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ROMA – “Lo staff di Actionaid e i beneficiari dei nostri programmi in Bangladesh stanno bene, ma gli scontri degli ultimi giorni hanno diffuso molta paura tra la popolazione, in particolare tra le famiglie vicine al partito della ex prima ministra: case e negozi sono state vandalizzati e dati alle fiamme. Nel mirino anche le persone di religione induista: il papà di un bambino che sosteniamo è stato aggredito, ma ora sta bene”. Con l’agenzia Dire parla Farah Kabir, direttrice paese per ActionAid Bangladesh.
La denuncia che la responsabile rilancia trova conferma nella stampa locale: saccheggi, roghi e violenze si sono registrate un po’ in tutto il paese. La comunità induista – che rappresenta il 7% della popolazione, in un paese a larga maggioranza musulmana – ha subito assalti, anche fisici, in 27 distretti. Al di là dell’affiliazione politica, questa minoranza sperimenta spesso attacchi sistematici.
L’intervista con Kabir avviene anche mentre il paese ha assistito al rientro in patria di Muhammad Yunus. L’economista premio Nobel per la Pace è stato accolto ieri all’aeroporto di Dhaka da esponenti delle forze armate e del movimento degli universitari, che lo hanno proposto come premier ad interim. Un’idea che è stata accolta: il presidente Mohammed Shahabuddin lo ha incaricato di formare il nuovo governo, dopo che settimane di proteste guidate dagli studenti hanno portato alle dimissioni della prima ministra Sheikh Hasina. Nei cortei hanno perso la vita oltre 400 persone, e migliaia sono rimaste ferite o sono state arrestate. Si apre ora un’altra fase per il paese che conta 170 milioni di abitanti, al 134° posto su 204 nella classifica mondiale sull’indice di sviluppo umano.
La scintilla dei cortei: il sistema di quote con cui parte dei posti nel settore pubblico vengono assicurati a familiari di combattenti nella guerra di indipendenza. Kabir ricorda: “Il 41% dei giovani tra i 15 e i 29 anni non studia, non lavora e quindi non produce reddito. Actionaid da tempo cerca di affrontare il problema, a partire dalla creazione di impiego attraverso corsi di formazione orientati alle richieste del mercato”.
L’ong, attiva nel paese dal 1982, realizza questi interventi “in collaborazione con varie istituzioni governative”, sviluppando “corsi di formazione che forniscono le competenze più richieste dal mercato del lavoro. Poi, portiamo avanti iniziative di advocacy rivolte ai decisori politici”. Infine, “formiamo i giovani leader di domani, affinché sappiano guidare sviluppo e innovazione nelle loro comunità”.
La mancanza di formazione e lavoro non è l’unico problema che affligge la società bengalese: ci sono povertà, frequenti disastri naturali, tra cui inondazioni e cicloni, e violenza di genere. Quanto al primo ambito, “forniamo alle famiglie gli strumenti per avviare piccole attività imprenditoriali o coltivazioni sostenibili”. Rispetto alle calamità naturali, “prepariamo le persone affinché sappiano come mettersi in salvo; al contempo formiamo le comunità a rispondere alle emergenze, superare le devastazioni e prepararsi ai disastri futuri”. Infine, ci sono le donne: secondo l’Unicef, il 51% delle ragazze sotto i 18 anni va incontro a matrimoni precoci. Continua Kabir: “Lavoriamo con donne e comunità sui temi dell’uguaglianza, della lotta agli abusi e della pianificazione familiare”. Questi interventi, conclude la referente di Actionaid, “sono cruciali se si vuole migliorare la qualità della vita in questo Paese”.
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