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Somalia, Bashir (Snu): “La carestia uccide, i politici litigano”

Il ricercatore alla Dire: "Tutti assorbiti dalla saga elettorale"

Pubblicato:09-02-2022 17:29
Ultimo aggiornamento:09-02-2022 17:29

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ROMA – “A causa della siccità migliaia di persone hanno lasciato i villaggi e si sono riversate qui a Mogadiscio; i politici però pensano ad altro, presi come sono dalla saga delle elezioni”: la denuncia è di Anwar Abdifatah Bashir, ricercatore dell’Università nazionale della Somalia (Snu), intervistato dall’agenzia Dire.

Il contesto è quello segnato, come in Kenya e in Etiopia, dalle conseguenze di tre stagioni della pioggia consecutive con precipitazioni molto inferiori alle attese. Ieri gli esperti del World Food Program (Wfp/Pam) hanno calcolato che circa 13 milioni di persone vivono una condizione di insicurezza alimentare grave a causa di quella che è descritta come la siccità peggiore nel Corno d’Africa dal 1981.

Analista politico, di base a Mogadiscio ma conoscitore della regione nel suo complesso, Abdifatah Bashir sottolinea il protrarsi del fenomeno in particolare nella Somalia centrale e meridionale. “Molte persone sono morte o hanno perso il proprio bestiame per via delle tre stagioni della pioggia venute di fatto meno” dice. “In tantissimi si sono riversati qui nella capitale ma anche in altri centri urbani in prossimità dei villaggi”.

Per far fronte all’emergenza, accresciuta dall’aumento dei prezzi dei prodotti di base e dalla minor richiesta di lavoro nei campi, il Wfp ha rivolto un appello internazionale per raccogliere 327 milioni di dollari. I fondi dovrebbero permettere di soccorrere nell’immediato quattro milioni e mezzo di persone nei prossimi sei mesi, aiutando parallelamente le comunità a essere “più resilienti agli shock climatici”.

A livello nazionale, finora, non ci sono state risposte significative. Secondo Abdifatah Bashir, “il governo è assorbito dalla saga elettorale”, vale a dire dall’organizzazione del voto, prima parlamentare e poi presidenziale, rimandato più volte a partire dal 2020. Sullo sfondo ci sono i contrasti tra il capo dello Stato, Mohamed Abdullahi Mohamed, e il primo ministro, Mohammed Hussein Roble. La crisi si è aggravata un anno fa, con lo scadere del mandato del presidente e il suo tentativo di prorogarlo.

Ieri il dipartimento di Stato americano ha introdotto restrizioni nella concessione dei visti ai dirigenti del governo somalo “ritenuti responsabili o complici degli ostacoli posti al processo democratico”. In una nota Washington ha anche evidenziato che, in un Paese ostaggio per oltre 30 anni di un conflitto civile, il rinvio del voto non crea solo incertezza ma anche rischi per la sicurezza. La richiesta americana, rivolta sia alle autorità federali che statali della Somalia, è che entro il 25 febbraio “il processo parlamentare sia completato in modo credibile e trasparente”.

Secondo Bashir, al contrario, si rischiano nuove irregolarità. “I politici al potere cercano scorciatoie” accusa il ricercatore. “In qualche caso, sostengono i loro candidati preferiti corrompendo i delegati chiamati al voto”.


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