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Libia, la testimonianza dalla linea del fronte: “Presto a Tripoli una crisi umanitaria”

"A sud di Tripoli la situazione è ancora fuori controllo: i combattimenti stanno continuando, e chi può fugge perché la situazione non è sicura per i civili"

Pubblicato:10-04-2019 14:55
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 14:20

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ROMA – “A sud di Tripoli la situazione è ancora fuori controllo: i combattimenti stanno continuando, e chi può fugge perché la situazione non è sicura per i civili”. La testimonianza arriva da Saleh Shebani, un residente di Qasr bin Ghashir, località a circa 30 chilometri da Tripoli, e presso cui ha sede l’aeroporto internazionale. Qui e nelle aree circostanti, giovedì scorso sono scoppiati violenti scontri tra le milizie del generale Khalifa Haftar e quelle fedeli al Governo di Tripoli, sostenuto dalle Nazioni Unite.

Shebani, che è riuscito a portare via la famiglia – composta dalla moglie e dal figlioletto di tre anni – il giorno stesso in cui sono iniziati i combattimenti, continua a ricevere costantemente notizie da chi è rimasto bloccato in città: “La gente ha paura, non si sente al sicuro. Alcuni sono morti o rimasti feriti a causa degli scontri che a volte raggiungono anche i centri abitati”.

Il padre di famiglia racconta i momenti concitati in cui l’attacco è stato sferrato dalle milizie del generale della Cirenaica: “I veicoli carichi di uomini e armi sono arrivati da due strade che conducono all’aeroporto, a cui le forze di Tripoli hanno subito risposto. Si sono create quindi quattro zone dove sono ancora in corso i combattimenti. Nessuno sa chi sta controllando cosa: un momento prevalgono gli uomini di Haftar, un altro quelli di Serraj. Non si capisce nulla”.


Molte persone che erano fuori casa o in auto sono rimaste ferite, ma per fortuna le cliniche e gli ospedali ancora sono funzionanti, “Ma non sappiamo per quanto ancora” riferisce Saleh Shebani, che spiega ancora: “molti medici e infermieri sono volontari stranieri, parte di organizzazioni internazionali, che col proseguire delle violenze se ne andranno, causando un deficit di personale”.

Si può parlare di crisi umanitaria a Qasr Bin Ghashir e nei dintorni? “Ancora no” risponde Shebani “tuttavia la gente non può uscire a comprare da mangiare e dall’esterno non arrivano più i camion per rifornire i negozi, né le cisterne per l’acqua. Per via della guerra, già da prima in molti eravamo costretti ad acquistare acqua potabile in questo modo. Ora che le strade sono impraticabili, potete immaginare”.

Quanto alla corrente elettrica e ai collegamenti telefonici e internet, “tutto ancora funziona, ma ci aspettiamo che negli scontri verranno bombardate le torri dei ripetitori. Ecco perché chi può, fugge altrove. Chi resta, è costretto a barricarsi in casa”.

Vi aspettavate questo attacco? “No, e neanche in modo così violento. Credo che Haftar però non pensava che avrebbe trovato una resistenza così forte. Sui media internazionali- prosegue Shebani- leggiamo che riceve soldi, armi e militari addestrati da Egitto, Arabia Saudita ed Emirati. Solo grazie a questo può proseguire l’offensiva, ma non sappiamo per quanto ancora proseguiranno i combattimenti, né chi vincerà”, conclude l’uomo.

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