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PALERMO – Una associazione a delinquere che “condizionava” le attività all’interno del cimitero comunale di Bagheria, nel Palermitano, “controllando” le estumulazioni e le tumulazioni delle salme attraverso una “corruzione sistematica e reiterata”. Questo l’asse portante delle accuse formulate nei confronti di dieci indagati nell’operazione ‘Caronte’ portata a termine dai carabinieri della cittadina alle porte di Palermo. I militari hanno eseguito una ordinanza emessa dal gip di Termini Imerese.
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Queste le accuse: associazione per delinquere, corruzione, violazione di sepolcro, vilipendio di cadavere, occultamento di cadavere, distruzione, soppressione o sottrazione di cadavere, falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico e violazione degli obblighi di sorveglianza speciale. Le indagini, nate nel maggio 2017, sono andate avanti attraverso l’acquisizione di documenti al Comune di Bagheria.
Secondo gli investigatori alla guida della banda ci sarebbe Pietro Mineo, che lavora all’interno del cimitero. I carabinieri parlano di “ripetuti episodi di corruzione commessi da imprenditori di onoranze funebri e da provati cittadini in favore dei dipendenti comunali” appartenenti alla banda.
L’obiettivo sarebbe stato quello di ottenere “una rapida tumulazione” delle salme indipendentemente dalle normali trafile e dai consueti tempi di attesa. “Molteplici delitti contro la pietà dei defunti – spiegano i carabinieri della Compagnia di Bagheria – propedeutici a liberare loculi all’interno del cimitero da destinare a salme ‘segnalate’ dai corruttori”. Tra gli indagati anche due persone “riconducibili” alla famiglia mafiosa di Bagheria, che portavano avanti i loro incontri in una agenzia funebre.
Una volta notificati gli atti, informa l’Amministrazione guidata dal sindaco Patrizio Cinque, l’ufficio Procedimenti disciplinari potrà fare scattare le dovute sanzioni.
Ufficializzati, intanto, i nomi di tutti i destinatari dell’ordinanza emessa dal gip di Termini Imerese: ai domiciliari sono finiti Pietro Mineo, Natale Megna, Santo Gagliano, Giacinto Tutino, Cosimo e Antonino Galioto. Domiciliari anche per Vincenzo Graniti, che però era già detenuto per altra causa. Divieto di dimora, infine, per G.F, G.R. e I.B.
di Salvatore Cataldo
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