuovi ‘lavori verdi’ e create le filiere necessarie. Insomma, un grande incubatore pubblico per costruire l’economia circolare e dialogare con le trasformazioni energetiche”. Perché, ad esempio “in questi anni Ama dovrà pagare un prezzo altissimo a causa della sua mancanza di autonomia, anche in termini di combustibili, e avrà costi elevatissimi come conseguenza della guerra e dell’aumento dell’inflazione. Quindi- ha spiegato Di Cola- noi diciamo che va fatto qualcosa di più della collaborazione tra Comune e Regione. Quello che non si è riuscito a fare da due anni è ciò che che continuiamo a dire. Non abbiamo bisogno di progetti spot lanciati da un singolo ente che non guardano in maniera complessiva e non traguardo le scelte degli altri enti. Quell’impianto lo abbiamo sostenuto, perché può rappresentare l’innovazione e il primo passo verso una spinta su questo ambito. Non bastano le collaborazioni istituzionali ma soggetti industriali condivisi”.

PRONTI A SCIOPERO CONTRO PRIVATIZZAZIONE AMA

Non tutti hanno accolto positivamente la decisione di Roma Capitale di fare assumere ad Ama oltre 650 operatori a tempo indeterminato. C’è ad esempio chi come l’ex presidente di Legambiente, attuale presidente di Fise Assoambiente e da sempre grande sostenitore dell’opzione termovalorizzatore, Chicco Testa, che, a margine di un evento pubblico organizzato dalla lista Civica Gualtieri, ha invitato il sindaco a privatizzare la raccolta partendo la Centro Storico. Per Di Cola, “l’idea che sta dietro la contrarietà alle assunzioni è vecchia ed è di quei soggetti che vogliono privatizzare il servizio per fare in modo che i privati possano fare dei profitti- ha spiegato all’agenzia Dire- La proposta di privatizzare le attività per la gestione dei rifiuti a Roma non ha alcun supporto né evidenza ma è una scelta ideologica. Abbiamo sempre detto che è sbagliato spezzare il ciclo dei rifiuti. Infatti uno dei problemi più importanti di Ama è che non lo governa interamente”.

Secondo il sindacalista “Testa non osserva che i più grandi problemi dell’Ama nell’organizzazione del servizio riguardano proprio i servizi già dati attualmente in appalto: uno su tutti, quello delle utenze non domestiche. Un servizio a rete come quello dei rifiuti, funziona se c’è un’unica catena di comando e un’unica organizzazione del lavoro. Avere già oggi dei pezzi in appalto crea una diseconomia e una gestione organizzativa sbagliata. La privatizzazione sarebbe solo un problema per l’azienda. Uno dei più grandi che ha Ama è non avere infrastrutture a sostegno della raccolta e dello spazzamento. E’ impossibile ritenere che un servizio ad alta incidenza di personale e che fa della prossimità e delle infrastrutture i suoi i punti cardine possa essere messo sul mercato. A meno che qualcuno, come accaduto negli anni più bui, non voglia fare cassa sulla pelle dei lavoratori, con appalti che tagliano sul costo del personale”.

In realtà l’allora sindaco Ignazio Marino, in occasione del nuovo affidamento in house del servizio ad Ama, propose una sperimentazione ‘privata’ su due municipi: “Ci fu uno sciopero dei sindacati con una decisione del 90% dei lavoratori che fece cambiare idea al sindaco- ha ricordato Di Cola- Non vorremmo dovere ripetere questa storia. L’esperienza ci dice che scelte di questo tipo sono sbagliate e noi, con la stessa forza di allora, saremmo pronti a contrastarle se l’attuale sindaco dovesse intraprendere questa strada. Ma noi confidiamo che non avverrà”.

