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Saman Abbas uccisa per il ‘no’ al matrimonio combinato, l’ex fidanzato: “Voglio creare una fondazione in sua memoria”

L'ex fidanzato di Saman Abbas ha chiesto di costituirsi parte civile nel processo per omcidio contro i familiari della ragazza che l'hanno uccisa in provincia di Reggio Emilia

Pubblicato:10-02-2023 19:14
Ultimo aggiornamento:10-02-2023 19:14

saman fratello non indagato
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REGGIO EMILIA – Saqib Ayub, il fidanzato di Saman Abbas con cui lei voleva vivere, non era presente stamattina in tribunale a Reggio Emilia, alla prima udienza del processo contro tre dei cinque familiari della giovane pakistana di Novellara accusati di averla uccisa il 30 aprile 2021, occultandone poi il corpo sotto terra. Il motivo lo spiega alla ‘Dire’ il legale del 24enne, che ha deciso di costituirsi parte civile, Claudio Falleti. “Comprensibilmente- dice l’avvocato- c’è da un lato la difficoltà e la paura di incontrare personalmente gli imputati che sono stati tradotti in aula, anche solo di stargli fisicamente vicino, dall’altra parte anche per limitare la pressione processuale e mediatica nei suoi confronti”.

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“UNA FONDAZIONE INTITOLATA A SAMAN PERCHÈ NON ACCADA MAI PIÙ”

Saqib aveva anche denunciato minacce di ritorsioni contro la sua famiglia in Pakistan, da parte degli Abbas. Ma “in quest’ultimo anno non si sono verificati altri episodi spiacevoli anche se il trauma subito resta e non si cancella facilmente”, commenta ancora Falleti, che con Saqib confessa di avere un forte legame. “È nato un rapporto fantastico, non solo tra avvocato difensore e persona offesa ma anche a livello familiare perché Saqib posso considerarlo un componente della mia famiglia”, confessa il legale. Che infine conferma l’intenzione del ragazzo di creare una Fondazione intitolata a Saman, per evitare la sua storia si ripeta.


“Anche quando non ero ancora il suo avvocato lui ha sempre detto pubblicamente che un giorno avrebbe voluto creare una fondazione a sostegno delle vittime. La nostra partecipazione a questo processo e la sua costituzione come parte civile è sia un atto in onore di Saman per perseguire la giustizia, ma anche un monito affinchè queste barbarie non si ripetano più in Italia”.

“NON HO MAI VOLUTO SOLDI, MA SOLO GIUSTIZIA”

Saqib, spiega il difensore, “aveva inizialmente deciso di non costituirsi parte civile perché quando gli ho spiegato che in Italia questo è finalizzato ad ottenere un risarcimento lui mi ha sempre detto che i soldi non gli interessavano e voleva solo giustizia. Poi ha maturato la volontà di partecipare e qualora si arrivasse ad un risarcimento del danno, il patrimonio di Saqib sarebbe utilizzato per tutelare le vittime di violenza”, conclude Falleti.

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L’AVVOCATO DEL FRATELLO: “CON CORAGGIO HA SQUARCIATO OMERTÀ”

Nel processo sull’omicidio di Saman Abbas giocherà un ruolo centrale il fratello più piccolo (allora minorenne che tra poco compirà 18 anni) della giovane scomparsa da Novellara il primo maggio di due anni fa, i cui resti sono stati ritrovati sepolti sotto un casolare. Il ragazzo è infatti uno dei testimoni chiave dell’accusa, condotta per la Procura di Reggio dal pm Laura Galli, che sentito in incidente probatorio il 18 giugno 2021, ha accusato i familiari del delitto. Indicando in particolare lo zio Danish Hasnain, che ora si professa innocente, come l’esecutore materiale dell’uccisione di Saman. Per Valeria Miari, avvocato reggiano che assiste il fratello minore della ragazza, “questo ragazzo, parlando, ha squarciato il velo dell’omertà e merita rispetto. Non so quanti 16enni avrebbero avuto il coraggio di fare questo passo, che è un passo contro, e il cui prezzo è stato, è e sarà immane”.

