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Sudan, Adam Nor: “Tragedia Darfur, tornano i ‘diavoli a cavallo'”

Portavoce rifugiati: paramilitari all'attacco, 60mila sfollati

Pubblicato:10-01-2020 13:48
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 16:50

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ROMA – “Nel Darfur occidentale e’ in atto una tragedia umanitaria: almeno 200 persone hanno perso la vita e in 60mila hanno dovuto abbandonare le proprie case negli attacchi dei paramilitari. Donne, bambini, anziani e feriti sono ospitati nelle scuole o in altri edifici messi a disposizione dallo stato, ma hanno bisogno di cure mediche, cibo e assistenza. Gli aiuti disposti da istituzioni e residenti non bastano e il numero dei morti e’ destinato ad aumentare”. Questa la situazione che Adam Nor, portavoce dei rifugiati sudanesi in Italia, descrive all’agenzia Dire.

La citta’ di Al-Junaynah – anche nota come El-Geneina – nel sud-ovest del Sudan il 29 dicembre e’ stata attaccata dalle Forze di supporto rapido (Rsf), una milizia affiliata all’esercito, spesso accusata di violazioni contro i civili di etnia non araba.
Secondo Nor, originario di Al-Junaynah e da 20 anni in Italia, i paramilitari hanno cominciato attaccando il mercato del campo profughi di Al-Junaynah. Quindi, dice il portavoce, “i ‘janjaweed’ (“diavoli a cavallo”, il soprannome usato dalla popolazione per indicare questi combattenti, ndr) hanno dato fuoco alle abitazioni e sparato contro gli abitanti. Anche mia madre e la mia famiglia hanno dovuto darsi alla fuga. Per fortuna stanno bene, profughi in una citta’ vicina. Gli attacchi sono continuati fino ai primi di gennaio raggiungendo anche altre localita’ vicine”.

Le Nazioni Unite e fonti di stampa concordanti riferiscono di 40mila sfollati, di cui quasi 4mila scappati in Ciad, oltre il confine che dista pochi chilometri da Al-Junaynah. Ma per Nor, i profughi sono gia’ 60mila mentre le vittime, per ora oltre 200, sono destinate ad aumentare per assenza di cure.
All’origine dell’attacco, denuncia Nor, “la volonta’ dei Janjaweed di toglierci la terra, cosi’ come hanno cercato di fare nel 2002. Il campo profughi e’ stato fondato nel 2003, all’indomani dello scoppio del conflitto del Darfur”. Una crisi su cui la Corte penale internazionale indaga per “sospetto genocidio” e su cui attende, dal 2009, di processare Omar Al-Bashir, l’allora presidente ritenuto il mandante degli eccidi contro le popolazioni locali.


Quello stesso Bashir deposto ad aprile scorso dall’esercito, dopo imponenti manifestazioni popolari. Dopo anni di giunta militare, ora il Sudan e’ retto da un Consiglio sovrano composto per meta’ anche da civili. Secondo Nor, pero’, il nuovo governo “non ha la forza di proteggere gli abitanti del Darfur dalle violenze dei militari e delle Rsf, tra cui ci sono ancora tutti gli altri quadri del regime precedente”.
Il portavoce aggiunge: “Noi crediamo nella rivoluzione popolare, ma non ci fidiamo del nuovo esecutivo”.

Infine un appello: “Chiediamo l’intervento dei caschi blu dell’Onu a protezione delle popolazioni. Chiediamo anche alla comunita’ internazionale di inviare aiuti, anche attraverso le organizzazioni umanitarie”.

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