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Il suicidio è la seconda causa di morte tra i giovani: “Attenti ai giochi perversi”

Immacolata D'Errico, psichiatra e psicoterapeuta: "Durante il lockdown i suicidi non sono aumentati, forse per un senso di protezione nato in famiglia"

Pubblicato:09-09-2020 08:30
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 19:51

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https://www.youtube.com/watch?v=-GUJifry3W4&feature=youtu.be

ROMA – In Europa i suicidi sono la seconda causa di morte tra gli adolescenti, ma anche nell’ambito della prima causa, gli incidenti stradali, esiste un tipo di morte chiamata parasuicidaria.

“I parasuicidi sono quelle morti frutto di giochi perversi durante i quali si attraversano le strade con i semafori spenti o le strade a scorrimento veloce, alla ricerca dell’accettazione da parte di un gruppo o di scariche di adrenalina che riempiano un vuoto esistenziale. In questi gesti non c’è intenzione suicidaria, ma ci sono la consapevolezza del rischio della morte e il gusto di sfidare proprio quel rischio“. Lo spiega alla Dire Immacolata D’Errico, psichiatra e psicoterapeuta, che interverrà all’evento ‘Napule è… Pediatria preventiva e sociale’, che si terrà dal 18 al 20 settembre in live streaming sulla piattaforma digitale Health Polis, iDea Congress, organizzato dalla SIPPS (Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale). La relazione della psichiatra, sul tema ‘Non c’è dolore. Non c’è gioia. C’è solo un enorme vuoto…’, è prevista alla fine della tre giorni e punterà a mettere in luce l’anima preventiva e sociale della SIPPS, con un occhio sempre attento alla Giornata mondiale sulla prevenzione dei suicidi, che ricorrerà domani 10 settembre.


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L’emergenza dei suicidi tra i giovani riguarda anche la fascia al di sotto dei 15 anni: “Sono a rischio anche i ragazzi tra i 12 e i 15 anni, che vivono il periodo di passaggio dall’infanzia all’adolescenza- sottolinea D’Errico- Si tratta di un periodo molto controverso. Credo che i suicidi in adolescenza debbano essere visti e letti in funzione di questo momento critico di acquisizione dell’identità, estremamente travagliato. I ragazzini vivono una fase di transizione dall’intelligenza concreta a quella astratta, di costruzione della mera rappresentazione, ma- spiega la psicoterapeuta- ancora queste competenze sono in definizione. Ad esempio i dodicenni non hanno tutti gli strumenti per interpretare alcuni eventi che gli capitano, né l’assetto neuronale che gli permetta di elaborare dei temi complessi. Per questo noi assistiamo a tentativi di suicidio, che sono più frequenti in tale fase rispetto a tutte le altre età della vita. In adolescenza- aggiunge- si vive questo paradosso: doversi occupare di temi serissimi, legati all’acquisizione dell’identità, con un assetto neuronale e cerebrale ancora immaturo”.

Al difficile passaggio di maturazione si aggiungono alcuni aspetti legati alla società nella quale i ragazzi vivono. “Questa- prosegue D’Errico- è la generazione figlia di internet, che si muove nel non luogo della rete, dove esiste un flusso indistinto di coscienze e di persone che si conoscono in un luogo virtuale senza mai incontrarsi di persona. I nostri adolescenti vivono quindi relazioni particolari, alla base delle quali c’è la solitudine, lo stare soli anche davanti a un computer“.

A questo proposito, la psicoterapeuta ricorda un dettaglio del suicidio di Antonella, la tredicenne che si lanciò dal tredicesimo piano di un palazzo di Bari il 28 novembre del 2017: “Nelle ore precedenti il gesto, Antonella era in contatto via chat con una sua amica la quale, però, non ritenne necessario avvisare i professori del perché la compagna quel giorno non fosse a scuola e dove si trovasse in quel momento”.

Cosa possono fare i genitori per intercettare eventuali segnali di disagio nei propri figli? “Non possiamo parlare di campanelli d’allarme, né di elementi predisponenti- chiarisce D’Errico- ma ci sono una vulnerabilità e una dimensione depressiva associate a una dimensione impulsiva, a una bassa resilienza e alla difficoltà ad elaborare il dolore. Uno dei problemi dei nostri adolescenti- aggiunge la psichiatra- è l’incapacità di affrontare il primo grande dolore perché si cerca di risparmiare loro ogni difficoltà, ogni sofferenza. E così, davanti a questi primi eventi gli adolescenti sono soli, anche perché i loro coetanei hanno gli stessi inadeguati strumenti per affrontare quella situazione e non sono presenti fisicamente, ma spesso solo in forma virtuale. È in questo momento che scatta la cosiddetta ‘ideazione prevalente’ del gesto suicidario. Se si intercetta questo momento, qualcosa si può fare per fermare il processo”. La psicoterapeuta tiene poi a ricordare che “le perturbazioni emotive sono tipiche dell’adolescenza, ma vanno distinte rispetto ai fenomeni depressivi. È molto importante parlare, non nascondere niente ai ragazzi e trattare anche un fenomeno come il suicidio tra i loro coetanei. Bisognerebbe parlarne non solo in famiglia, anche nelle scuole”.

Un dato interessante, sottolinea infine D’Errico, è che “durante il lockdown non abbiamo visto aumentare i suicidi tra gli adolescenti, come se la convivenza prolungata con i genitori e la necessità di fare attività insieme abbia agito da elemento protettivo. Sono aumentate invece- conclude la studiosa- le manifestazioni nevrotiche: gli attacchi di panico e l’insonnia”. Qui è possibile scaricare il programma completo dell’evento SIPPS.

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