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Covid, Galli: “Il peggio è passato, voglio essere più ottimista di un anno fa”

Per l'infettivologo grazie ai tanti vaccinati e guariti dal virus “dovremmo stare abbastanza tranquilli”

Pubblicato:09-02-2022 15:21
Ultimo aggiornamento:09-02-2022 15:21

intervista Massimo Galli
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ROMA – Secondo l’infettivologo Massimo Galli, che vuole essere “più ottimista” rispetto ad un anno fa, il peggio sembra ormai passato e ora grazie ai tanti vaccinati e guariti dal virus “dovremmo stare abbastanza tranquilli”. Sul perché però ci siano ancora tanti morti nel nostro Paese, l’ex direttore del reparto di Malattie Infettive dell’ospedale Sacco di Milano non sa dare una risposta perché ancora “mancano dati specifici sulle varianti”. Però di una cosa è certo, cioè che questo non dipende “da una nostra incapacità a curare”. Guardando al futuro, Galli non se la sente di fissare una data per lo stop al Green pass, che non è un “orrido feticcio da smantellare per motivi più o meno politici, ma una garanzia per tutelare sé e gli altri”. Quanto all’eliminazione dell’obbligo della mascherina all’aperto, a partire da venerdì prossimo, l’infettivologo si dichiara ancora appartenente al “partito della cautela”, suggerendo di continuare ad indossarla in determinate circostanze, come nel caso di “gente ammassata”. Di questo ha parlato Massimo Galli nel corso di una intervista video rilasciata alla Dire.

“MASCHERINA ALL’APERTO OPPORTUNA IN DETERMINATE CIRCOSTANZE”

“La mascherina all’aperto è opportuno averla in determinate circostanze, per esempio con gente ammassata, ma io rimango comunque del partito della cautela, che vuol dire di non pensare di aver risolto un problema fino a quando non l’hai risolto davvero”. Così l’infettivologo Massimo Galli, già direttore del reparto di Malattie Infettive dell’ospedale Sacco di Milano, commenta l’ordinanza governativa di ieri che prevede da venerdì prossimo, 11 febbraio, la fine dell’obbligo delle mascherine all’aperto, nel corso di una intervista video rilasciata alla Dire. 

Galli ha poi sottolineato che il calo dei contagi registrato negli ultimi giorni, grazie all’alto numero di italiani vaccinati e guariti, può far sperare in un periodo di relativa tranquillità. “Credo- ha detto- che non si debba neanche rinfocolare la paura, perché ultimamente c’è stata una specie di ‘autolockdown’ da parte di molti italiani, che hanno giustamente ritenuto di stare il più attenti possibile. Da questo punto di vista, per chi ha ricevuto le tre dosi, penso si possa ricominciare ad avere un atteggiamento meno impaurito rispetto alla possibilità di prendersi l’infezione”. 


GREEN PASS NON È ORRIDO FETICCIO, MA GARANZIA TUTELA PER SE E ALTRI

“Il Green pass viene preso come un orrido feticcio da smantellare per motivi più o meno politici, ma di fatto è una garanzia per tutelarsi e tutelare gli altri”. L’infettivologo Massimo Galli, già direttore del reparto di Malattie Infettive dell’ospedale Sacco di Milano, risponde così alla possibilità nel breve futuro di eliminare il Green pass, nel corso di una intervista video rilasciata alla Dire. “Ci sono state delle prese di posizione in Europa- ha proseguito- che parlano di un Green pass mantenuto fino alla fine dell’anno, altri fino autunno. Io, che non ho la sfera di cristallo, non stabilisco quando. Certo è che questa epidemia, in meno di un anno, ci ha fornito tre diverse varianti in grado di sostituirsi l’una con l’altra, manifestando sempre una maggiore capacità diffusiva. Niente esclude che ci si possa trovare di fronte ad una quarta, chiaramente mi auguro di no, ma le lezioni bisogna impararle ed essere pronti a fronteggiare le cose”. Galli ha invece sottolineato l’esigenza di attuare una “revisione” per quelle situazioni che “equiparano in termini di difesa anche persone che non hanno le tre dosi, ma che hanno avuto in passato l’infezione o hanno gli anticorpi alti. Senza mai mollare sul fatto che le cautele meritano di essere considerate e mantenute”, ha concluso. 

OBBLIGO VACCINALE SAREBBE STATO PROVVEDIMENTO CHIARO E INCISIVO

Meglio l’obbligo vaccinale al Green pass? Francamente sarebbe stato un provvedimento chiaro, definitivo e incisivo”. Ha risposto così l’infettivologo Massimo Galli, già direttore del reparto di Malattie Infettive dell’ospedale Sacco di Milano, interpellato sul tema nel corso di una intervista video rilasciata alla Dire. “Poi, anche quello non è che si applica schioccando le dita- ha proseguito Galli- Il fatto che nessun governo europeo sia arrivato a questo, pur nella abbastanza generalizzata convinzione che fosse opportuno, la dice lunga di quanto delicata e difficile sia da affrontare per i vari governi e per la politica una questione di questo tipo. Siamo di fronte per la prima volta alla generalizzazione di una vaccinazione che non riguarda solo i bambini, ma la popolazione tutta. E su questo ovviamente i conti, anche proprio sulla piccola tattica della mossa elettorale dell’acquisizione del consenso- ha concluso- se li fanno in tanti, fin troppo”. 

