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Processo Open Arms, in aula parla Camps: “La situazione era disperata, scrissi a Merkel”

A Palermo nuova udienza. Salvini imputato di sequestro di persona per aver tenuto 'bloccata' la nave ong per 19 giorni nell'estate 2019

Pubblicato:09-06-2023 16:10
Ultimo aggiornamento:09-06-2023 20:10

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PALERMO – “Vi chiediamo di fare tutto ciò che è in vostro potere per assicurarci che ci venga assegnato un porto in cui sbarcare oggi“. Questo un passaggio della lettera che il fondatore di Open Arms, Oscar Camps, il 16 agosto 2019 inviò all’allora cancelliera tedesca Angela Merkel per informarla della situazione della nave ong alla quale venne impedito lo sbarco di 163 migranti per 19 giorni e per cui ora si sta celebrando il processo in cui l’allora ministro dell’Interno, Matteo Salvini, è imputato di sequestro di persona e rifiuto d’atti d’ufficio. La lettera è stata acquisita agli atti del processo, come disposto dal presidente della seconda Sezione penale, Roberto Murgia. Il processo si svolge nell’aula bunker del carcere Ucciardone di Palermo.

Oscar Camps

IL TESTO DELLA LETTERA: “LE PERSONE SONO ALLO STREMO”

Nella lettera, che segue una precedente missiva di Camps a Merkel del 7 agosto, il fondatore di Open Arms parlò di “situazione di estrema gravità” a bordo della nave: “Abbiamo esaurito tutti i mezzi legali e amministrativi per avere un porto sicuro dove sbarcare”, si legge nella lettera. E ancora: “In questi giorni siamo stati costretti ad effettuare sei evacuazioni mediche e nonostante abbiamo informato le autorità sanitarie la situazione – scrisse Camps – è progressivamente peggiorata. Stiamo assistendo al deterioramento delle condizioni fisiche e mentali delle persone a bordo e a causa della situazione estrema che stiamo affrontando, siamo costretti a richiedere uno scalo a Lampedusa”.
Nella missiva a Merkel si parla anche di “catastrofe umanitaria” e di una situazione a bordo “insopportabile”.

CAMPS IN AULA: “A BORDO MANCAVA TUTTO E C’ERA TROPPA TENSIONE”

Nell’aula bunker dell’Ucciardone oggi è stato il giorno di Camps, che ha ricordato la situazione a bordo della nave che nell’agosto del 2019 fu al centro di un lungo braccio di ferro con il no allo sbarco di 163 migranti per 19 giorni. “Le condizioni a bordo della Open Arms non erano adeguate – ha detto . Erano passati troppi giorni e molte persone avevano malattie infettive, la maggior parte con la scabbia. La mancanza d’acqua, poi, non aiutava la situazione e l’equipe medica non ce la faceva più. A bordo c’era troppa tensione e mancava tutto”.


“LA SPAGNA PROPOSE IL PORTO DI ALGECIRAS MA DISTAVA 5 GIORNI”

“Il 18 agosto di quel 2019 il governo spagnolo ci propose una destinazione: lo seppimo attraverso i mezzi di comunicazione, ma non formalmente. Il porto era quello di Algeciras, il più lontano nel Mediterraneo“, ha raccontato Camps. “Con le condizioni che registravamo a bordo e la stanchezza dei migranti e dell’equipaggio era impossibile raggiungere quel porto – ha ricostruito -. Davanti a questa proposta contattai il governo spagnolo, parlando con l’allora ministro dei Trasporti, proponendo di affittare un aereo per portare le persone in Spagna”. Rispondendo a una domanda specifica, Camps ha spiegato che per raggiungere il porto spagnolo “sarebbero serviti cinque giorni” di navigazione e “non era necessario fare soffrire ancora quelle persone e l’equipaggio”.

“A MARZO 2018 LA GUARDIA COSTIERA HA SMESSO DI COORDINARE NOSTRE OPERAZIONI”

“Fino al marzo del 2018 la nostra azione è stata sempre coordinata con la guardia costiera italiana e fino a quella data nel Mediterraneo centrale avevamo salvato tra venticinquemila e trentamila persone. Dopo quella data la guardia costiera ha smesso di coordinare le operazioni con le navi umanitarie e non abbiamo ricevuto più informazioni né alcun coordinamento: credo che questo dovuto a un cambio dei vertici della guardia costiera e della politica”, ha detto ancora Oscar Camps nel corso dell’udienza di oggi.

PARLA IL MEDICO DI BORDO: “LE CONDIZIONI SULLA NAVE ERANO DISPERATE”

Poi la testimonianza di Inas Urrosolo Martinez De Lagos, medico a bordo della missione di Open Arms nell’agosto del 2019. “Le condizioni igieniche erano disperate. Gli spazi erano ridotti, molti non riuscivano neppure ad andare in bagno – ha affermato -. C’erano anche crisi di panico. Il nostro lavoro era cercare di trattenerli e di calmarli”. Parlando ancora della situazione a bordo, il medico ha spiegato: “Tutte le donne erano state abusate e delle violenze sessuali erano rimasti vittime anche alcuni bambini. Altri migranti, prima del viaggio, erano stati feriti con colpi di pistola. Io ero l’unico a fare i report per ogni persona e non ce la facevo più”.

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