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ROMA – Al via all’Auditorium Antonianum a Roma la quinta edizione del Summit nazionale delle diaspore. In primo piano il ruolo delle comunità con radici migranti in Italia per i progetti e nelle politiche di cooperazione allo sviluppo. L’approccio, nei primi interventi, è allo stesso tempo locale e globale. Tra i temi in evidenza il Piano Mattei, l’iniziativa del governo italiano che guarda all’Africa. Altri spunti riguardano il “co-sviluppo” e la partecipazione alla cooperazione internazionale delle associazioni delle comunità con origini subsahariane ma non solo: a prendere parte ai lavori sono oggi attivisti con radici asiatiche, latinoamericane o europee, dal Brasile alle Filippine all’Albania.
“Siamo stati molto sorpresi dal fatto che nella governance del Piano Mattei non ci fossero la diaspore; questo è un vulnus importante”: così all’agenzia Dire Mani Ndongbou Bertrand Honoré, presidente del Coordinamento italiano delle diaspore per la cooperazione internazionale (Cidci). Una responsabilità, questa, che per lui si unisce alla guida dell’associazione Camerunesi di Roma e del Lazio. L’occasione dell’intervista è la quinta edizione del Summit nazionale delle diaspore, in corso all’Auditorium Antonianum.
“E’ chiaro”, sottolinea Ndongbou, in riferimento all’iniziativa dell’esecutivo di Giorgia Meloni, “che dobbiamo lavorare insieme con il governo per far sì che la voce delle diaspore e la voce degli africani siano presenti e che si trovino le soluzioni alle problematiche attraverso i progetti migliori”. Il presidente è convinto che l’obiettivo sia il rafforzamento della tenuta sociale, a livello globale e locale, con un impatto sulle migrazioni. “Bisogna far sì che i nostri compaesani abbiano una scelta in più per potere restare nel continente africano” sottolinea Ndongbou. “Servono l’approccio dell’ascolto e dell’umiltà nel dare spazio a chi vuole contribuire perché il Piano Mattei sia un successo, per l’Italia ma anche per l’Africa”.
“Presentate proposte concrete, vogliamo vederle una per una”: questo l’appello rivolto ai partecipanti del Summit nazionale delle diaspore da Stefano Gatti, a capo in Farnesina della Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo (Dgcs). “Io sono qua, mi vedete” ha sottolineato il responsabile, in apertura della quinta edizione della manifestazione, all’Auditorium Antonianum. “Abbiamo una Dgcs che dal primo gennaio è stata rafforzata con due uffici in più, uno dei quali dedicato al rapporto con le organizzazioni della società civile”. Il punto chiave, secondo Gatti, è anche questo: “Le diaspore sono parte della società civile e del sistema Italia”. Poi un appello rispetto al Piano Mattei, l’iniziativa del governo di Giorgia Meloni che guarda all’Africa. “Non c’è nessuna esclusione”, ha sottolineato Gatti, “siamo vostri compagni di strada”. Oltre al Piano Mattei citato un bando appena approvato, di un valore di 180 milioni di euro. “La prima sfida è per le associazioni che possono presentarsi a bandi” ha detto Gatti: “Vengano con proposte importanti”.
“Co-design”, cioè disegno congiunto: usa queste parole Laurence Hart, coordinatore dell’Ufficio per il Mediterraneo dell’Organizzazione internazionale delle migrazioni (Oim), per caratterizzare il ruolo che le comunità di origine straniera in Italia possono e devono avere nelle politiche di cooperazione allo sviluppo. L’occasione della riflessione è la quinta edizione del Summit nazionale delle diaspore, all’Auditorium Antonianum, a Roma. Il primo spunto, in un’intervista con l’agenzia Dire, è la nascita nel dicembre scorso di una rete associativa già radicata in nove regioni d’Italia. “Il Coordinamento italiano delle diaspore per la cooperazione internazionale è una tappa importante”, sottolinea al riguardo il responsabile di Oim. “Può permettere di coagulare forze, energie, pensieri e aspirazioni ma anche progetti che possano essere di beneficio sia per il Paese di accoglienza sia per le comunità delle diaspore in Italia sia per i Paesi di origine”. La nascita del Coordinamento è stata favorita da Oim insieme con l’associazione Le Reseau attraverso il progetto “Draft the Future! Towards a Diaspora Forum”. Hart si sofferma su strategie e obiettivi: “Siamo tutti in cerca di meccanismi innovativi che abbiano un impatto nei Paesi di origine e partiamo dal presupposto che le diaspore possono aiutare il processo di co-sviluppo”. Il responsabile di Oim aggiunge: “Le politiche di cooperazione devono coinvolgere le diaspore perché il co-design, il design congiunto, permette di raggiungere risultati più efficaci”.