Questo processo, continua Miari, “sarà certamente per lui molto doloroso perché lo porterà a rivivere con maggiore intensità drammi e traumi che ha patito, ma io credo che sarà anche un momento importante positivo perché rimanda alla possibilità di fare giustizia nell’unica sede del tribunale che è deputata a farlo”. Il fratello “aspetta una risposta e la vuole dall’Italia delle Istituzioni e l’Italia gliela darà questa risposta con la sentenza, all’esito di un giusto processo, che rispetterà le regole e sicuramente i diritti di tutte le persone coinvolte”, conclude Miari. Una volta diventato maggiorenne, in quanto parente più prossimo, il fratello di Saman dovrebbe anche disporre le esequie della ragazza.

IN AULA PRIMO BRACCIO DI FERRO SU RICHIESTE DI PARTI CIVILI: LE DIFESE NE BOCCIANO 20 SU 23

Primo braccio di ferro, nel processo per l’omicidio di Saman Abbas iniziato oggi a Reggio Emilia, sulle richieste di costituzione di parte civile. Si tratta di 23 istanze avanzate da enti e associazioni tra 5 posizioni che sembravano cristalizzate nell’udienza preliminare-come quelle di Comune di Novellara, Unione delle comunità islamiche italiane (Ucoii), Unione dei Comuni della Bassa Reggiana e associazione Penelope e 18 nuove richieste inoltrate stamattina. Tuttavia per gli avvocati difensori dello zio e dei due cugini di Saman- imputati per l’omicidio e la soppressione del cadavere della giovane iniseme al padre della 18enne Shabbar Abbas (arrestato in Pakistan e in attesa di estradizione) e alla madre Nazia Shaeen (latitante)- quasi nessuno di coloro che ha chiesto di costituirsi parte civile avrebbe i requisiti per farlo.

Viene infatti richiamata la giurisprudenza che prevede in questi casi criteri alquanto stringenti, tra cui il legame con il territorio in cui i reati sono stati commessi, obiettivi statutari attinenti agli stessi e attività continuative in difesa degli interessi che si ritengono lesi. Ad uscire indenni da questa “tagliola” sarebbero in definitiva per le difese solo tre soggetti: l’associazione “Trama di terre” che si occupa del tema dei matrimoni forzati e gestisce il centro antiviolenza di Imola, l’associazione reggiana “Non da Sola” che nella “Casa delle donne” in città dà rifugio alle vittime di soprusi tra le mura domestiche e Saqib Ayub, il ragazzo con cui Saman voleva vivere rifiutando le nozze imposte dalla famiglia.

“Sub judice” sarebbero poi le posizioni dello Zonta international club che si vorrebbe costituire con le sue articolazioni locale di Reggio e nazionale, ma per le difese potrebbe farlo solo con la prima e del Comune di Novellara e dell’Unione dei Comuni della Bassa reggiana. Se venissero entrambe ammesse ci sarebbe il rischio di una duplicazione della richiesta del danno. Tutti e due gli enti locali lamentano infatti che è stata lesa l’attività di integrazione fatta dai servizi sociali sugli stranieri di seconda generazione. Ma poichè i servizi sociali sono stati in toto trasferiti all’Unione dei Comuni, solo questa avrebbe titolo per chiedere un risarcimento.

Particolarmente “eclatanti” sono invece le richieste delle difese di escludere l’associazione Penelope e tutte le “voci” del mondo islamico: l’Ucoii, la Confederazione delle comunità islamiche italiane e la Moschea di Roma. La presidente della Corte d’Assise di Reggio Cristina Beretti ha dunque una prima matassa, che si è riservata di sbrogliare il prossimo 17 febbraio. Allora si discuterà anche della posizione separata di Shabbar Abbas (a cui è stato notificato il decreto di rinvio a giudizio delle Autorità italiane) e chi non sarà stato ammesso come parte civile potrà eventualmente chiederlo di nuovo per quel filone processuale.

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