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Violenza, lo ‘Sportello donna’ del S. Camillo di Roma compie 10 anni

Un servizio di accoglienza e assistenza per le vittime di violenza, che adotta metodologie specialistiche e modalità di relazione personalizzate, non giudicanti e non stereotipate

Pubblicato:09-04-2019 12:59
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 14:20
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ROMA – Più del 30% delle donne del mondo ha subito violenza nella propria vita. Un’epidemia sociale che in Italia ha colpito il 31,5% del genere femminile. L’ospedale San Camillo di Roma 10 anni fa ha risposto a questo problema con ‘Sportello donna’: un progetto ospitato all’interno del triage dell’ospedale e promosso dalla cooperativa BeFree. Un servizio di accoglienza e assistenza per le vittime di violenza, che adotta metodologie specialistiche e modalità di relazione personalizzate, non giudicanti e non stereotipate. E che oggi compie gli anni.

“Il ruolo del pronto soccorso è fondamentale nella fase del durante la violenza- ha sottolineato Marta Bonafoni, consigliera regionale della Lista Civica Zingaretti- è il luogo in cui la donna può scegliere se entrare, e quindi se uscire dalla violenza oppure no. È il luogo che determina il futuro di queste condizioni”.

“E’ un territorio strategico che le restituisce credibilità- ha aggiunto Cecilia D’Elia, consigliera del presidente della Regione Lazio per le questioni di genere- Non è solo contrasto, è anche prevenzione e rafforzamento dell’autonomia delle donne”. Infatti le denunce per violenza hanno un tasso molto basso, del 12,4%, e si alzano nel caso in cui le vittime si siano rivolte a operatori del pronto soccorso (62,3%). Questo, nonostante la violenza si manifesti dieci volte più frequentemente di quanto non sia percepita dai medici.


Nel 2018 nella Penisola si sono contati 319 omicidi, pari allo 0,59/100.000 degli abitanti: 216 maschi e 103 femmine. Il tasso registrato in Italia è il più basso della media europea (1/100.000 abitanti). Di queste però, l’80,5% delle donne uccise è vittima di persone che conosce, il 43,9% di partner o ex, il 28,5% di un parente e l’8,1% di una persona nota. Roma inquesto contesto si posiziona al diciottesimo posto in Italia per numero di denunce fatte per violenza, +17,33% rispetto al 2018, secondo i dati del 2018 forniti dal Viminale.

I numeri inoltre dimostrano che più di una donna su tre (37,6%), vittima di violenza del partner, ha riportato ferite, lividi, contusioni o altre lesioni, il 20% è stata ricoverata in ospedale a seguito delle ferite e di queste un quinto ha avuto danni permanenti. “Perché vengono in PS? Perché è aperto 24 ore su 24, 7 giorni su 7- ha spiegato Emanuele Guglielmelli, responsabile dell’U.O.S. Pronto soccorso e direttore dell’U.O.C. Medicina d’urgenza e Pronto soccorso del San Camillo- è un sistema universalistico e qui c’è la capacità di intercettare la vittima nei suoi bisogni tramite la sensibilità degli operatori che viene associata a dei sistemi informatici. Ci servirebbe, però, un sistema per vedere il fascicolo regionale di una persona, per analizzare il numero di accessi anche negli altri ospedali e disegnare un quadro più completo”.

Come illustrato durante l’incontro, la violenza nella coppia non si ferma nemmeno durante la gravidanza (11,8%): nel 23,9% dei casi poi le violenze diminuiscono, mentre per l’11,3% aumentano e per il 5,7% hanno segnato proprio il momento di inizio. Non c’è distinzione: il 51,4% delle vittime giunte al San Camillo nell’ultimo anno sono donne separate, il 36,6% hanno gravi limitazioni di salute, il 42,5% sono laureate, il 40,3% sono dirigenti o libere professioniste, il 35,9% hanno tra i 25 e i 34 anni. Può colpire tutte.

I numeri emersi dall’esperienza dell’ospedale romano tra il marzo 2018 e il marzo 2019 evidenziano il 67% dei casi di violenza domestica (con fascia di età tra i 41 e i 51 anni nel 32% delle vittime e tra i 31 e i 40 anni nel 23%, e di queste il 56% in stato nubile mentre il 31% in stato coniugale); il 15% di violenza sessuale (il 65% di età compresa tra i 19 e i 30 anni, il 19% tra i 15 e i 18 anni); il 10% di aggressione da parte di una persona nota e l’8% da parte di uno sconosciuto.

“Tutti questi casi, 252 donne, sono stati scoperti nell’88% tramite l’arrivo al pronto soccorso generale, nel 10% dal pronto soccorso ostetrico-ginecologico e nel 2% provengono da altri reparti”, ha spiegato Sonia Minchella del Sistema informativo del pronto soccorso (GIPSE). In questo percorso al Ps, primo momento di contatto con la realtà dopo la violenza, è fondamentale il ruolo degli infermieri che si occupano di accoglienza e triage, attivazione dello ‘Sportello donna’ e repertazione del materiale biologico in caso di stupro. Il tutto con un unico obiettivo: dare sostegno. Non è infatti compito dei sanitari, dei medici e degli infermieri accertare la veridicità del racconto o l’attendibilità della vittima, e questo lo ricorda anche la dottoressa Maria Giovanna Salerno: “Avere del personale formato e sensibilizzato a individuare quali sono le vittime di violenza è indispensabile. Spesso la difficoltà parte proprio da lì, dal capire la situazione di violenza. Capita di trovarci di fronte non solo a episodi di violenza subiti da poco, ma anche da giorni prima, e lì cerchiamo di farle intraprendere il percorso di denuncia e di autodeterminazione. Spesso le donne non lo dichiarano, bisogna avere la capacità di capire se c’è e dov’è il problema”.

“Quella di oggi è l’opportunità per fare memoria di un percorso, di una scelta fatta 10 anni fa- ha commentato Fabrizio d’Alba, direttore generale dell’azienda ospedaliera San Camillo-Forlanini- Noi pensiamo a una sanità pubblica diversa, che debba non solo curare, ma intercettare fragilità e disagi. L’ospedale è inteso come tramite di servizi diversi. Adesso il progetto è maturo e pronto ad essere replicato”. Perchè la forza dello ‘Sportello donna’, ha sottolineato invece Maura Cossutta, una delle fondatrici del progetto, è “la caratteristica di avere un approccio di genere”.

Sono intervenuti anche Carlo Vittorio Resti, responsabile dell’URP, Oria Gargano dell’Associazione BeFree, Alessandro Volpi della Ong WeWorldOnlus, Simona di Bari, infermiera in pronto soccorso al San Camillo e Daniela Oranzi, direttore sanitario del San Camillo.

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