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Covid, il pediatra: “In Basilicata -70% di bimbi al pronto soccorso, ma casi più gravi”

A fotografare la realtà lucana è Sergio Manieri, presidente della corrispettiva sezione regionale della Società italiana di pediatria e direttore della Pediatria dell'ospedale San Carlo di Potenza

Pubblicato:09-12-2020 15:15
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 20:43

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ROMA – “Nella fase epidemica più acuta della pandemia da Sars-Cov-2 in Basilicata abbiamo registrato una riduzione del 70% degli accessi dei bambini in pronto soccorso (rispetto agli stessi periodi degli anni precedenti) ma abbiamo anche osservato che i pazienti arrivavano in condizioni molto più gravi, con peritoniti, chetoacidosi diabetica o disidratazione per esempio. Questo a causa proprio del ritardo con cui accedevano in ospedale”. A fotografare la realtà lucana è Sergio Manieri, presidente della corrispettiva sezione regionale della Società italiana di pediatria (Sip) e direttore della Pediatria dell’ospedale San Carlo di Potenza, in occasione del congresso straordinario digitale Sip. Una situazione che “pone una riflessione sull’appropriatezza degli accessi pediatrici in pronto soccorso- sottolinea il medico- e spinge a considerare una più efficace collaborazione tra pediatria territoriale e ospedaliera per contenere e ottimizzare il fenomeno anche per il futuro”. Citando il decreto ministeriale 70/2015 (Standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza ospedaliera, ndr), Manieri evidenzia come “la logica del provvedimento passa dalla riorganizzazione della rete ospedaliera attraverso il potenziamento della rete territoriale in una prospettiva di continuità assistenziale. Il territorio– osserva il medico- deve fungere da filtro evitando ricoveri inappropriati, deve prendere in carico i bambini attraverso le dimissioni protette e monitorare a domicilio il rinvio in ospedale per ricadute. La pandemia ha dimostrato invece che ci sono delle falle in questo sistema– evidenzia il pediatra- perchè dal 2015 al periodo pre-pandemia gli accessi in ospedale erano 3-4 volte quelli attuali e quindi questo significa che non erano strettamente necessari o non erano appropriati per un ricovero”, dice Manieri.

E se questa è la fotografia della realtà ospedaliera, negli ambulatori pediatrici del territorio la situazione non è stata molto diversa. A sottolinearlo, nel corso del congresso, è il vicepresidente Sip Basilicata, Eustachio Lapacciana: “Facendo un confronto con marzo 2019, quest’anno nel mio ambulatorio ho registrato una riduzione del 40% delle visite- spiega il pediatra- una riduzione del 46% della spesa farmaceutica a carico delle Asl e del 63% della spesa per gli antibiotici– e ancora- un calo del 26% delle ricette per gli esami e del 58% di quelle per visite specialistiche. Per quanto riguarda bilanci di salute e vaccini, invece, il calo e’ stato solo del 14%”. Il lato positivo è che “abbiamo implementato dell’80% le prenotazioni delle visite online– precisa Lapacciana- abbiamo utilizzato strumenti di messaggistica per comunicare con i pazienti e abbiamo cercato di sviluppare in maniera embrionale la telemedicina”. Secondo il pediatra la pandemia ha portato “a una ridefinizione dei bisogni delle famiglie, una riduzione di richieste di visite urgenti e di consulenze, in generale a una ridefinizione delle priorità. Se non ci fosse stato un forte rapporto fiduciario da parte delle famiglie nei confronti di noi pediatri e una forte accoglienza dei loro bisogni da parte nostra, sarebbe stato molto difficile sopportare questo cambiamento così rapido”, dice Lapacciana. Tra le criticità messe in evidenza dal vicepresidente Sip c’è l’interazione tra i pediatri di famiglia e i servizi territoriali. “Ci siamo trovati a dover segnalare tutti i casi sospetti di Covid, perché in Basilicata non possiamo prescrivere noi gli accertamenti diagnostici- spiega- abbiamo dovuto poi segnalare per la presa in carico da parte delle Unità speciali di continuità assistenziali (Usca) i soggetti positivi e questo ha prodotto una sovrapposizione di competenze, ha indebolito il rapporto fiduciario con le famiglie e ci ha obbligati in alcuni casi, pur di rispondere alle esigenze o alle urgenze dei pazienti, ad attivare procedure estemporanee che spesso non sono state rispettose delle norme”. Una situazione che ha messo in evidenza la necessita’ “di ridurre la burocratizzazione e valorizzare la centralità del ruolo del pediatra del territorio perché- conclude Lapacciana- siamo sempre noi in primo piano nella cura dei nostri pazienti”.


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