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Etiopia, l’ambasciatore Tadesse: “Italia, investi sulla pace”

[video width="720" height="404" mp4="http://www.dire.it/wp-content/uploads/2018/10/20181009_Ambasciatrice_Etiopia_Economia_TOSCA.mp4" poster="http://www.dire.it/wp-content/uploads/2018/10/etiopia.jpg"][/video] ROMA - "La pace con l'Eritrea è una rivoluzione che aspettavamo da tanti anni" sorride Zenebu

Pubblicato:09-10-2018 16:00
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 13:39

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ROMA – “La pace con l’Eritrea è una rivoluzione che aspettavamo da tanti anni” sorride Zenebu Tadesse, ambasciatore d’Etiopia, ospite dell’agenzia ‘Dire’ alla vigilia della missione del presidente del Consiglio Giuseppe Conte nel Corno d’Africa.

Addis Abeba e Asmara, le tappe del viaggio di giovedì e venerdì, programmato dopo l’accordo di riconciliazione siglato l’8 luglio dal primo ministro Abiy Ahmed e dal presidente Isaias Afewerki. Secondo l’ambasciatore, la missione sarà l’occasione per rilanciare i rapporti con l’Italia, “Paese amico” chiamato a sostenere la pace e a cogliere opportunità di investimento che la nuova fase favorisce e moltiplica.

E non ci sarebbe spazio solo per i gruppi industriali di prima grandezza, come Salini Impregilo, impegnato nella costruzione della Grande diga del rinascimento lungo il corso del Nilo azzurro. “L’Etiopia – assicura Tadesse – aspetta anche le vostre piccole imprese”.


– Ambasciatore, cosa ha cambiato l’accordo di luglio?

“La pace tra Eritrea ed Etiopia è stata una rivoluzione, un cambiamento come non se ne vedevano da 20 anni. Durante la guerra combattuta tra il 1998 e il 2000 sono morte tantissime persone ed è stata distrutta tanta parte del Paese. Ora l’intesa ha implicazioni non solo per Eritrea ed Etiopia ma per tutta la regione del Corno d’Africa. Dimostra che alla pace si può arrivare. Anche Gibuti ed Eritrea adesso hanno trovato un accordo, dopo dieci anni”.

– L’Italia può giocare un ruolo?

“Grazie a un rapporto molto concreto, instaurato da tempo, può aiutare sia l’Etiopia che l’Eritrea sul piano economico, sociale e culturale. Può stanziare fondi e favorire il trasferimento di know-how, sostenendo la crescita e l’integrazione di entrambi i Paesi. Può aiutarli consigliando le ditte e gli imprenditori italiani affinchè vadano a investire in Etiopia e in Eritrea. L’Italia d’altra parte ha già fatto molto, anche sul piano della sicurezza, con l’appoggio ad Amisom, la missione dell’Unione Africana in Somalia”.

– Pace vuol dire maggiori opportunità per le imprese italiane?

“In Etiopia si stanno realizzando riforme economiche. C’è una privatizzazione di ditte statali, come la compagnia aerea Ethiopian Airlines, con la cessione di una quota proprietaria del 50 per cento. Le riforme coinvolgono anche le comunicazioni telefoniche, che prima erano tutte gestite dallo Stato, e la linea elettrica, che pure sta diventando privata. Sono benvenute anche le Pmi italiane, che in molti casi stanno già collaborando con aziende etiopiche attraverso joint venture. L’economia è aperta anche per piccoli investitori. E lo Stato etiopico è pronto ad aiutarli, non facendo pagare tasse per un primo periodo, dai due ai cinque anni”.

– L’esperienza dei parchi industriali, con le aziende cinesi in primo piano, può interessare anche l’Italia?

“Certamente, attraverso la formula delle joint venture. E sapendo che chi investe in Etiopia può contare su infrastrutture che funzionano, strade, telecomunicazioni, elettricità. Da noi c’è disponibilità di manodopera e ci sono più di 500mila studenti laureati ogni anno, che possono acquisire facilmente il know-how e rendere gli investimenti ancora più vantaggiosi. Tra l’Etiopia e Gibuti ci sono strade e una linea ferroviaria. Ora è stato anche aperto il collegamento con il porto eritreo di Assab, destinato a favorire le esportazioni da tutto il Corno d’Africa”.

– Ad Addis Abeba la Cina ha “donato” il grattacielo che ospita la sede dell’Unione Africana: solo un simbolo o Pechino parte da una posizione di vantaggio?

“In Etiopia investono anche gli Stati Uniti e la Turchia. Certo, da noi i cinesi portano fondi garantiti dallo Stato cinese e quindi hanno la priorità. Anche gli investitori italiani possono però essere sostenuti dallo Stato italiano e conquistarsi una posizione in prima fila”.

– Che frase vorrebbe ascoltare da Conte ad Addis Abeba?

“Vorrei che esprimesse la propria felicità per il fatto che Etiopia ed Eritrea hanno fatto la pace che aspettavano da tanti anni. L’Italia per noi è un Paese fratello: spero che il primo ministro sostenga la nostra amicizia”.

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