“IL PEGGIO È PASSATO? VOGLIO ESSERE PIÙ OTTIMISTA DI UN ANNO FA”

“Ormai abbiamo tantissimi vaccinati e anche tantissime persone che purtroppo la malattia se la sono presa, quindi nel minor arco temporale significativo, anche se limitato, dovremmo stare abbastanza tranquilli. Dopo di che, signori miei, cosa può accadere in autunno non lo sappiamo. Ma anche su questo voglio essere più ottimista di quanto potessi essere l’anno scorso”. Ha risposto così l’infettivologo Massimo Galli, già direttore del reparto di Malattie Infettive dell’ospedale Sacco di Milano, in merito alla possibilità che il ‘peggio sia passato’, nel corso di una intervista video rilasciata alla Dire. “Credo che sia passato il peggio in una dimensione temporale che però va stabilito quanto lunga è. Cioè nell’immediato, nei prossimi mesi non dovrebbe- ha proseguito Galli- e uso il condizionale perché quando nell’aprile dell’anno scorso furono fatte delle aperture ci andò bene visto che la variante Delta, in un momento in cui non c’erano molti vaccinati, è arrivata un po’ dopo. Però poi è arrivata la Delta e dopo la Delta è arrivata la Omicron. Ora abbiamo troppi Paesi nel mondo in cui la vaccinazione non è stata fatta quasi per nulla o molto poco e questo ovviamente implica delle dinamiche anche evolutive per il virus, per la possibilità che si affermino nuove mutazioni tutt’altro che trascurabili”.

“NON SO PERCHÉ ANCORA TANTI MORTI, MANCANO DATI SPECIFICI SU VARIANTI”

“Perché accada ancora a tante persone in Italia (di morire) non lo so e non so neppure se sono tutti Delta o se molti di loro sono anche Omicron. Non ci sono ancora, o almeno non ne ho visti, dati specifici che siano sufficienti per fare delle valutazioni”. Ha risposto così l’infettivologo Massimo Galli, già direttore del reparto di Malattie Infettive dell’ospedale Sacco di Milano, interpellato sul tema nel corso di una intervista video rilasciata alla Dire. Intanto qualche giorno fa il suo collega Bassetti aveva parlato di dati falsati nel conteggio di decessi e ospedalizzazioni. Pensa dipenda da questo tipo di conteggio il motivo per cui l’Italia registra più morti rispetto ad altri Paesi? “Quando si parla di dati bisogna averli sott’occhio e bisogna davvero riuscire a capire che cosa contengono- ha risposto Galli alla Dire- perché altrimenti in generale è facile dire, ma non è una critica al collega, che sono falsati o che sono autentici con caratteristiche particolari. Allo stato attuale dei fatti io non sono in condizione di capire esattamente se ci sono diversità di computo tra quelli nostri e di altri Paesi, non ne ho certezza e contezza e non è neppure il mio mestiere, i dati dovrebbero essere presentati anche in maniera trasparente. Finché ti trovi di fronte a dei dati aggregati e basta, parlo soprattutto di quello che posso sapere degli altri Paesi, è chiaro che capisci molto poco”. Dopodiché “non ho che la solita spiegazione- ha aggiunto l’infettivologo- del fatto che noi abbiamo una popolazione molto anziana e che quindi comunque in questo ‘giro’ si sono infettati anche molti anziani, cosa non del tutto convivente sempre guardando i dati che ci sono”. 

Ma “certamente” la cosa di cui Galli è convinto è che “non si tratti di una incapacità a curare, attenzione: nelle sue fasi più avanzate questa malattia è abbastanza orfana di vere cure, e lo è tutt’ora, però per quanto riguarda tutta la capacità di supporto direi che il nostro Paese ha imparato una dura lezione e si è addestrato parecchio negli ospedali per fronteggiare tutto questo. Quindi io mi sento anche di non credere che le cose vadano male da noi e ci siano più morti perché non siamo capaci di sostenere queste persone. L’esperienza mi dice che, superata una certa soglia, diventa difficilissimo recuperare una persona con l’infezione da Covid. Da un certo punto in poi, varcato un certo Rubicone, molti vanno comunque purtroppo, in tempi più o meno lunghi e nonostante i tuoi sforzi e interventi, all’altro mondo. Questo è quello che abbiamo visto in tutti questi mesi”, ha concluso. 

 IN PRE-PANDEMIA PAROLA ‘PREVENZIONE’ AMPIAMENTE DIMENTICATA

“Diciamo che la cosa può essere riassunta con una frase sola: in molte situazioni, in una sanità regionalizzata come quella italiana, la parola ‘prevenzione’ era stata ampiamente dimenticata o comunque non sostenuta in maniera efficace”. Ha risposto così l’infettivologo Massimo Galli, già direttore del reparto di Malattie Infettive dell’ospedale Sacco di Milano, interpellato in merito alle eventuali mancanze del governo nella gestione della pandemia. “La sanità aveva poi subito solo tagli da anni e anni a questa parte- ha proseguito Galli– e tutta una serie di disattenzioni e ridimensionamenti ci hanno messo in particolari difficoltà quando ci si è dovuti rapportare con una realtà che, dal punto di vista dell’organizzazione, era del tutto imprevista, anche se tutt’altro che imprevedibile”. Questa, secondo l’infettivologo, è “un po’ la lamentazione di quelli come me che da decenni si occupano di malattie emergenti e che, per un sacco di tempo, sono stati considerati una specie di incrocio tra un visionario e una Cassandra, mettiamola così”. D’altro canto l’Organizzazione mondiale della Sanità aveva “da tempo prospettato determinate eventualità, però su tutto è rimasto, se non lettera morta, certamente non si è tradotto in organizzazioni preventive in nessuna sanità, nemmeno quelle avanzate dei Paesi più ricchi”, ha concluso.

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