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ROMA – “Le sfide dell’integrazione europea sono molte e annose, a partire dal fatto che si lavora come fossimo ancora ai tempi della comunità economica del 1957, mentre invece, dai Trattati di Maastricht in poi, anche gli obiettivi dell’integrazione sono aumentati. Tutto il processo però è bloccato dal voto all’unanimità”. L’analisi è di Giuliana Laschi, ordinaria di Storia dell’integrazione europea all’Università di Bologna. L’esperta è una dei docenti del ‘Programma di formazione del Parlamento europeo per giovani giornalisti’, una serie di corsi rivolti a cronisti, content creator e operatori dell’informazione in programma in diversi Paesi Ue. La prossima edizione si terrà nella redazione dell’agenzia Dire a Roma, in corso d’Italia 38/a, da giovedì 26 a sabato 28 settembre.
Laschi passa in esame uno dei nodi del meccanismo istituzionale europeo: “È ancora agli Stati che spetta l’ultima parola sulle decisioni”. Questo perché, secondo l’esperta, “non vogliono una federazione né intendono delegare tutta la loro sovranità all’Ue”. Tuttavia, il suggerimento di Laschi, “dovrebbero almeno cederne una parte per quanto riguarda certe politiche, altrimenti non riusciremo mai a portarle avanti” e non sarà possibile “riformare l’Unione come è necessario”. Le sfide, continua Laschi, “riguardano anche l’economia e la moneta comune”, ma anche “la difesa europea, che diventa cruciale in alcuni momenti. Nel processo di integrazione abbiamo garantito la pace all’interno, ma è follia darla per scontata: solo mettere insieme Francia e Germania, che avevano secoli di grandi competizione alle spalle, è stato un successo straordinario, ma alle nostre porte si sono succedute tante guerre”, di cui l’ultima in Ucraina.
Altro ambito su cui, secondo Laschi, bisogna “lavorare molto” è quello “dell’allargamento: molti Paesi stanno aspettando da troppo tempo”. La storica cita la Turchia, i Balcani occidentali e i nuovi stati candidati, l’ultimo dei quali l’Ucraina. “L’adesione è una scelta politica, dopo l’invasione della Russia, ma una volta annesso sarà il Paese più grande”, con tutte le conseguenze che ciò impone”, sottolinea Laschi: “Non possiamo pensare di avere una Unione a 35 con regole e istituzioni decise nel ’57”. La docente ricorda che un tentativo di riforma “è stato fatto coi Trattati di Maastricht”, tra il 1992 e il 1993, ma all’approfondimento del progetto politico non sono seguite “istituzioni adeguate”. C’è stato poi “il tentativo molto interessante del Trattato costituzionale”, il cosiddetto processo di Lisbona del 2004, “perché quello poneva un obiettivo politico, dei principi e dei valori. Era il momento giusto: prima del grande allargamento e dopo i tantissimi anni della guerra fredda, quando l’Europa si è ricongiunta. Ma non lo abbiamo colto, perché non abbiamo voluto lasciare spazio ai Paesi rimasti divisi da noi per 60 anni”. Il fatto di “non aver costruito progetto insieme” secondo Laschi “si vede, perché quotidianamente c’è qualcosa che si sgancia tra le due Europe”.
I corsi del ‘Programma di formazione del Parlamento europeo per giovani giornalisti’ sono organizzati in Italia dalla Dire insieme con il service di produzione audiovisiva Total EU con sede a Bruxelles. Gli interessati a partecipare alla prossima edizione, dal 26 al 28 settembre a Roma, possono presentare domanda di partecipazione insieme con cv e motivazioni attraverso un form online in calce alla pagina web dedicata. Per richieste di informazioni potrà essere utilizzato anche l’indirizzo email formazionegiornalistiue@agenziadire.com.
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