
ROMA – Oro estratto illegalmente in un territorio nativo riconosciuto dallo Stato brasiliano sarebbe stato acquistato da un’azienda italiana specializzata nell’attività di recupero e affinazione dei metalli preziosi, la Chimet, acronimo di Chimica metallurgica Toscana: è quanto emergerebbe da un’indagine della polizia brasiliana denominata “Operação Terra Desolata” di cui ha riferito oggi l’ong brasiliana Reporter Brasil.
L’azienda è stata contattata dall’agenzia Dire e ha negato qualsiasi coinvolgimento nella vicenda, oltre ad affermare di non essere a conoscenza di un’indagine della polizia brasiliana che la riguarderebbe. Concetti, questi, rilanciati anche nelle risposte che Chimet ha inviato a Reporter Brasil dopo essere stata sollecitata sull’inchiesta. Stando a quanto riferisce l’organizzazione brasiliana, nata nel 2001 a San Paolo, la Chimet avrebbe acquistato oro da una società commerciale di esportazione brasiliana che vedrebbe fra i suoi soci due imprenditori italiani residenti nel Paese sudamericano, Mauro Dogi, pure ex dipendente dell’azienda toscana nel suo stabilimento di Arezzo tra il 1990 e il 1995, e il figlio Giacomo. Tra il 2015 e il 2020 questa azienda avrebbe ricevuto da Chimet 317 milioni di euro, l’equivalente di circa 2,1 miliardi dei reais locali, per l’acquisto di una tonnellata di metallo.
Chm, stando sempre a quanto ricostruito dagli inquirenti e riferito da Reporter Brasil, avrebbe comprato l’oro dalla Cooperativa de Garimpeiros e Mineradores de Ourilândia e Região (Cooperouri), una società che secondo la polizia brasiliana estrae oro nella cosiddetta ‘Terra indigena’ dei Kayapó, situato nello Stato centro-settentrionale del Parà. In questo senso i Dogi verrebbero definiti dalla polizia brasiliana come i “principali beneficiari dell’oro illegale proveniente dalle terre indigene della regione”.
Secondo le forze dell’ordine di Brasilia, ha riferito Reporter Brasil, tra il 2019 e il 2020 Cooperouri avrebbe ricevuto 25 depositi da parte di Chm per un valore complessivo di 11,7 milioni di reais, poco meno di due milioni di euro. La cooperativa avrebbe acquistato metalli anche da cercatori d’oro e imprenditori clandestini, come testimoniato dai 246 milioni di reais, circa 41 milioni di euro trasferiti a persone che rispondono a questo profilo tra il 2015 e il 2020. Reporter Brasil ha evidenziato che il prodotto acquistato da Chimet è sempre stato fornito del certificato brasiliano che ne attestano la legalità. Questo escluderebbe la possibilità che la giustizia italiana possa aprire indagini a partire da queste rivelazioni, per quanto la Guardia di finanza, pure ascoltata dalla ong sudamericana, avrebbe affermato che le attività descritte nelle indagini “potrebbero dar luogo a inchieste da parte delle autorità italiane”. Chm, sollecitata dalla ong, ha affermato che ogni collaborazione con Chimet è sospesa dall’ottobre dell’anno scorso, quando la polizia brasiliana ha avviato “Operação Terra Desolata”. Secondo Reporter Brasil, Chm ha riferito che “non ci sono prove o addirittura indicazioni che il metallo da lei acquistato provenga da terre indigene” e ha segnalato inoltre di aver “acquisito i beni da cooperative nelle condizioni di estrarre nelle rispettive aree”.
Sollecitata dalla ong rispetto a delle transazioni da 1,8 milioni di reais, poco più di 300mila euro, a beneficio Sidney Soares e Hailton Monteiro de Almeida, entrambi indagati per attività mineraria illegale nel sud del Parà, Chm ha risposto che “tutte le transazioni relative all’acquisto di oro effettuate con privati sono del tutto lecite e legittime” e che le due persone in questione “sono o sono stati soci delle cooperative dalle quali la società ha acquisito il metallo” che “su richiesta e previa autorizzazione delle stesse cooperative, sono stati effettuati depositi direttamente sui conti correnti bancari dei soci”. Chimet, che ha sede ad Arezzo ed è controllata dalla famiglia Squarcialupi come la società sorella Unoaerre, da cui è nata negli anni ’70, ha affermato dal canto suo che “le forniture” oggetto dell’indagine “sono sempre accompagnate dalla documentazione attestante una provenienza lecita del metallo, come dimostrato anche dalle fatture e dalle autorizzazioni ad esportare del fornitore, nonché dai documenti doganali, sia brasiliani che italiani”.
L’azienda sottolinea di aver “sempre effettuato un controllo preciso circa l’esistenza delle autorizzazioni del fornitore e della provenienza del metallo“. Chimet “ha ricevuto certificati di buone pratiche da diversi enti del settore, come il Responsible Jewellery Council, l’organizzazione leader mondiale nella definizione degli standard per l’industria della gioielleria e dell’orologeria”.
I Kayapò, che si autodefiniscono “Mebêngôkre”, letteralmente “il popolo dell’acqua”, sono presenti in poco più di 8mila unità negli Stati di Parà e Mato Grosso. Il principale leader del popolo nativo è Raoni Metuktire, ambientalista candidato al premio Nobel per la pace nel 2020. Il dirigente nativo ha anche incontrato Papa Francesco nel 2019 in Vaticano.
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