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VIDEO | Camorra, 59 arresti a Sant’Antimo: arrestati anche i tre fratelli del senatore Cesaro (Fi)

I reati contestati sono l'associazione mafiosa, il concorso esterno, la corruzione elettorale e estorsione e turbata libertà degli incanti

Pubblicato:09-06-2020 12:45
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 18:27

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NAPOLI – Esisteva un consolidato e datato rapporto tra la famiglia Cesaro e il clan Puca di Sant’Antimo (Napoli) fatto di interessi della cosca nel centro polidiagnostico “Igea” e nella galleria commerciale “Il Molino”. È quanto hanno appurato le indagini svolte dall’ottobre 2016 al gennaio 2019 dal reparto anticrimine di Napoli e che hanno portato questa mattina all’esecuzione, da parte dei carabinieri del Ros, di un’ordinanza applicativa di misure cautelari nei confronti di 59 persone (38 finite in carcere e 18 ai domiciliari). Tra gli indagati ci sono gli esponenti dei clan Puca, Verde e Ranucci, operanti nel Comune di Sant’Antimo, e i tre fratelli del senatore Luigi Cesaro, Antimo, titolare dell’Igea finito in carcere, e gli imprenditori Aniello e Raffaele, entrambi ai domiciliari.

Le due societa’ Igea e Il Molino, secondo gli esiti investigativi, risultavano essere societa’ di fatto tra i Cesaro, formali titolari, e il capoclan Pasquale Puca, detto Pasqualino ‘o minorenne. Esponenti del clan, al venir meno dei pregressi accordi, hanno reagito compiendo un attentato dinamitardo al centro il centro diagnostico Igea il 7 giugno 2014, ed esplodendo cinque colpi di pistola all’indirizzo dell’auto di Aniello Cesaro, in sosta in un autolavaggio il 10 ottobre 2015. La madre del capoclan Pasquale Puca, raggiunta da obbligo di presentazione alla Pg, e’ chiamata a rispondere del reato di ricettazione aggravata dalla finalita’ mafiosa per aver nel tempo ricevuto danaro proveniente dai fratelli Cesaro, frutto delle societa’ di fatto esistenti tra gli imprenditori e il figlio.

CONDIZIONATE ELEZIONI SANT’ANTIMO, UNA PREFERENZA PER 50 EURO

Accertato il condizionamento delle elezioni comunali svolte nel giugno 2017 nel Comune di Sant’Antimo (Napoli), sciolto il 20 marzo scorso per infiltrazioni mafiose. Anche questo è emerso dall’inchiesta che ha portato stamattina all’esecuzione, delle misure cautelari nei confronti di 59 persone, a vario titolo ritenute gravemente indiziate dei reati di associazione mafiosa e concorso esterno in associazione mafiosa, corruzione elettorale, tentato omicidio, porto e detenzione di armi da fuoco e di esplosivo, danneggiamento, trasferimento fraudolento di valori, estorsione, minaccia, turbata liberta’ degli incanti, corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio, favoreggiamento personale, rivelazione di segreti d’ufficio, tutti reati commessi al fine di agevolare le attivita’ dei clan camorristici Puca, Verde e Ranucci operanti nel Comune di Sant’Antimo e limitrofi.


Dalle indagini e’ emersa una “capillare campagna di voto di scambio” e una “incalzante opera di compravendita di preferenze” con una tariffa di 50 euro per ogni voto “a favore di candidati del centrodestra”. Alle elezioni del 2017 vinse il centrosinistra al ballottaggio, dopo un primo turno favorevole per il centrodestra. Il controllo del Comune di Sant’Antimo da parte della criminalita’ organizzata locale risulta proseguito anche dopo le elezioni, come documentato dallo sviluppo delle investigazioni. Infatti, a seguito della mancata affermazione elettorale, la strategia criminosa e’ stata finalizzata da un lato a far decadere quanto prima la maggioranza consiliare e dall’altro a mantenere, malgrado un’amministrazione di diverso schieramento politico, il controllo sull’ufficio tecnico del Comune. 

