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Giovani, dal panel Conngi l’appello al voto per i nuovi italiani

"Non riconoscere i diritti alle seconde generazioni crea asimmetrie di potere e diseguaglianze, che non fanno che alimentare il razzismo", denuncia il Coordinamento nazionale nuove generazioni italiane

Pubblicato:09-06-2020 18:30
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 18:28

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ROMA – “Negare il riconoscimento dei diritti alle seconde generazioni e alle persone con background migratorio sancisce asimmetrie di potere e diseguaglianze, che non fanno che alimentare il razzismo“, ossia quello stesso fenomeno “contro cui in questi giorni abbiamo visto manifestazioni in tante piazze italiane dopo l’uccisione negli Stati Uniti di George Floyd. Ma è giunta l’ora che anche l’Italia affronti i suoi nodi, a partire dai partiti politici, che al momento ignorano questo mondo e invece si dovrebbero interessare”. Lo ha dichiarato Camilla Bencini dell’ong Cospe, intervenendo al panel online ‘Il diritto di voto alle elezioni locali’, evento che ha inaugurato la quarta edizione di ‘Protagonisti! Le nuove generazioni italiane si raccontano’, organizzato dal Coordinamento nazionale nuove generazioni italiane (Conngi).

QUELL’8% DELLA POPOLAZIONE CHE PRODUCE IL 9% DEL PIL E NON VOTA

Il seminario è stato occasione per discutere con esperti del settore la mancanza di un diritto che coinvolge5.255.000 stranieri, pari all’8 per cento dell’intera popolazione, come riferiscono dati Istat di gennaio 2019″: lo ha sottolineato Yohan Saparamadu, di Conngi, aggiungendo che queste persone lo scorso anno “hanno prodotto 139 miliardi di euro, ossia il 9 per cento della ricchezza nazionale, stando a un rapporto della fondazione Leone Moressa. Eppure non possano votare”.

“NO TAXATION WITHOUT REPRESENTATION”

Francesca Biondi Dal Monte, docente di Diritto costituzionale alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa ha ricordato che in Italia a tutti “viene chiesto di osservare i doveri fiscali. Ma come dice un antico detto anglosassone, ‘no taxation without representation’, non si può tassare un cittadino che non è rappresentato“.


Guardando alla Costituzione, continua la docente Biondi Dal Monte, “se la sovranità appartiene al popolo, bisogna estendere il voto a livello locale, nonché la possibilità di candidarsi, un diritto che andrebbe riconosciuto a prescindere dalla cittadinanza. Alcuni Stati ad esempio lo accordano dopo 3 o 5 anni di residenza permanente”.

I tempi lunghi per ottenere la cittadinanza per l’esperta “sono comunque un problema, ma si potrebbe promuovere anche grazie a rappresentanti politici con background migratorio”.

LE COMUNITÀ STRANIERE NON SONO “SPECIE PROTETTE”

L’avvocato Alì Listì Maman è tornato sul paragone tra l’Italia e gli altri Paesi europei, rispetto ai quali “siamo indietro. Tanti hanno già inserito in costituzione e nel proprio ordinamento la possibilità per i soggetti extra-comunitari regolarmente residenti di partecipare alla vita pubblica”.

Per Maman “il fatto che un cittadino partecipi alla vita economica ma poi resti escluso da quella pubblica, senza che possa scegliere i propri rappresentanti, è a dir poco anacronistico”. L’avvocato ha lanciato infine una critica alle Consulte: “Non abbiamo bisogno di tutelare le comunità straniere trattandole come ‘specie protette’. Le persone devono poter partecipare alla vita politica e al processo decisionale passando per la porta principale”.

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