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Uganda, a Gulu “contribuire alla speranza ripaga di tutto”

Intervista alla project manager della cooperativa Wawoto Kacel, Giuseppina D'Amico

Pubblicato:09-12-2019 12:38
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 16:43

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ROMA – A Gulu, in un paradiso di verde e luci che affiorano tra le palme, sul terrazzo della Guest House e sopra i portici del piccolo negozio colmo di colori dove i turisti e gli appassionati possono acquistare stoffe, gioielli, agende foderate di banano e animali di pezza, c’è una storia da raccontare: quella di tante donne del popolo ugandese Acholi e di una giovane italiana.

“Fin dalla mia decisione di studiare antropologia all’università ho avuto come desiderio quello di lavorare nel mondo della cooperazione. Il successivo master mi ha dato le necessarie competenze, ma è stata la formazione antropologica a donarmi la chiave di lettura e di ingresso in un mondo che è distante dal mio, ma con cui amo entrare in relazione. E’ il collante tra me e l’altro, è il motore dell’amore che nutro per questo lavoro”. Lo ha raccontato all’Agenzia Dire Giuseppina D’Amico, project manager della Cooperativa Wawoto Kacel che è nata nel 1997 a Gulu, nel Nord Uganda e che si propone di ridare dignità alla popolazione Acholi, dilaniata da vent’anni di guerra.

 


Oggi sono sei i settori in cui si divide l’attività produttiva: la sartoria, la sezione maglieria, quella della tessitura, il settore “Tye and Dye” dove si colorano le stoffe, il laboratorio che produce bigiotteria con perline di carta riciclata e la sezione “card” in cui si realizzano oggetti con foglie di banano. Dalla sua costituzione la Cooperativa ha ricevuto il sostegno costante di due associazioni: l’ong locale Comboni Samaritans of Gulu e Good Samaritan Onlus, che aderiscono alla vision del progetto e la affiancano da sempre con azioni coordinate e condivise, rivolte soprattutto a donne disabili, malate di Aids, vedove e reduci di guerra. “Sono arrivata a Gulu nel gennaio del 2016- ha raccontato Giuseppina. Considerando la mia grande passione per l’Africa, la scelta del Paese all’interno di questo continente è stata più casuale, o forse contingente, dato che oltre all’italiano conosco solo l’inglese e per questo ho sempre cercato possibilità lavorative in paesi africani anglofoni. Il lavoro in Cooperativa ha rappresentato una sfida molto grande, infatti sono arrivata in un contesto già molto strutturato ma da ‘far funzionare’. Il lavoro si è svolto su più fronti: per prima cosa la formazione di un team motivato e competente che potesse gestire il progetto in maniera efficiente. Poi la ridefinizione e il monitoraggio delle procedure e delle policy, la revisione del processo produttivo e azioni di marketing. L’accompagnamento e la progressiva sostituzione nel mio ruolo hanno rappresentato il passo finale”.

Dal 2018 infatti Giuseppina D’Amico ha lasciato il testimone a Immaculate, una giovane donna acholi, nell’ottica della responsabilizzazione e della sostenibilità futura del progetto. Oggi, “svolgo una funzione di supervisione del progetto che è interamente gestito da personale locale”.

In termini di bilancio, in questi anni, ha continuato, “le difficoltà maggiori sono state legate soprattutto alla diversa metodologia di lavoro: più incentrata sulla programmazione e su tempistiche ben definite la mia, più pronta a far fronte alle emergenze e meno vincolata al fattore tempo la loro. La lingua è stata sicuramente una barriera molto forte soprattutto con i membri della cooperativa che parlano quasi esclusivamente la lingua locale. Spesso la resistenza al cambiamento ha rappresentato una grande difficoltà, e poi l’impossibilità di ‘accontentare tutti’ che ha portato a volte malcontenti e conflitti latenti. L’aspetto positivo è che i colleghi di lavoro sono stati estremamente rispettosi e interessati a collaborare”.

Per quanto riguarda la gestione della lontananza e degli affetti, “è stato difficile, ma per fortuna la tecnologia permette di accorciare le distanze e riempire i gap che altrimenti si creerebbero dopo mesi e anni di separazione”. C’è poi l’aspetto legato alla realtà locale: “Spesso non è facile gestire a livello emotivo le storie difficili e per tanti versi assurde che molta gente vive quotidianamente. Fare i conti con la propria impotenza davanti alla fragilità, all’ingiustizia, alla sofferenza, è un esercizio continuo che richiede costanza e che permette di rafforzarsi e restare umani- ha raccontato Giuseppina- D’altra parte, l’aspetto più appassionante è sicuramente quello di avere la certezza di vivere nel proprio sogno. Io amo questo lavoro, amo questo luogo e questa gente. Entrare in un contesto culturale e umano così distante e carpirne ogni giorno un pezzetto, una sfumatura, un orizzonte di senso, è l’aspetto più entusiasmante di questa esperienza. Avere la consapevolezza di aver contribuito a dare un briciolo di speranza nel futuro di qualcuno ripaga di tutto. Credo di aver ricevuto tanto nella mia vita in termini di affetto, cure, attenzioni; dall’altro lato ho fatto anche esperienza di una grossa sofferenza personale. Sento pertanto di dover dare indietro quel pacchetto di amore a persone che vivono sofferenze molto più grandi della mia. E’ una sorta di cura reciproca”.

Attualmente Giuseppina D’Amico ricopre il ruolo di rappresentante di Good Samaritan presso il Comboni Samaritan. Il suo compito è “di supervisionare e coordinare i 5 progetti che Good Samaritan ODV supporta presso l’Ong locale Comboni Samaritans of Gulu. Si tratta di seguire l’implementazione del progetto di adozione a distanza, del microcredito, della cooperativa, della fattoria e del ristorante/guesthouse. Non si tratta solo quello di ‘controllare’ che i fondi vengano utilizzati in maniera corretta ma anche di garantire la qualità dell’intervento e la coerenza rispetto agli obiettivi preposti. Rappresento un ponte tra l’Ong locale e l’associazione italiana che si preoccupa non solo di inviare fondi ma di garantire, anche grazie alla mia presenza, l’empowerment e la sostenibilità dell’intera struttura/governance. Il mio è un lavoro di paziente accompagnamento e mediazione, meno operativo rispetto al lavoro in cooperativa e più concentrato su una prospettiva di lungo periodo”. Nei prossimi due anni, “il mio obiettivo- ha concluso Giuseppina D’Amico- è quello di contribuire a rafforzare una struttura locale che possa dare risposte concrete ai bisogni della parte più vulnerabile della comunità, attraverso il lavoro attento e responsabile di uno staff competente e appassionato”.

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