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Siria, distrutto l’ospedale di Millis. Medici senza frontiere: “Vergognoso”

Quattro membri dello staff dell'ospedale e altre 9 persone, tra cui 5 bambini e 2 donne, sono rimasti uccisi

Pubblicato:09-08-2016 14:47
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 08:58

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Foto @Medici Senza Frontiere

Foto @Medici Senza Frontiere

BOLOGNA – Quattro membri dello staff dell’ospedale e  altre 9 persone, tra cui 5 bambini e 2 donne, sono rimasti uccisi. Altri 6 membri dello staff sono feriti. E’ questo l’esito dei bombardamenti aerei che sabato 6 agosto hanno colpito l’ospedale di Millis, nel Governato di Idilib, una struttura supportata da Medici Senza Frontiere. Due attacchi hanno colpito direttamente l’ospedale, altri due le vicinanze dell’edificio. L’ospedale serviva una popolazione di 70 mila persone: ora e’ chiuso.

LO SDEGNO DI ‘MEDICI SENZA FRONTIERE’

“Il bombardamento diretto di un altro ospedale in Siria e’ vergognoso – ha detto la dottoressa Silvia Dallatomasina, coordinatore medico delle operazioni di MSF in Siria nord-occidentale -. Dobbiamo ammirare il coraggio e la dedizione dei medici siriani che continuano a lavorare nel mezzo di un conflitto in cui gli ospedali vengono colpiti regolarmente e sentiamo con forza il dovere di supportarli nel loro lavoro quotidiano per salvare vite umane”.

I DANNI

L’attacco dello scorso sabato ha distrutto la maggior parte dell’edificio, comprese la sala operatoria, l’unita’ di terapia intensiva, il reparto di pediatria e circa l’80 per cento dei dispositivi medici, le ambulanze e il generatore.


L’ospedale era noto come centro di riferimento specializzato in pediatria, e forniva cure mediche essenziali alle decine di migliaia di persone che vivono a Millis e nelle aree circostanti, dove si e’ raccolto un gran numero di sfollati in fuga dalla prima linea dei combattimenti che stanno devastando il nord della Siria. Forniva cure d’urgenza e consultazioni a circa 250 pazienti al giorno, tra cui molte donne e minori. Msf supportava questo ospedale dall’inizio del 2014, prima con forniture e consulenze tecniche, poi anche attraverso contributi economici ai membri dello staff per consentire loro di continuare a lavorare.

“Ogni volta che un ospedale viene distrutto, in modo mirato o in attacchi indiscriminati contro le aree civili – continua Dallatomasina -, molti altri siriani vengono privati di una cruciale ancora di salvezza per ricevere cure mediche e sopravvivere. Alcuni ospedali forniscono cure di prima linea ai feriti di guerra, altri forniscono cure di prima linea a donne con gravidanze difficili. Tutti sono fondamentali per salvare vite umane”.

LA SITUAZIONE IN SIRIA

Questo attacco avviene in un momento di rinnovata intensita’ di violenze di massa nel Governatorato di Idlib. Nei primi sei mesi del 2016, i due principali ospedali supportati da Msf hanno ricevuto 7 afflussi di massa, per un totale di 294 feriti e 33 morti. Nel solo mese di luglio, le stesse strutture hanno gestito 9 afflussi di massa per un totale di 466 feriti e 37 morti.

“Ribadiamo il nostro appello urgente a tutti coloro che possono influenzare la condotta della guerra in Siria, tra cui i 4 membri su 5 del Consiglio permanente di Sicurezza delle Nazioni Unite che partecipano al conflitto, perche’ si adoperino con urgenza per fermare gli attacchi contro gli ospedali durante i combattimenti – conclude -. Come organizzazione medico-umanitaria continueremo a fare tutto il possibile per aumentare la capacita’ di offrire cure mediche in Siria, ma gli attacchi contro gli ospedali devono cessare immediatamente”.

Nel frattempo, nell’area di Aleppo Est, dove nelle tre settimane di assedio circa 250 mila persone, compresi i feriti di guerra e i malati gravi, hanno vissuto senza vie d’uscita, ne’ accesso a cibo e forniture mediche, gli ospedali di Al-Daqaq e Al-Bayan, pur danneggiati dagli attacchi del 23 luglio, hanno fatto di tutto per continuare a prestare cure mediche. In totale, Medici senza frontiere gestisce sei strutture mediche nel nord della Siria e fornisce supporto a circa 150 altre strutture nelle aree che l’organizzazione non puo’ raggiungere direttamente.

Fonte: Redattore sociale

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