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Luca Barbarossa, in 62 anni tennista, teatrante, cantautore, scrittore, conduttore. “Aggiungo cameriere – dice intervistato dal Corriere della Sera – con le mance che guadagnai a Londra comprai la mia prima chitarra acustica”. “Feci il cameriere per Venditti, servendo al tavolo dove stavano lui, Gato Barbieri e gli altri produttori: 30mila lire di compenso, era il 1979».
Il tennis, dunque: “Ho avuto la stessa insegnante di tennis di Panatta, la mitica Wally San Donnino, una modenese severissima. La mattina andavo a scuola a Monteverde, poi mangiavo in trattoria e andavo a fare i corsi di tennis. Lui aveva una decina di anni più di me ma era il mio idolo. Io ero un infiltrato mezzo nascosto dietro le quinte. Me lo ritrovai davanti. Presi fiato, stavo per fargli la domanda della vita, ma lui mi guardò e mi liquidò con un “’a ragazzì, che stai a ‘ffa, vedi d’annattene”, disse scherzando. Ma avevo già capito che non sarei mai diventato Panatta. Così con Mario Amici cominciammo a suonare per strada: Bob Dylan, i Beatles”.
Tornando a Venditti: “Antonello è più grande di me, ma le racconto questa: quando mi dividevo ancora tra il tennis, i ristoranti e le esibizioni per strada, mi chiamò un amico: “Antonello aveva lanciato il grande successo Roma Capoccia, una dichiarazione d’amore alla città. Io nel 1981 vengo invitato a Castrocaro. Porto allora una canzone, Roma spogliata, che nelle mie intenzioni doveva essere una risposta polemica a Venditti, il racconto di una città molto più problematica di quella che aveva cantato lui. Ci ritrovammo a incidere nello stesso studio e una sera lui venne da me. “Aho, bella ‘sta canzone”, mi disse, mentre io strabuzzavo gli occhi. E aggiunse: “Posso incidere io le parti al pianoforte?””.
La vittoria a Sanremo nel 1992 con «Portami a ballare» se l’aspettava? “Macché, no, anche perché io volevo portare un brano più impegnato, Cuore d’acciaio. Per fortuna che Morandi e Dalla mi presero da parte e mi dissero: “E togliti la puzza sotto al naso, forza”. Vecchioni una volta di me disse che ero troppo bello per essere anche bravo. Poi però cambiò idea e oggi mi dice che sono anche bravo».
Con Maradona: “Una volta a un mio concerto si presentò Maradona. A Napoli. Nell’anno dello scudetto del 1987. Io sapevo che Diego apprezzava alcune mie canzoni, però in quegli anni per lui era impossibile anche solo fare un pezzo di strada a Napoli: la folla impazziva, davvero rischiava di farsi male per l’affetto dei tifosi. Così quella sera tutto era pronto alle Terme di Agnano, quando lo staff di Maradona ci disse che lui avrebbe avuto piacere di partecipare. “E dove lo mettiamo?”, fu la mia domanda piena di gioia, ma anche di sgomento: l’ordine pubblico nei concerti è una cosa seria. Il mio manager allora ebbe un’idea: letteralmente lo nascondemmo dietro l’impianto audio, in modo che nessuno potesse vederlo. Solo alla fine, sulle note di Roma Spogliata, lo chiamai sul palco a duettare con me. Le lascio immaginare la reazione del pubblico: una follia collettiva”.
Non si trova nemmeno una foto di quella serata. “Non è strano: è oggi che la gente pensa a fotografare, all’epoca ti godevi il concerto, ascoltavi la musica”.
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