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ROMA – “I ragazzi sono tristi, soprattutto alla domanda: prof, lei l’anno prossimo ci sarà? E la risposta è sempre la stessa: ragazzi non lo so”, e resta un vuoto che fa male. E’ l’altra faccia del precariato, quella pedagogica, che lascia i giovani senza riferimenti. L’insegnante è “un riferimento etico, un mentore perchè rimane un esempio negli anni”, sottolinea una docente di lettere intervistata dalla Dire, lo dicono i ricordi di tutti. C’è quel prof che ha lasciato un segno, che ha seguito la vita dei suoi studenti, fino a conoscerne segreti e vita familiare, quello che ha letto una poesia particolare in un giorno di lutto, o ha saputo riconoscere una tristezza più insidiosa in uno studente, coglierne eccellenze e fragilità. Ma se salti di cattedra in cattedra, cambi classe e scuole di mese in mese, tutto questo svanisce. Restano ‘ripassoni’, nuove spiegazioni fatte al meglio possibile secondo i diversi livelli presenti in aula, forse voti e sicuramente didascaliche compilazioni del registro elettronico, ma poco altro. “Manca anche ai ragazzi una stabilità. Il precariato danneggia il benessere degli studenti“, commenta un’altra insegnante precaria, perchè “ogni volta è un ricominciare tutto da capo”.
La denuncia viene dagli idonei dell’ultimo concorso: “Tutti abbiamo percepito un tradimento” e tutti nonostante gli studi, i titoli e il superamento del concorso si ritroverebbero a dovere pagare per poter essere abilitati come introdotto dalla riforma dell’ex ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi. Il concorso non li ha abilitati, gli anni di insegnamento precari nemmeno, le certificazioni post lauream per niente.
“Negli ultimi tre anni ho cambiato tre scuole- racconta una precaria- ho superato con ottimi risultati il concorso straordinario ter, quello Pnrr, del 2024, dopo tre lauree, l’insegnamento, certificazioni linguistiche e informatiche sono costretta a pagare per avere un’abilitazione all’insegnamento”.
“Non vogliamo ripetere concorsi che abbiamo già superato, chiediamo una graduatoria a scorrimento, trasparenza e meritocrazia. La graduatoria- denuncia l’insegnante- è una guerra tra poveri, e il punteggio è un sistema legato a un algoritmo a cui siamo sottoposti che salta candidati e non abbiamo ancora ben capito come funzioni”.
La denuncia degli idonei esclusi del concorso Pnrr non si ferma: “Abbiamo sostenuto le prove di un concorso pubblico- si legge in un loro comunicato stampa- superandole a tutti gli effetti per poi trovarci nella situazione di chi un concorso non l’ha mai fatto. Come è possibile che una commissione d’esame ci abbia ritenuti idonei all’insegnamento e che ora ci ritroviamo costretti a rifare le stesse identiche prove in un secondo concorso, ugualmente strutturato sia nella forma che nei contenuti? Cosa dobbiamo dimostrare ancora? Qual è la logica di tutto ciò? Rispetto ai concorsi precedenti, in effetti, questo è l’unico che non riconosce a chi lo supera alcun merito. Un’ingiustizia che riguarda sia la mancata pubblicazione di una graduatoria trasparente con l’indicazione della propria posizione (ad oggi sconosciuta a tutti gli idonei) sia la mancata volontà di premiare chi ha superato le prove con una graduatoria a scorrimento fino al suo esaurimento, che possa così stabilizzare migliaia di precari. Tale valorizzazione degli idonei consentirebbe inoltre il raggiungimento del target assunzionale previsto dagli accordi del Pnrr”.
Intanto il Mim è al lavoro, per il concorso Pnrr2: a breve il bando dovrebbe essere pubblicato con la definizione dei tempi per la presentazione della domanda e le tabelle con i posti, anche alla luce delle ultime graduatorie del concorso Pnrr che saranno pubblicate. I posti autorizzati sarebbero 19.032.
Il precariato è una “ferita aperta”: una vita professionale e personale che non decolla mai con quel meccanismo dell’incarico “aleatorio, fino avente diritto”.
E poi “il tradimento”: quello di chi non si aspettava, per giunta dopo studi umanistici in Italia, di dovere diventare “un fantasma”, di doversi arrangiare tra altri lavori per “garantire stabilità alla propria famiglia” in un puzzle di supplenze che iniziano e terminano a singhiozzi.
“Questo non è quello che mi aspettavo quando sognavo di diventare insegnante”. E ancora: “Mi sento tradita dallo Stato che non guarda la meritocrazia e nessuna dignità al merito“.
Il precariato attenta alla progettualità, alla stabilità e continuità didattica e alla costruzione di rapporti stabili con gli studenti, al loro stesso futuro. Lo dicono loro: i precari che salgono in cattedra e poi scompaiono per essere spediti altrove. “Mi auguro che gli aspiranti docenti continuino a lottare” dice l’insegnante intervistata, per loro stessi e per quegli studenti che lasceranno ‘pizzini’ così a giugno: “Ci manchi prof, torni il prossimo anno?”.
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