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A Bologna nel 2020 sono 763 le donne che hanno lasciato il lavoro, più della metà lo ha fatto per i figli

Solo sette uomini si sono dimessi per lo stesso motivo. I dati dell'Ispettorato del Lavoro

Pubblicato:09-12-2020 16:48
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 20:43
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BOLOGNA – Gravidanza e lavoro? Nel 2020 sembrano ancora due mondi inconciliabili. La conferma arriva dagli ultimi dati resi noti dall’Ispettorato del lavoro di Bologna: da gennaio a novembre 2020, sono 1.055 le convalide delle dimissioni per lavoratrici in gravidanza e dei lavoratori con figli di età fino a tre anni. Un numero che, secondo le previsioni di Luigina Lillo dell’Ispettatorato bolognese, è destinato a salire, superando le 1.200 unità entro la fine dell’anno. Il numero delle convalide per genere poi fa notare chiaramente quanto “manchi una cultura di genere”, dice Lillo in apertura del suo intervento alla commissione Pari opportunita’ del Comune di Bologna di oggi pomeriggio. Tra le dimissioni convalidate dall’Ispettorato infatti, 763 sono di donne e 292 di uomini.

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Tra tutti, un dato è emblema del divario di genere in ambito lavorativo: 355 le donne (55%), contro soli sette uomini, che dall’inizio del 2020 si sono dimesse per “difficoltà a conciliare il lavoro con la cura del bambino per ragioni legate ai servizi di cura“; seguite dalle 134 che si sono dimesse per lo stesso motivo (contro cinque uomini) ma per ragioni strettamente legate all’azienda in cui lavorano. “La maggior parte dei lavoratori che si dimettono sono impiegati operai, molti lavorano all’Interporto di Bologna- spiega Lillo ai consiglieri- fenomeno aumentato con il boom delle vendite online e dei vestiti. Le lavoratrici devono scegliere se stare con il proprio figlio o se rinunciare al loro stipendio. Molte di queste però, vorrebbero essere sia madri che lavoratrici, ma le condizioni di lavoro le costringono a dimettersi“.


Con 357 donne dimesse, la fascia d’età piu’ colpita’ e’ tra i 34 e i 44 anni; mentre la maggior parte delle lavoratrici dimesse svolge mansioni di operaie e impiegate. Di queste, 655 lavorano nel Terzo settore. “Molte donne inoltre non hanno il coraggio di dire che si dimettono perché hanno uno stipendio basso, e quindi camuffano la motivazione sotto la voce ‘Altro’“, continua Lillo, facendo notare il numero delle 112 donne che si sono licenziate senza specificarne il motivo.

“Questi numeri confermano delle disuguaglianze che già c’erano prima della Covid-19 ma che ora sono aggravate”, dice l’assessore al Lavoro, Marco Lombardo, commentando i dati e specificando che si tratta di “dimissioni volontarie sì, ma solo dal punto di vista giuridico“. Per la consigliera del Pd Simona Lembi, che ha convocato la commissione comunale odierna per approfondire il tema ‘Donne e lavoro’: “sono dati agghiaccianti, sopratutto nella città con l’indice di occupazione femminile più alto d’Italia. Noi (amministratori, ndr) dobbiamo essere molto motivati e compatti nel contrasto di questo tipo di fenomeno”.

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