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Da Marilyn a Cleopatra: storie di 5 suicidi ‘celebri’

In occasione della Giornata mondiale di prevenzione del suicidio ripercorriamo la vita di cinque donne celebri che hanno deciso di togliersi la vita

Pubblicato:09-09-2020 10:04
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 19:51

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ROMA – Famose, irrequiete, spesso tormentate da demoni che hanno decretato la loro grandezza e, in seguito, la loro fine: suicidi con barbiturici, per asfissia, per annegamento. Su un letto d’albergo, nell’acqua di un fiume, nella cucina di casa: dai sassi nelle tasche del cappotto di Virginia Woolf, alla testa nel forno di Sylvia Plath. In occasione della Giornata mondiale di prevenzione del suicidio, che ricorre domani, ripercorriamo la vita di cinque donne celebri che hanno deciso di togliersi la vita. 

MARILYN MONROE: LA DIVA TRISTE

Marilyn Monroe muore il 5 agosto 1962, a soli 36 anni, nella camera da letto della sua casa di Brentwood, a Los Angeles, per un’overdose di barbiturici. Una morte considerata misteriosa da molti, fino al diffondersi dell’ipotesi che sulla fine precoce della diva ci sia la mano della famiglia Kennedy. Marilyn era stata, infatti, amante del presidente degli Stati Uniti John Fitzgerald Kennedy e, si vociferava, anche di suo fratello Robert. La bellezza aprira’ a Marilyn Monroe le porte di Hollywood e le dara’ la fama. Ma proprio la bellezza sara’ la sua nemica. Marilyn la combattera’ per tutta la vita, cercando di riscattare il personaggio della bionda bella e ‘stupida’ e di farsi apprezzare per le sue doti di attrice. ‘Odio essere un oggetto‘ diceva. Per questo studiera’ anche all’Actors’ Studio di New York con Lee Strasberg. L’impegno professionale, le letture, i tre matrimoni e l’amore dei mariti e dei molti amanti, la fama e l’apprezzamento del pubblico non basteranno, pero’, a colmare il vuoto interiore di Norma Jeane Mortenson Baker, la bambina che aveva trascorso l’infanzia tra famiglie affidatarie e orfanotrofi, mentre la madre era in un istituto psichiatrico. Del suo funerale si occupera’ l’ex marito Joe Di Maggio, col quale erano rimasti amici e che, fino a quando morira’, fara’ deporre rose bianche sulla tomba di Marilyn .

LILIANA CASTAGNOLA: LA FEMME FATALE MORTA PER AMORE

Perche’ non sei voluto venire a salutarmi per l’ultima volta? Scortese, omaccio! Mi hai fatto felice o infelice? Non so. In questo momento mi trema la mano. Ah, se mi fossi vicino. Mi salveresti, vero?‘. Queste le ultime parole che Liliana Castagnola lascia al suo amante, il principe Antonio De Curtis in arte Toto’, per il quale si toglie la vita con una massiccia dose di barbiturici nel 1930. La cantante e attrice del varieta’, al secolo Eugenia Castagnola, ha la fama di donna bellissima e fatale, affascinante e pericolosa: per lei le cronache riportano suicidi di amanti che prima hanno tentato di ucciderla, duelli, famiglie distrutte e patrimoni dissipati. Liliana e Toto’ si conoscono alla fine del 1929 e in pochi incontri l’amicizia si trasforma in una relazione amorosa. Ma, spaventato dall’intensita’ del sentimento di lei e dalla sua possessivita’, ben presto l’attore cerca di allontanarsi. Inizia cosi’ un periodo travagliato durante il quale Liliana riacciuffa Antonio dopo ogni litigio e si offre di lavorare con lui, con costanza e devozione (sperando cosi’ di poter anche risollevare le sorti della sua carriera ormai in declino). Al termine dell’ennesimo litigio, chiudendo una telefonata i due si salutano come tante altre volte. Quello che Toto’ non puo’ immaginare e’ che la mattina successiva ricevera’ una telefonata dalla Pensione degli Artisti, dove Liliana alloggia, e qui la trova morta nel suo letto, elegantemente vestita e truccata. Sullo scrittoio due biglietti e l’inventario minuzioso di tutti i suoi averi (abiti, scarpe, gioielli) da lasciare a sua sorella Gina, affinche’ i proprietari della pensione non ne approfittino. Sconvolto dal dolore e dai sensi di colpa, Toto’ la fara’ tumulare nella cappella della famiglia De Curtis e dara’ il suo nome all’unica figlia che avra’ dalla moglie Diana Rogliani. 


VIRGINIA WOOLF: LA ‘CERCATRICE IRREQUIETA’

