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Reggio Emilia era il cuore pulsante dei “Ladri della legge” georgiani

Il Gip reggiano Andrea Rat ha firmato un'ordinanza di 800 pagine, che ha portato all'emissione di 62 misure cautelari: l'organizzazione a delinquere "Kanonieri Kurdi" operava in tutta Europa dal centro nevralgico nella città emiliana

Pubblicato:09-02-2021 15:13
Ultimo aggiornamento:09-02-2021 15:27

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REGGIO EMILIA – Maestri del furto di origine georgiana con all’attivo migliaia di colpi in tutta Europa, il cui cuore pulsante dell’organizzazione in Italia batteva a Reggio Emilia. Sono i cosiddetti “Kanonieri ‘Kurdi“, tradotto i “ladri della legge”, nati in Russia sotto il pugno duro del regime di Stalin e sopravvissuti- nell’illegalità- fino ai nostri giorni. Un gruppo, scoperto dalla Procura reggiana in tre anni di indagini (dal 2015 al 2018) che chiamava la città del Tricolore “la nostra patria” e agiva di concerto con una seconda ed autonoma associazione a delinquere, di matrice ucraina, specializzata invece nella ricettazione e nel riciclaggio dell’imponente mole di refurtiva razziata nelle case. Le azioni predatorie, poi, avevano tutte la stessa “firma criminale”, consistente nel non lasciare segni di effrazione sulle serrature di porte di ingresso e casseforti, grazie ad arnesi da scasso appositamente costruiti.

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E al centro di tutto, si legge nelle 800 pagine dell’ordinanza firmata dal Gip reggiano Andrea Rat (con 115 capi di imputazione e 62 misure cautelari emesse), c’era sempre Reggio Emilia. Era qui che l’organizzazione “assemblava” le sue “cellule”, gruppi assolutamente “liquidi” di tre o quattro persone convocati in Emilia e subito pronti a ripartire per commettere furti sul territorio nazionale, ma anche in Belgio, Francia, Grecia, Polonia, Ungheria e Slovenia, opportunamente provvisti di falsi documenti. Ed è ancora a Reggio che risiede un esponente di spicco della consorteria (la traduzione letterale dal georgiano è “ladrone”), un 51enne con falsa identità rumena con potere di dirimere le controversie insorte tra gli associati presenti in Italia.

Sempre qui nel 2016, si svolse l’incontro con un altro “ladrone”, elemento talmente apicale, che uno degli odierni indagati, destinatario di una misura d’arresto, giunse appositamente da Padova solo per recapitargli in dono un costosissimo orologio. Reggio Emilia resta anche una delle basi logistiche centrali del gruppo dove secondo gli inquirenti risiedono gli associati ‘puliti’, il cui ruolo all’interno dell’organizzazione consiste nel mettere a disposizione alloggi (33 quelli perquisiti solo stamattina dalle forze dell’ordine, ndr) ed autovetture per la commissione dei raid e dove si reinvestono parte dei proventi dell’attività criminale, talvolta in immobili.


E infine è ancora è dal capoluogo emiliano che ogni settimana, “attraverso plurimi corrieri”, buona parte della refurtiva viene spedita in Ucraina, con l’apporto del secondo gruppo criminale, “composto da soggetti incensurati titolari di rapporti lavorativi o di società di import export con sede in città”. In dettaglio le attività della Polizia di Stato di Reggio Emilia, supportata dal Servizio Centrale Operativo della Polizia Stato (Sco) e del Servizio di Cooperazione Internazionale di Polizia (Scip), stanno portando in queste ore in Italia ed in vari stati europei, a 62 misure cautelari detentive (58 in carcere e 4 ai domiciliari), di cui 55 a carico di georgiani. Per altri 36 indagati che si trovano all’estero è stato spiccato un mandato di arresto europeo e sono in corso le ricerche. I reati contestati sono di furto e rapine in abitazione, ricettazione, riciclaggio ed immigrazione clandestina. Nel corso della fase investigativa avviata sei anni fa sono invece state arrestate 37 persone ed è stato recuperato il bottino di oltre 20 furti in abitazione commessi a Reggio Emilia, Modena, Piacenza, Ravenna, Padova, Genova, Bologna.

L’ordinanza del Gip di Reggio tratteggia anche il “profilo criminale” degli associati che si dichiaravano fedeli ad un proprio codice d’onore, la cosiddetta “legge dei ladri”. Regole in realtà non proprio ferree, come dimostra un episodio riportato dal capo della squadra Mobile reggiana Guglielmo Battisti. Il protagonista è uno dei capi del gruppo, che rimprovera un suo sottoposto perché ha rubato il salvadanaio di un bambino. Un gesto poco “onorevole” su cui però cambia idea subito dopo aver appreso quanti soldi conteneva.

Nello stile tradizionale della mafia russa, inoltre, anche i georgiani avevano tatuaggi che ne qualificavano l’appartenenza al gruppo e perfino il grado al suo interno. “È un’operazione di tutta la Polizia italiana- commenta il questore di Reggio Emila Giuseppe Ferrari- partita grazie al fiuto investigativo dei nostri operatori”. Infatti, prosegue Battisti, “ci siamo accorti negli anni che a Reggio Emilia c’era un gran numero di arresti per furto commessi da georgiani e, anche gli arresti avvenuti nei territori limitrofi, erano comunque riconducibili alla nostra provincia”. Purtroppo, conclude il procuratore capo di Reggio Marco Mescolini, “i gruppi che considerano Reggio Emilia come loro territorio cominciano ad essere un po’ troppi. Ma qui la differenza con la ‘ndrangheta è lampante. Perché questa è per sua natura totalizzante, si occupa di tutto ciò che ritiene utile ai suoi scopi e anche di più. Questo gruppo radicato era specializzato in un solo delitto. Quindi il fatto che avesse epicentro a Reggio non va oltre l’assonanza”.

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