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Egitto, “un mese senza sue notizie”: la paura del legale e dei genitori di Patrick Zaki

Continua intanto la mobilitazione dell'Ateneo di Bologna per chiederne la liberazione

Pubblicato:09-04-2020 11:43
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 18:07
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ROMA – “È da un mese esatto che non abbiamo piu’ notizie di Patrick. Dal 9 marzo, ne’ i suoi genitori ne’ il suo avvocato l’hanno potuto incontrare, per via delle restrizioni dovute all’emergenza coronavirus. Non sappiamo in che condizioni si trovi ne’ come sia la situazione nel carcere di Tora, in cui e’ rinchiuso”. Giada Rossi, compagna di corso di Patrick Zaki al master Gemma dell’Universita’ di Bologna, ha la voce preoccupata. Dopo essere stata posticipata per tre settimane di seguito, il 6 aprile e’ stata nuovamente rinviata l’udienza che avrebbe potuto portare alla liberazione dello studente egiziano in carcere dal 7 febbraio scorso, accusato di fomentare le manifestazioni e il rovesciamento del governo, pubblicare notizie false sui social media minando l’ordine pubblico, promuovere l’uso della violenza e istigare al terrorismo.

Questa e’ la quarta volta di seguito che l’udienza viene posticipata, dopo i rinvii del 16, 23 e 30 marzo. Oggi e’ il diciottesimo giorno che Patrick ha trascorso in carcere senza motivi legali, poiche’ i giorni di detenzione cautelare precedentemente ordinati sono stati terminati il 23 marzo. Ora Patrick si trova in un limbo. Questa volta non siamo stati nemmeno informati della data della prossima sessione: ai suoi avvocati e’ stato detto di controllare il prossimo sabato, speriamo che ci diano notizie”.

Nel frattempo, l’Universita’ di Bologna ha lanciato l’iniziativa “Una mail per Patrick Zaki”, con un indirizzo email apposito (forpatrick@unibo.it) a disposizione di chiunque voglia scrivere messaggi di vicinanza e solidarieta’, che vengono poi pubblicati nella pagina Facebook della campagna Patrick Libero.


La raccolta di tutti i messaggi arrivati potrebbe rappresentare il piu’ bel regalo di bentornato a Patrick, nel momento in cui potra’ nuovamente frequentare la nostra comunita’- afferma il rettore Francesco Ubertini-. Invito quanti vogliano far sentire la loro voce a scrivere a questo indirizzo: la scrittura puo’ essere un ottimo strumento di resistenza alla violazione dei diritti essenziali, cosi’ come un modo per creare un legame e ridurre le distanze in questo momento cosi’ difficile“.

Nelle scorse settimane, il rettore ha scritto all’ambasciatore dell’Egitto in Italia per chiedere che Patrick possa tornare a frequentare il suo corso attraverso il servizio di didattica online oggi a disposizione degli studenti per seguire le lezioni in remoto. “Spero che a Patrick sia consentito di soddisfare il desiderio di conoscenza e sapere che nessuno, mai, ha il diritto di reprimere”, conclude Ubertini.

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