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Bimba investita nel parcheggio dell’asilo, i genitori denunciano una teste per falsa testimonianza

La piccola Lavinia Montebove, investita da un'auto nel parcheggio dell'asilo nel 2018, è in stato vegetativo. La donna denunciata è una testimone a favore della maestra Rocca accusata di abbandono minore

Pubblicato:09-12-2022 14:55
Ultimo aggiornamento:09-12-2022 15:33
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lavinia investita all'asilo
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ROMA – I genitori della piccola Lavinia Montebove, investita nel parcheggio dell’asilo a 16 mesi nel 2018 e da allora in stato vegetativo, hanno denunciato per falsa testimonianza una dei testi della difesa, nota commerciante di Velletri, nel procedimento in corso che vede rinviate a giudizio la maestra Francesca Rocca, accusata di abbandono di minore, e l’investitrice Chiara Colonnelli, che deve rispondere del reato di lesioni colpose gravissime.

La notizia arriva a pochi giorni dalla prossima udienza, che si celebrerà lunedì 12 dicembre. La teste, ricordano i genitori della piccola, Massimo Montebove e Lara Liotta, avrebbe detto di essersi recata all’asilo proprio nell’orario in cui la maestra e l’investitrice, senza aspettare l’ambulanza, decidevano di portare Lavinia in ospedale: avrebbe incrociato la macchina delle due donne che le avrebbero chiesto di restare con gli altri bambini rimasti soli nel nido, tra i quali lo stesso figlio della teste. La testimone avrebbe poi accertato che i bambini erano in compagnia solo di una minore e avrebbe incredibilmente deciso di tornare al lavoro lasciando nella struttura, priva di adulti, anche suo figlio.

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“L’attenta rilettura delle trascrizioni del processo- ha detto l’avvocato Cristina Spagnolo, legale della famiglia Montebove– ha evidenziato come almeno una delle testi introdotte dalla difesa della maestra Rocca abbia reso una dichiarazione non solo contraddittoria rispetto alle altre prove orali assunte nel giudizio, ma anche totalmente divergente da quella resa dalla stessa teste in fase di indagini. La spiegazione fornita rispetto a questo cambio di rotta, a nostro avviso, non è verosimile e pertanto abbiamo deciso di procedere sin da ora a denunciare questa persona per il reato di falsa testimonianza”.

“Chiaramente- aggiunge Spagnolo- se la Procura, come riteniamo plausibile, riterrà fondata la denuncia della famiglia di Lavinia, le responsabilità della testimone verranno accertate in un processo, ma va anche detto che questa persona, se lo riterrà, potrà anche ritrattare nell’ambito del processo in corso finché non verrà chiusa l’istruttoria, usufruendo della causa di non punibilità prevista dal nostro codice penale. L’unico interesse della famiglia Montebove è, infatti, che dal processo emerga la verità: questo è l’unico mezzo attraverso il quale Lavinia potrà ottenere giustizia”.

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“Non ci vogliono delle abilità particolari– ha detto Lara Liotta- per recarsi in un’aula di tribunale e raccontare un mucchio di fandonie per difendere un’amica: basta essere in malafede oppure incoscienti del fatto che la falsa testimonianza è un reato grave che lede il corretto funzionamento dell’attività giudiziaria e che, se accertato, oltre a raccontare molto sulle qualità della persona che se ne rende protagonista, si paga pure con pene severe: dai 2 ai 6 anni di reclusione. Qualcuno potrebbe ricordare a questa stessa persona che, in preda a dei sussulti emotivi di coscienza ed onestà, si può anche ritrattare prima della chiusura del dibattimento, evitando la punibilità a patto di fornire la versione corretta dei fatti, ma io ne dubito perché non pare ben consigliata”, ha concluso la mamma.

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