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Pd, Rosati: “Accanto a Orlando per un nuovo Umanesimo”

ROMA -  Che abbia deciso di appoggiare la candidatura di

Pubblicato:10-03-2017 22:30
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 11:00

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ROMA –  Che abbia deciso di appoggiare la candidatura di Andrea Orlando è noto, ma adesso Antonio Rosati, esponente dem di lungo corso, racconta i motivi di una scelta arrivata dopo aver sostenuto Matteo Renzi.

Alla vigilia di ‘Cambiare il Pd. Ricostruire l’Italia’, l’appuntamento che domani vedrà insieme Andrea Orlando e Nicola Zingaretti, Rosati spiega qual è a suo avviso la direzione che il Partito democratico deve prendere per “tornare a parlare alle persone”.

La strada “deve essere quella di un nuovo Umanesimo– dice- che dia voce a chi non ce l’ha”. Convinto che il Pd debba “tornare ai suoi principi ispiratori”, Rosati considera Orlando colui che è in grado di “inaugurare una nuova fase: costruire finalmente un partito mai nato”.


Ecco l’intervista raccolta dall’agenzia Dire:

– Dopo aver appoggiato Matteo Renzi, questa volta ha deciso di schierarsi con Andrea Orlando. Che cosa le ha fatto cambiare idea?

“Per mia cultura e formazione, cerco di riflettere sui fatti e sui risultati in modo libero. Dopo la sconfitta elettorale del 2013, la mancata elezione di Romano Prodi alla presidenza della Repubblica e una eccessiva umiliazione nel confronto con il Movimento Cinque stelle, decisi di sostenere Renzi perché mi sembrò una grande innovazione, un elemento di discontinuità in grado di riportarci al centro del dibattito, sfociato nella vittoria alle elezioni Europee. In parte lo è stato. Poi, Renzi e tutti noi abbiamo smarrito il contatto con la realtà”.

– Che cosa l’ha deluso dell’ex presidente del Consiglio ed ex segretario?

“Prima di tutto, la scarsa considerazione che le riforme per essere durature non possono essere calate dall’alto. Devono essere intrise nel gorgo dei problemi italiani. L’idea invece mi è sembrata quella di essere soli contro tutti: le associazioni, i sindacati e il mondo imprenditoriale. Uno strabismo programmatico, un’idea che poi al referendum costituzionale è diventata certezza. Il Pd era impegnato in una cavalcata molto solitaria. Il tutto, con una narrazione adrenalinica sull’Italia. Non che le cose buone non siano state fatte, ricordo per esempio i diritti civili, ma per dinamiche non solo italiane, e anche europee e internazionali, la sofferenza delle persone aumentava a livelli impietosi, così come la disuguaglianza. C’è stata poi la questione legata al ruolo del Partito democratico: Renzi ha sottovalutato l’importanza di uno strumento utile per contribuire ad uscire dalla grave crisi di rappresentanza democratica. La sinistra ha bisogno di parlare alle persone e per farlo c’è bisogno di un grande soggetto collettivo che dia la sensazione concreta di una forza in grado di contrapporsi ad un capitalismo senza volto che ha trasformato tutto in merce, anche i sentimenti”.

– A suo avviso il Pd deve tornare a pensarsi come un partito di sinistra?

“La sinistra non è un luogo o un campo ma un punto di vista per leggere il mondo. Mi batto per un Partito Democratico che di fatto sia di sinistra coniugando innovazione e tradizione. Renzi è stato coerente, collocando il Pd nel Partito socialista europeo, il punto è però capire che cosa sia oggi un partito di sinistra. A mio avviso, certamente dobbiamo parlare al mondo delle innovazioni e delle professioni senza dimenticare coloro che intorno al lavoro, anche il più umile, realizzano la propria dignità umana. La loro rappresentanza non può essere individuale. Dobbiamo riscoprire il valore dell’empatia. Una grande forza di sinistra ha bisogno di questo, di immedesimarsi con la realtà delle persone. E a chi dice che destra e sinistra non esistono più, ricordo quello che abbiamo letto in questi giorni sulle cronache: un operaio di una grandissima azienda di Rivoli si è ammalato, ha subito un trapianto e poi, tornato al lavoro, non ha trovato più il posto. La sua azienda lo ha licenziato. E allora chiedo: una forza di sinistra al fianco di chi deve stare? Ecco, noi dobbiamo stare dalla parte di quest’uomo”.

– Arriviamo a Orlando. Quali sono i punti cardine che questa candidatura deve portare avanti?

“Ho scelto di appoggiarlo perché gli uomini contano. Orlando è un uomo di grande levatura, sobrietà e rigore, e con una idea della politica di forza e nobiltà. Abbiamo bisogno di tornare alle radici, perché quando un grande movimento, un grande partito è in difficoltà, più che perdere tempo a cercare strade nuove, in una sorta di nuovismo esasperato, deve tornare ai principi ispiratori. Orlando rappresenta bene l’idea di una sinistra che torna alle radici senza chiudersi, dando voce a chi non ce l’ha, una tensione all’uguaglianza”.

– La chiave sarà dunque tutta nel programma?

“Sì, ma non solo. Oggi il Pd deve rilanciare un’idea di Italia e del mondo. Un nuovo Umanesimo economico e sociale, dove non tutto è merce. Noi siamo per un’economia di mercato non per una società di mercato: è questo che deve comunicare il nostro partito ai tanti ragazzi e ragazze che non ci hanno votato al Referendum e che guardano al Pd con diffidenza. Dobbiamo rilanciare l’idea di un mondo diverso. Contro il riarmo che è in corso ovunque, dobbiamo riaffermare altro: acqua, terra, cibo, agricoltura sono valori che vanno preservati per le nostre future generazioni. La grande differenza tra destra e sinistra è che la sinistra deve tornare a essere conservativa. Mi spiego: conservare l’ambiente, l’acqua pubblica, il mondo, le specie animali e consentire che gli uomini e le donne possano avere le condizioni per liberare la loro creatività e le loro attitudini, come previsto dall’articolo tre della Costituzione. In sostanza, dobbiamo essere portatori di un’altra ipotesi di sviluppo e di coesistenza civile, tre sono i temi programmatici: una nuova politica industriale e della crescita, creare lavoro deve essere il nostro assillo; una nuova grande stagione di investimenti pubblici ottenendo lo scomputo dal patto di stabilità e, infine, la vita quotidiana nelle città, contro le periferie fisiche e culturali. Le migliori stagioni del centrosinistra sono state quelle in cui abbiamo dato il meglio nell’amministrazione di Comuni e territori. Orlando rilancia con forza l’idea di un soggetto collettivo, di un partito utile all’Italia che usi in modo potente la democrazia dal basso non solo sui social network, ma chiamando di più i propri iscritti a prendere decisioni. Oggi abbiamo solo le primarie come momento di confronto. È poco, il partito di fatto non esiste, è indispensabile un sussulto democratico che spezzi correnti e cordate, liberando energie positive nella società. Torniamo a discutere dando potere agli iscritti e agli elettori sui grandi temi del Paese. Sono convinto che Orlando possa rilanciare l’idea di un nuovo Umanesimo per inaugurare una nuova fase del Pd: costruire finalmente un partito mai nato che dia voce alle proprie persone e sia in empatia con loro”.

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