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I fiumi e i laghi vicino alla città? Si ritirano prima

Uno studio dell'Università di Bologna ha un modello che potrebbe aiutare a gestire gli effetti dell'urbanizzazione sull'ecosistema

Pubblicato:10-02-2022 14:20
Ultimo aggiornamento:10-02-2022 14:20

fiume agricoltura
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BOLOGNA – I fiumi e i laghi vicini alle città si ritirano più rapidamente. È la conclusione cui è arrivato un gruppo di studiosi dell’Università di Bologna, che ha analizzato la distribuzione del declino delle acque, rispetto alla distanza dai grandi centri abitati, ideando un nuovo modello che potrebbe rivelarsi utile per mitigare gli impatti dell’urbanizzazione sull’ecosistema. Lo studio in questione è stato pubblicato sulla rivista Agu Advances.

STUDIATI 30 ANNI DI FOTO SATELLITARI DEGLI USA

Analizzando oltre trent’anni (1984-2018) di immagini satellitari del territorio degli Stati Uniti, è stato scoperto che la riduzione delle risorse idriche superficiali, ad esempio le acque dei fiumi e laghi, è più rapida e marcata vicino ai centri urbani e diminuisce man mano che ci si allontana dalle città. “Entro il 2050 il 70% della popolazione mondiale sarà concentrato nelle città: un fenomeno che avrà grossi impatti sulla quantità e qualità delle acque di superficie, e in particolare dei fiumi, attorno ai centri abitati”, spiega Irene Palazzoli, dottoranda al dipartimento di Ingegneria Civile, Chimica, Ambientale e dei Materiali dell’Università di Bologna, prima autrice dello studio, portato avanti insieme ai colleghi Alberto Montanari e Serena Ceola.

DATI FONDAMENTI PER PROGETTARE LA GESTIONE DELLE ACQUE

“Per questo- continua Palazzoli– i risultati del nostro lavoro possono rivelarsi fondamentali per definire strategie di gestione delle acque che permettano di mitigare gli impatti dell’urbanizzazione sull’ecosistema. L’impatto dell’urbanizzazione sull’ambiente è un tema oggi ben noto, ma le conseguenze dello sviluppo urbano sulle risorse idriche e in particolare il rapporto tra aree urbane e perdita delle acque di superficie sono argomenti molto meno sviluppati. I dati che abbiamo elaborato- puntualizza la dottoranda- ci hanno permesso di sviluppare un modello matematico di decadimento esponenziale grazie al quale è possibile valutare l’influenza delle aree urbane, sulla distribuzione spaziale della perdita delle acque di superficie”.


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