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ROMA – Mentre gran parte dell’Europa celebra con una certa sobrietà l’80° anniversario della fine della Seconda guerra mondiale, Putin ha optato per una dimostrazione muscolare. In una Piazza Rossa blindata e gremita di uniformi, la Russia ha messo in scena la “più grande parata della storia” per commemorare la vittoria sul nazismo, ma anche – e soprattutto – per dar sfoggio della propria forza bellica. Le truppe russe impegnate nei combattimenti in Ucraina hanno marciato insieme alle quelle cinesi.
La parata di quest’anno ha accolto il numero più alto di capi di Stato stranieri dal 2015, almeno 27, tra cui i leader di Brasile, Slovacchia e Serbia, di altre autocrazie e regimi paria, come Myanmar e Burkina Faso. Un’affluenza che Putin ha evidenziato come prova del fatto che la Russia, anche dopo quattro anni di guerra in Ucraina, non è affatto isolata.
E’ stata sfilata militare ampliata, rispetto alle precedenti. Nuovi carri armati, lanciarazzi, sistemi lanciafiamme pesanti TOS-2 Tosochka e missili balistici Iskander. Per la prima volta, sono stati esposti anche diversi tipi di droni moderni di fabbricazione russa.
Accanto a Vladimir Putin, che ha pronunciato un discorso insolitamente breve, presenti figure chiave del blocco eurasiatico e sudamericano: il presidente cinese Xi Jinping, il brasiliano Lula, e diversi leader centroasiatici. L’unico rappresentante dell’Unione Europea, il premier slovacco Robert Fico, ha scelto di rompere il fronte di Bruxelles, la cui irritazione non è passata inosservata.
In parallelo, ben lontano dalle fanfare moscovite, una delegazione di ministri degli Esteri europei si è riunita simbolicamente a Kiev. Sul tavolo, un nuovo pacchetto di sostegno all’Ucraina e l’annuncio di un Tribunale internazionale per giudicare i crimini di guerra russi. Zelensky ha commemorato i caduti del secondo conflitto mondiale insieme alla first lady Olena Zelenska, legando il passato al presente con una narrativa in cui Mosca ha sostituito Berlino come aggressore.
L’apparato simbolico e diplomatico della giornata – tra parate, strette di mano e parole chiave – fotografa un’Europa spaccata in due narrazioni inconciliabili: da una parte, la retorica della resistenza all’aggressione; dall’altra, la glorificazione della potenza nazionale.
L’Europa occidentale, nel frattempo, consolida la propria architettura difensiva: il presidente francese Emmanuel Macron e il premier polacco Donald Tusk sono prossimi a firmare un nuovo trattato di cooperazione strategica, mentre il cancelliere tedesco Friedrich Merz fa tappa a Bruxelles dopo colloqui a Parigi e Varsavia. L’obiettivo è chiaro: rafforzare l’asse atlantico in vista di un possibile allargamento del conflitto.
Putin, dal canto suo, ha ribadito la narrativa del “neo-nazismo ucraino” per giustificare l’invasione, affermando che “l’intero Paese” sostiene l’operazione militare. Il presidente russo ha invocato “orgoglio e gratitudine” verso la generazione che sconfisse il nazismo e ha promesso che Mosca “non accetterà mai la distorsione della storia”. Ha inoltre ringraziato espressamente il “coraggioso popolo cinese” e ha rivolto saluti ai militari nordcoreani presenti, alcuni dei quali sono stati recentemente impiegati sul fronte ucraino.
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