ASSUNZIONI PRIMO PASSO, ORA PIANO INDUSTRIALE

“Le assunzioni sono un primo tassello di un necessario processo di efficientamento dell’Ama. Per recuperare l’efficienza di cui l’azienda ha necessità, serve un piano industriale che permetta ai lavoratori di avere strumenti e un’organizzazione del lavoro degna di questa nome”, spiega Di Cola. “Dall’insediamento di questa amministrazione, la Cgil ha subito avanzato con Cisl e Uil le 10 azioni per il rilancio della città. Siamo stati promotori della richiesta di mettere risorse per una pulizia straordinaria e abbiamo sottoscritto importanti accordi per migliorare anche le performance aziendali nei primi 4 mesi di questa amministrazione. Si vedevano dei risultati importanti e un clima positivo per lavorare in vista del futuro della città. Poi- ha spiegato Di Cola- l’amministrazione ha scelto di non seguire più la pratica del pragmatismo per risolvere i problemi ma si è passato agli annunci: come quello del termovalorizzatore ‘salvifico’”.

E quindi “si è verificato ciò che temevamo: l’azienda si è distratta rispetto all’organizzazione del ciclo, il sindacato è stato messo ai margini della discussione, non è si affrontato il tema dell’ulteriore emergenza rifiuti che sapevamo ci sarebbe stata con la fine dell’emergenza Covid e la ripresa dei consumi. Il risultato è qui- ha aggiunto Di Cola- L’annuncio del termovalorizzatore ha prodotto l’ennesima crisi e avremmo potuto dedicare questi mesi ad evitarla, facendo le assunzioni e le altre attività che rivendichiamo da tempo”. A partire dalla “riorganizzazione del servizio- ha proseguito Di Cola- Perché c’è necessità che venga strutturato su basi moderne, col supporto della tecnologia e con una nuova mappatura dei rifiuti. Perché dopo la pandemia sono cambiate le abitudini e la distribuzione dei rifiuti dentro la città. Poi, costruire le infrastrutture e la strumentazione necessaria”. Perché “senza un nuovo parco mezzi, che permetterà all’azienda di assolvere al contratto di servizi, senza un investimento dai cassonetti alle sedi di zona, dalle isole ecologiche alle officine, l’azienda resterà inefficiente e la città sporca“.

Attualmente “l’Ama– ha rimarcato Di Cola- non ha un piano industriale e questa è una delle cose che chiederemo con più forza lunedì al tavolo previsto con l’amministrazione. Abbiamo dovuto aspettare 8 mesi un tavolo ufficiale per confrontarci sul futuro e le scelte aziendali da fare. E riteniamo giusto affrontare in maniera seria la parte finale di chiusura del ciclo dei rifiuti, solo dopo avere visto le scelte per fare in modo che vengano utilizzati al meglio gli oltre 700 milioni di euro che ogni anno i cittadini pagano per la gestione del servizio”.

Il sindacalista si è detto convinto che “l’Ama avrebbe la necessità di dotarsi di tutta quell’impiantistica più importante per renderla competitiva in Europa nella gestione della materia differenziata, l’elemento da aggredire maggiormente. Perché entro il 2035 almeno il 65% dei rifiuti prodotti da Roma dovrà essere riciclato, non differenziato, e quindi l’azienda dovrebbe investire tutte le sue energie su questo. Non parliamo solo degli impianti relativi all’umido e alle plastiche o la carta, su cui l’amministrazione sta lavorando. Ci sono tante frazioni importanti che nei prossimi anni diventeranno obbligatorie da riciclare, come il tessile, i raee o le terre da spazzamento, e anche all’interno delle plastiche il mondo sta immaginando come ridurre gli scarti e aumentare la qualità della materia. Questa sarebbe stata una scelta che guarda al futuro: fare di Roma un’avanguardia nella gestione delle materie prime seconde dai rifiuti. Su questo, anche a causa dell’eredità lasciata dalla Raggi sull’uso dei fondi del Pnrr, si poteva fare di più e non troviamo da nessuna parte una proiezione verso la ricerca di soluzioni innovative“.

Una volta “fatti gli investimenti per puntare realmente al miglioramento della differenziata come qualità e dopo averci convinto sui numeri, affronteremo il tema di come chiudere il ciclo sull’indifferenziato– ha concluso Di Cola- Non ci convince un termovalorizzatore di quelle dimensioni”.

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