“Le comunità si sono messe a disposizione”, da Crotone a Bolzano, da Palermo a Udine: lo ha detto Cleophas Adrien Dioma, presidente dell’associazione Le Reseau, ripercorrendo il percorso di partecipazione del Summit nazionale delle diaspore, avviato nel 2017 e giunto ora alla quinta edizione.
Nell’intervento, all’Auditorium Antonianum, il ricordo dell’avvio dell’iniziativa. “Ero nel Consiglio nazionale per la cooperazione allo sviluppo ed ero l’unico, mi sentivo solo” ha detto Dioma, che in questo organismo istituzionale è responsabile del gruppo Migrazione e sviluppo. “Dovevo andare verso le comunità e allora oggi ringrazio le diaspore: si sono messe a disposizione, da Crotone a Bolzano, da Palermo a Udine, c’erano persone che facevano cose piccole e sognavano di fare cose grandi”. La premessa è stata l’entrata a regime della legge 125 del 2014, quella che ha riformato il sistema della cooperazione italiana. Un altro riferimento è la nascita, nel dicembre scorso, del Coordinamento italiano delle diaspore per la cooperazione allo sviluppo (Cidci). “Questo vuol dire che non sono più solo” ha detto Dioma. “Il Coordinamento è nato dalla volontà delle reti territoriali, anche se non è facile mettere insieme sensibilità diverse, con radici magari in Marocco, Perù, Pakistan o Cina”. Infine, un invito, nella consapevolezza della diversità delle voci e delle associazioni. “Sono tante realtà” ha detto Dioma: “Come dice mia madre, che vive in Burkina Faso, hanno deciso di mettere acqua nel vino, per creare sinergie”.
Rivedere l’idea di sviluppo globale arricchendola del contributo di altre culture, senza dimenticare l’America Latina e le sue comunità all’estero, capaci di talenti e proposte preziose anche per l’Italia: è l’appello di Cleidiane Pinheiro de Freitas, del Coordinamento italiano delle diaspore per la cooperazione internazionale (Cidci). La riflessione è condivisa con l’agenzia Dire a margine della quinta edizione del Summit nazionale delle diaspore, in corso all’Auditorium Antonianum. “Il concetto di sviluppo globale va rivisto con il contributo di tutti” sottolinea Pinheiro, che ha origini brasiliane e vive in Puglia, dove fa parte della rete territoriale regionale del Cidci. “E’ un’idea che va costruita cercando di inglobare i contributi di altre culture e modi di pensare”. L’esponente del Cidci continua: “In questo senso credo che oggi nella cooperazione italiana non ci sia un approccio giusto e corretto, in particolare verso i Paesi dell’America Latina“. Pinheiro si sofferma poi sui cambiamenti climatici, che definisce “la sfida delle sfide”. “Anche in quest’ambito”, sottolinea l’attivista, “l’America Latina e le sue comunità all’estero possono essere attori e agenti di sviluppo”.
Inclusione e impatto: parole chiave del Summit nazionale delle diaspore, nella visione di Marco Riccardo Rusconi, direttore dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics). Una riflessione, la sua, affidata al messaggio video che ha aperto i dibattiti e le proposte di esperti, attivisti, coordinamenti e associazioni a Roma, all’Auditorium Antonianum, in occasione della quinta edizione dell’iniziativa. Si parte dal titolo della giornata, ‘Verso una cooperazione inclusiva: il ruolo delle diaspore per una cooperazione d’impatto’. Rusconi spiega: “Inclusione vuol dire partecipazione attiva e rappresentativa di tutti gli attori in tutte le fasi di un’iniziativa, dalla ideazione alla progettazione fino al disegno e all’esecuzione; impatto significa che non guardiamo solo alle realizzazioni concrete e materiali ma ai risultati che queste attività portano nel tempo, nel medio e nel lungo periodo, che devono essere concreti e misurabili”. La premessa è che le diaspore sono “attori fondamentali”, sottolinea il direttore, “nella costruzione della società globale, sostenibile e inclusiva”. Rusconi si rivolge ai partecipanti al Summit: “Voi siete un ponte tra le diverse comunità e società e grazie a voi si può rafforzare quello scambio di idee, di progetti e di conoscenze che porta a una qualità migliore della cooperazione allo sviluppo”. Lo testimoniano allo stesso modo la normativa italiana e le promesse di impegno internazionali. “Il vostro ruolo è riconosciuto sia dall’Agenda 2030, che dà un’importanza fondamentale al ruolo delle comunità migranti, sia dalla stessa legge che ha fondato Aics e ha riformato la cooperazione allo sviluppo italiana”.
Rusconi guarda anche all’efficacia dei contributi dell’Agenzia. “Le diaspore hanno una conoscenza approfondita delle comunità dove sono stanziate e delle comunità di origine” sottolinea il direttore: “Ci possono aiutare a identificare meglio i bisogni veri e profondi, per poter progettare iniziative che siano di qualità e che cambino davvero la vita a molte donne e a molti uomini”.
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