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Roma. Buttato in strada dai Casamonica, Regione e Ater gli riconsegnano la casa

Il suo appartamento a Roma gli è stato restituito oggi, dopo oltre 10 anni.

Pubblicato:09-08-2018 15:30
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 13:27

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ROMA – Il suo appartamento a Roma gli è stato restituito oggi, dopo oltre 10 anni. La storia di Ernesto Sanità è costellata di paura, minacce, ingiustizie e un cognome: Casamonica.

Se provi a rientrare, prima ti butto dalla finestra e poi ti sparo”, gli aveva detto Peppe Casamonica, uno dei capi della famiglia sinti, falcidiata dalla recente indagine ‘Gramigna’ che il 17 luglio scorso ha portato i Carabinieri a eseguire 37 ordinanze di custodia cautelare su richiesta della Direzione distrettuale Antimafia, nei confronti degli appartenenti al clan, a molti dei quali è stato contestato per la prima volta l’articolo 416 bis del Codice penale, ovvero l’associazione di stampo mafioso. Un’indagine che ha permesso di far luce su molti dei metodi utilizzati dalla famiglia sinti per spadroneggiare in diverse zone della città di Roma. Anni di soprusi e angherie, subiti da un numero imprecisato di persone.

Tra queste anche Ernesto Sanità, a cui nel 2007 Casamonica tolse la casa e la dignità. I due non si conoscevano. Casamonica però conosceva il figlio adottivo di Sanità, un ragazzo che era morto in una rissa, in circostanze da chiarire. Il giorno del funerale del giovane, Casamonica aveva bussato alle spalle dell’uomo per metterlo a conoscenza del debito del defunto: 300mila euro. Cifra frutto, con ogni probabilità, di un prestito a usura.


Qualche tempo più avanti, tornando a casa dopo un breve soggiorno fuori, Sanità aveva trovato la serratura cambiata nell’appartamento a Pietralata, in via dell’Acqua Marcia 12: una casa popolare dell’Ater, che Sanità aveva ricevuto in eredità dalla moglie. Inutili le rimostranze, in cambio l’uomo aveva ottenuto solo minacce come: “Al paese mio quelli come te li sgozziamo“. E così, la decisione di Sanità di mollare la presa ed è stato l’inizio della vita in strada, costretto a dormire sui cartoni.

Dopo l’operazione ‘Gramigna’, sono stati accertati i requisiti di riassegnazione e di reintegro all’assegnatario, buttato fuori con violenza dieci anni prima. Ad avvenuto dissequestro, oggi, il direttore dell’Azienda territoriale per l’Edilizia residenziale, Andrea Napoletano, e l’assessore alle Politiche abitative della Regione Lazio, Massimiliano Valeriani, hanno restituito l’immobile alla presenza del tenente colonnello Stefano Cotugno, comandante del Gruppo Carabinieri di Frascati.

“Siamo sul percorso giusto”, ha dichiarato Pasquale Basilicata, commissario straordinario dell’Ater, che ha aggiunto: “Bisogna però accelerare nel recupero della legalità per segnare una discontinuità decisiva con il passato che ha visto troppe zone grigie. La criminalità organizzata è una minaccia che va allontanata con inflessibile rigore dai meccanismi di gestione delle case popolari. Siamo molto fieri- ha concluso- di aver segnato un passaggio piccolo ma emblematico per restituire la casa a che ne ha diritto”.

“Giustizia è fatta”, ha tenuto a dire Napoletano. “Oggi è un bel giorno per il signor Sanità, che torna a casa sua, e per tutta la città di Roma. Ringrazio l’Arma dei Carabinieri, la magistratura, il presidente e l’assessore della Regione Lazio da cui ho ricevuto un mandato molto chiaro, ma niente trionfalismi, c’è tanto lavoro da fare, non è che un piccolo tassello di un percorso complesso”.

A ribadire il primato della legalità è stato anche il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti: “Oggi rimarchiamo questo principio, per noi, irrinunciabile e inderogabile. La riconsegna dell’appartamento dell’Ater a un cittadino, vittima di abusi e coercizione da parte di un clan malavitoso, è la vittoria della legalità sulla criminalità. Un segnale importante che istituzioni, forze dell’ordine e Magistratura, che ringrazio, lanciano a tutta la nostra comunità. Dobbiamo avere coraggio e lottare insieme contro i sodalizi criminali radicati purtroppo sul nostro territorio, perché legalità significa anche e soprattutto libertà, lavoro e solidarietà sociale. E una società unita nella lotta alle mafie è sicuramente una società più forte”.

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