SEQUESTRO DI 194 LOCALI, 27 TERRENI E 9 SOCIETÀ A CLAN SANT’ANTIMO

Contestualmente ai provvedimenti restrittivi nei confronti di 59 persone, accusate a vario titolo di reati commessi al fine di agevolare le attivita’ dei clan camorristici Puca, Verde e Ranucci operanti nel Comune di Sant’Antimo e nei territori limitrofi, e’ stato notificato anche un decreto di sequestro preventivo di beni mobili ed immobili per un valore stimato di 80 milioni di euro. Si tratta di 194 unita’, tra civili abitazioni, uffici, magazzini, autorimesse, 27 terreni (tutti ubicati tra le province di Napoli, Caserta, Frosinone e Cosenza), 9 societa’ e 3 quote societarie, 10 autoveicoli e 44 rapporti finanziari. Tra i beni immobili spicca la galleria commerciale di Sant’Antimo “Il Molino”, con oltre 90 locali adibiti ad esercizi commerciali e uffici. 

INDAGATO ANCHE IL SENATORE DI FORZA ITALIA LUIGI CESARO

Le Pm del tribunale di Napoli Antonella Serio e Giusy Loreto avevano richiesto l’applicazione di misura cautelare in carcere nei confronti del senatore di Forza Italia Luigi Cesaro. Il Gip Maria Luisa Miranda si e’ riservata di decidere a seguito di eventuale autorizzazione all’utilizzo delle intercettazioni. In particolare, quanto alla richiesta avanzata dal Pm nei confronti del senatore, si ritiene “imprescindibile dovere posticipare ogni decisione” ritenendo le “intercettazioni casualmente registrate necessarie e indispensabili – si legge nell’ordinanza – per compiere ogni qualsivoglia decisione a suo carico”.

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Misure applicate invece nei confronti dei tre fratelli di Cesaro, Antimo Cesaro, custodia in carcere, e Aniello e Raffaele Cesaro ai domiciliari. Le contestazioni rientrano nell’ambito di un’inchiesta della procura di Napoli nei confronti di tre clan camorristici Puca, Verde e Ranucci, operanti a Sant’Antimo e nei territori limitrofi che ha portato questa mattina all’esecuzione di misure cautelari nei confronti di 59 persone (38 in carcere, 18 ai domiciliari e le restanti raggiunte da altro tipo di provvedimento cautelare).

43MILA EURO IN CONTANTI SEQUESTRATI AL CAPO UFFICIO TECNICO DEL COMUNE

Durante l’operazione contro i clan di Sant’Antimo (Napoli) condotta questa mattina dai carabinieri del Ros, i militari hanno scoperto e sequestrato oltre 43mila euro in contanti nell’appartamento del capo dell’ufficio tecnico del Comune di Sant’Antimo. L’uomo, raggiunto dalla misura della custodia cautelare in carcere, aveva nascosto la somma, suddivisa in banconote da 100, 50 e 20 euro, in diverse stanze dell’abitazione. 

ARRESTI CLAN SANT’ANTIMO: “MERCIMONIO DI VOTI DA OLTRE 10 ANNI”

I condizionamenti della camorra nell’attivita’ amministrativa di Sant’Antimo, nel napoletano, secondo la procura di Napoli erano massivi e prolungati nel tempo, persino decennali. Il tutto avveniva anche “attraverso l’illecita ingerenza durante le tornate elettorali”. È quanto si legge nell’ordinanza firmata dal Gip del tribunale di Napoli Maria Luisa Miranda. L’attivita’ di indagine posta in essere dai carabinieri del Ros ha fatto emergere la “commissione di condotte finalizzate ad assicurare un alto livello di condizionamento operato dal clan Puca nelle tornate elettorali avvenute a Sant’Antimo nell’ultimo decennio”, dal 2007 fino all’ultima avvenuta nel 2017. Il comune di Sant’Antimo e’ “da anni afflitto da un inquietante mercinomio di voti – si legge nell’ordinanza – tale da fare venire meno uno dei principi cardine sui cui si fonda la nostra democrazia, ovvero quello della libera consultazione elettorale”.

