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VIDEO | Violenza donne, a Napoli panchina rossa per ricordare Arianna Flagiello

La donna era morta lanciandosi dal balcone dopo i continui maltrattamenti subiti dal suo ex compagno, condannato in primo grado a 22 anni di reclusione per istigazione al suicidio

Pubblicato:09-06-2020 15:42
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 18:27

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NAPOLI – “Questa panchina è dedicata a mia sorella e a tutte le donne che subiscono violenza che non hanno la forza di ribellarsi. Spero che tante persone passino, si siedano e capiscano l’importanza di ribellarsi perché da queste storie non ci si salva: non se ne esce vive, o se ci si riesce se ne esce distrutte”. Così Valentina Flagiello, sorella di Arianna che nell’agosto di 5 anni fa morì lanciandosi dal balcone della sua abitazione a Napoli a seguito dei continui maltrattamenti psicologici e fisici subiti dal suo ex compagno condannato in primo grado a 22 anni di reclusione per istigazione al suicidio.
La sentenza di condanna a carico di Mario Perrotta – spiega alla Dire l’avvocata dell’associazione Salute Donna, costituitasi parte civile nel processo, Giovanna Cacciapuoti – può fare la storia, non tanto in fatto, quanto in diritto, perché per la prima volta è stata riconosciuta come circostanza aggravante di maltrattamenti l’ipotesi della morte ‘indotta’ alla vittima come scelta per sottrarsi alle violenze fisiche e psicologiche costanti perpetrate per anni”.
La cerimonia di inaugurazione della panchina rossa, installata a piazza Immacolata all’Arenella, ha visto la partecipazione della famiglia della vittima, delle assessore comunali alle Pari opportunità, Francesca Menna, e ai Giovani e ai Lavori pubblici, Alessandra Clemente, dell’assessore all’Arredo urbano Luigi Felaco, insieme al presidente della Municipalità 5, Paolo De Luca, e alla consigliera municipale Paola Del Giudice. Presenti anche il questore Alessandro Giuliano e il comandante provinciale dei carabinieri Canio Giuseppe La Gala.
La scelta di posizionare la panchina in “questo che è un luogo molto frequentato – sottolinea Menna alla Dire – può diventare una possibilità di riflessione per chi, soprattutto ragazzi, ci si siederà. Può essere un’occasione per chiedersi chi era questa donna e cosa le è successo e da lì iniziare a riflettere sulle tante espressioni, a volte abusate, dell’amore che amore non sono”.
Questa iniziativa “è anche uno stimolo per noi stessi – rimarca Giuliano – a ricordarci di quanto sia necessario avere cura delle vittime di questi reati perché abbiano fiducia nelle istituzioni per far emergere il sommerso che, purtroppo, esiste ancora in questi fenomeni criminali”.
“La nostra presenza qui oggi – rimarca La Gala – vuole essere un segnale forte, quello di dire a tutte le donne non abbiate timore, fidatevi e affidatevi alla forze di polizia”.

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