 È il 28 marzo 1941 quando Virginia Woolf esce di casa senza salutare nessuno, si reca sulla riva del fiume Ouse, riempie le tasche del cappotto di sassi ed entra in acqua morendo annegata. Verra’ ritrovata solo venti giorni dopo, il 18 aprile. Lo scoppio della Seconda Guerra mondiale e i drammatici eventi che seguiranno oscureranno per lungo tempo la tragica morte della scrittrice inglese, sulla cui lapide sono incise le parole che chiudono il suo romanzo piu’ celebre: ‘Le onde si infrangevano sulla spiaggia’. Adeline Virginia Stephen era nata a Londra nel 1882. La sua classica infanzia vittoriana, in una famiglia numerosa con fratelli e ‘fratellastri’, arricchita dalla passione per la letteratura che le trasmette il padre, viene segnata nel 1895 dalla morte prematura della madre: un evento che provoca la prima crisi psicotica di Virginia e sfocia nel primo tentativo di suicidio della sua vita. Dopo la morte del padre e della ‘sorellastra’, Virginia e i fratelli si trasferiscono a Bloomsbury, in quello che diventera’ il luogo simbolo di una generazione di giovani artisti e intellettuali inglesi che segneranno la storia della cultura e della letteratura del Novecento. ‘Cercatrice irrequieta’, come lei stessa ama definirsi, Virginia osserva e interpreta il mondo con acuta lucidita’ e oltre a romanzi celebri, come ‘Gita al faro’ e ‘Le onde’, scrive anche un famoso saggio dedicato alla condizione femminile ‘Una stanza tutta per se”. Nel 1912 sposa Leonard Woolf. La famiglia, la scrittura e i cenacoli letterari non riusciranno pero’ a tenerla lontana dalla fragilita’ psichica e dalle crisi maniaco-depressive che, insieme alle molestie subite dai ‘fratellastri’, la tormentano sin dall’infanzia. Alla fine del 1940 la malattia si ripresenta, Virginia ricomincia a sentire le voci e l’ultimo dottore che la prende in cura le prescrive riposo assoluto, soprattutto di stare lontana dalla letteratura. Prima di uscire di casa e lasciarsi morire nel fiume, scrive tre lettere: una per la sorella Vanessa e le ultime due per il marito Leonard, nelle quali lo ringrazia per la felicita’ che hanno condiviso.

SYLVIA PLATH: ‘MORIRE È UN’ARTE’

‘Morire e’ un’arte, come ogni altra cosa. Io lo faccio in modo eccezionale. Io lo faccio che sembra come un inferno. Io lo faccio che sembra reale. Ammetterete che ho la vocazione’. Lady Lazarus, la poesia da cui sono tratti questi versi, viene pubblicata nel 1965, due anni dopo la morte per suicidio di Sylvia Plath, la poetessa premio Pulitzer che l’11 febbraio 1963 scrive il suo ultimo componimento ‘L’orlo’: ‘La donna ora e’ perfetta. Il suo corpo morto ha il sorriso della compiutezza, l’illusione di una necessita’ greca fluisce nei volumi della sua toga, i suoi piedi nudi sembrano dire: siamo arrivati fin qui, e’ finita‘. Terminata la scrittura, Sylvia prepara la colazione per i figli, si chiude in cucina, sigilla ogni fessura, accende il forno e infilandoci la testa attende che arrivi la morte. Porta cosi’ a termine un gesto tentato varie altre volte in passato. Il tormento e i disturbi mentali caratterizzano tutta l’esistenza di Sylvia Plath, nata a Boston nel 1932, che vive una costante dicotomia: incarnare l’immagine della perfetta donna americana degli anni ’50, brillante negli studi, devota alla famiglia, perfetta in tutto cio’ che fa, e il desiderio di distaccarsi da tutto questo e dare libero sfogo alla propria creativita’ letteraria e al suo spirito anti conformista. Anche la relazione con l’amato marito sara’ fonte di sentimenti profondi e contrastanti: un grandissimo amore e una feroce competizione. Il loro rapporto si deteriora col passare del tempo e nel 1962, dopo aver scoperto un tradimento, Sylvia caccia di casa il marito. Si apre una breve, ma intensa stagione di scrittura dalla quale nascono le raccolte di poesie ‘Ariel’ e ‘Daddy e Medusa’. Quest’ultima dedicata ai genitori. Con la stessa violenza con cui si e’ accesso, il fuoco dentro la poetessa si spegne e lei non riesce piu’ a trovare una ragione per andare avanti.

CLEOPATRA: LA REGINA POLIGLOTTA

Ultima sovrana d’Egitto, con la propria morte Cleopatra segna la fine del regno greco dei Tolomei e cede il passo al lungo dominio di Roma. A soli 39 anni, nel 30 a.C., Cleopatra muore per il morso di un rettile, non un’aspide come raccontano le cronache (serpente non presente in Nord Africa) ma piu’ probabilmente un echide carenato, una vipera originaria del Medio Oriente. Sempre le cronache riportano che la regina si sarebbe suicidata per amore di Antonio. Sembra invece piu’ probabile che lo abbia fatto per non finire in catene davanti ai romani, quando ormai la guerra contro Ottaviano, in seguito alla disastrosa battaglia di Anzio, e’ irrimediabilmente persa. Poliglotta, pare conoscesse otto lingue, inclusi il copto, il greco e l’egizio (idioma, quest’ultimo, che aveva voluto studiare alla perfezione, in controtendenza rispetto alla sua famiglia, per ingraziarsi la componente egiziana del suo popolo), Cleopatra sale al potere a soli 18 anni, facendo assassinare il fratello Tolomeo XIII per non dover condividere con lui il Regno. Prima di Antonio ebbe una relazione con Giulio Cesare, che per un periodo segui’ a Roma e dal quale ebbe il suo unico figlio, Cesarione. Abile nella politica quanto nell’arte della seduzione, la chiave del suo lungo Regno sta nell’aver nuovamente ristabilito il culto terreno e divino del faraone, presentandosi al suo popolo come l’incarnazione della dea Iside.

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