Le indagini, infatti, hanno dimostrato che c’e’ stata una “reiterata e massiccia “vendita” di voti da parte di elettori” che hanno scelto di “abdicare al loro diritto/dovere costituzionale di esprimere un voto personale, eguale, libero e segreto”. Tutto questo, avveniva perche’ i tre clan di Sant’Antimo (Puca, Verde e Ranucci) miravano, in perfetta sinergia tra di loro, a mantenere il controllo dell’ente ed in particolare dell’ufficio tecnico comunale che assicurava “lauti guadagni e potere di controllo”. 

SUMMIT DEL CLAN NEL MOBILIFICIO DI UN CONSIGLIERE COMUNALE DI FORZA ITALIA

Oltre mille voti e recordman di preferenze alle elezioni amministrative del 2017. Francesco Di Lorenzo (detto Pio o Piuccio), gia’ consigliere comunale di Forza Italia a Sant’Antimo (Napoli), negli anni scorsi presidente del Consiglio comunale in quota PdL, e’ una delle figure centrali dell’inchiesta della Dda partenopea sui tre clan di camorra (Puca, Verde e Ranucci), operanti a Sant’Antimo. Secondo il Gip del tribunale di Napoli, che ha disposto la misura degli arresti domiciliari nei suoi confronti, Di Lorenzo svolgeva il ruolo di “interfaccia e referente politico del clan Puca – si legge nell’ordinanza – con la componente che per almeno un decennio (2007-2017) ha governato la citta’ di Sant’Antimo”. L’ex consigliere di FI viene considerato “un esponente di rilievo del clan Puca”, l’uomo “cerniera che si pone a cavallo tra l’imprenditoria, la politica e il clan di appartenenza”. All’interno del mobilificio di proprieta’ di Francesco Pio Di Lorenzo avvenivano “veri e propri summit”, e il politico non si limitava ad ospitare le riunioni del clan ma “interveniva nelle decisioni”, scrive il Gip.

Presenti ad alcuni riunioni nel mobilificio anche i fratelli Cesaro, compresi alcuni appuntamenti a cui ha preso parte il senatore di Forza Italia Luigi Cesaro (indagato ma non colpito da misura cautelare). In un’occasione (l’8 febbraio 2018), a una riunione nel mobilificio era presente anche la consigliera regionale di Forza Italia in Campania Flora Beneduce (non indagata). In due occasioni, il senatore di FI avrebbe richiesto sostegno per la candidatura al Senato di Beneduce (la consigliera regionale si candido’ alle politiche 2018 ma non risulto’ tra gli eletti) allo stesso Di Lorenzo.

Secondo quanto dichiarato da un collaboratore di giustizia, quel mobilificio sarebbe stato impiegato anche nel 2006 per un incontro tra il capoclan Pasquale Puca e “l’ex senatore Sergio De Gregorio in occasione della visita a Sant’Antimo di quest’ultimo in relazione alla sua candidatura per il Senato alle elezioni politiche del 2006, nella circoscrizione Campania, nella lista Italia dei Valori”.

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Ma non e’ tutto. Di Lorenzo avrebbe avuto un “rapporto privilegiato” con due carabinieri della tenenza di Sant’Antimo (per un militare e’ stata disposta la custodia in carcere, per l’altro l’interdizione dal pubblico ufficio) che avrebbero messo in campo azioni di depistaggio o che comunque fornivano a Di Lorenzo notizie su indagini in corso.

MISURE CAUTELARI ANCHE PER 2 CARABINIERI DI SANT’ANTIMO

Le indagini della procura di Napoli nei confronti di tre clan camorristici (Puca, Verde e Ranucci) operanti a Sant’Antimo e in centri limitrofi hanno consentito di raccogliere indizi anche su “illeciti rapporti” tra due marescialli, effettivi alla tenenza dei carabinieri di Sant’Antimo, e alcuni indagati. Il Gip del tribunale di Napoli ha disposto per un militare, gia’ sospeso dal servizio all’esito di un’altra recente indagine, la misura della custodia in carcere e per l’altro, ora in servizio fuori provincia, la misura dell’interdizione dal pubblico ufficio. Il primo risponde dei reati di rivelazione di segreto d’ufficio e favoreggiamento, mentre il secondo del reato di favoreggiamento, aggravati dall’aver agevolato le attivita’ illecite dei clan Puca e Verde.

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