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Serena Bertolucci a #mandaloadire: “Basta autoreferenzialità per chi amministra Genova”

Per rilanciarsi anche dopo gli anni della pandemia, Genova per la direttrice ha bisogno di "riscoprirsi, rivalutando la memoria come forma di innovazione"

Pubblicato:10-06-2022 13:34
Ultimo aggiornamento:10-06-2022 15:06

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GENOVA – Si chiude con il mondo della cultura la rubrica dell’agenzia Dire lanciata per le amministrative di domenica prossima, a Genova. La decima e ultima protagonista delle interviste di #mandaloadire è Serena Bertolucci, direttrice della Fondazione per la cultura di Palazzo Ducale, dopo aver ricoperto lo stesso incarico per il Museo di Palazzo Reale e per il Polo museale della Liguria. Insomma, una vera istituzione nel suo campo. Per lei, che la vede dal mare della sua Camogli, Genova è una città “introversa, un po’ come tutti noi, e pudica”, ma anche “in evoluzione”. Evoluzione che, spera, presto la porti a essere più “cosmopolita, generosa e ricca di cultura”.

Sempre a proposito di evoluzione, la città e chi la amministra dovrebbero “cambiare una forte propensione a essere autoreferenziali: non abbiamo il centro storico più grande del mondo, non siamo gli inventori di qualsiasi cosa”. Per contro, Bertolucci terrebbe “il fatto di riconoscerci, utilizzando però la memoria non solo come fatto autocelebrativo, ma come forma di innovazione. Bisogna cambiare la prospettiva: va bene riscoprire la memoria, ma occorre farlo per sapere dove vogliamo andare”.

Per rilanciarsi anche dopo gli anni della pandemia, Genova per la direttrice ha bisogno di “riscoprirsi, ma veramente. Appunto, rivalutando la memoria come forma di innovazione. E, poi, cercando di intensificare l’anima di questa città, cioè l’essere aperta ai cambiamenti e alle diverse comunità che da sempre l’hanno abitata. Genova si ritrova e si riconosce se guarda alla forza che aveva nel passato e da dove arrivava”.
Niente nomi su chi sarà il prossimo sindaco: un po’ rischioso esporsi direttamente per un rappresentante delle istituzioni. Nessuna remora, però, a delinearne qualche tratto. “Chiunque sia- racconta- vorrei davvero che credesse nella cultura come forma di sviluppo. Vorrei che capisse che c’è differenza tra turismo e cultura e che la qualità premia sempre”.


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