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Il sindacalista: “Nel Lazio liberi professionisti sanitari senza vaccino”

"E niente medicina del territorio". Guido Coen Tirelli, segretario dell'Anaao Lazio, solleva diverse criticità su come si sta affrontando l'emergenza Covid-19

Pubblicato:09-02-2021 12:27
Ultimo aggiornamento:09-02-2021 12:27

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ROMA – A dicembre, alcuni giorni prima del ‘Vaccine day‘ del 27 dicembre, Guido Coen Tirelli, segretario dell’Anaao Lazio, denunciava che in Regione non c’era ancora alcuna indicazione sulla gestione delle vaccinazioni anti-Covid e che si navigava a vista. A distanza di quasi due mesi e con una campagna partita col botto, almeno sul fronte dei numeri, ma presto sospesa o ridotta per mancanza di dosi, Tirelli solleva ancora diverse criticità, a partire dai liberi professionisti sanitari che non sono ancora stati vaccinati.

– Dottor Coen Tirelli, ma non c’era un accordo con l’assessore alla Sanità del Lazio, Alessio D’Amato, per proteggere anche tutti i sanitari della libera professione?

“Esatto, c’era. Dall’Ordine dei medici di Roma, di cui faccio parte come tesoriere del Consiglio direttivo, è stato inviato un elenco alla Regione oltre dieci giorni fa, ma non hanno mai chiamato i sanitari professionisti. A Roma ci sono circa 16mila liberi professionisti non vaccinati, di cui 6.000 odontoiatri: il problema è che queste persone sono nel circuito sanitario perché esercitano e sono a contatto con i pazienti. È incredibile che si vaccinino gli 80enni senza finire la prima fase della campagna che riguarda i sanitari. Dalla Regione ci hanno sempre rassicurato che questi professionisti avrebbero ricevuto la somministrazione, ma ormai temo non sarà così”.


Ci sono ancora medici, infermieri e personale sanitario nelle Rsa che non hanno ancora fatto il vaccino perché contrari?

“Ci sono purtroppo diversi sanitari che non si sono presentati all’appuntamento per la seconda dose, per paura delle reazioni o scetticismo sull’efficacia. Parliamo di una porzione di popolazione sanitaria consistente, andrebbero sollecitati, ricordando loro che con una sola dose non sono immunizzati“.

– Qualche mese fa lei si espresse sulla obbligatorietà del vaccino per i sanitari, sostenendo che per l’obbligo del vaccino ai sanitari serve la legge. Filippo Anelli, presidente delle Federazione nazionale degli Ordini dei medici, ha detto, in un’intervista, che esistono tre leggi, la 81 sulla sicurezza del lavoro, la 24 del 2017 e l’articolo 129 del decreto legislativo 106 del 2009. Ognuna di queste norme, sostiene Anelli, impone la tutela dei lavoratori da parte del datore di lavoro, pertanto i sanitari che non fanno il vaccino non possono esercitare. Cosa ne pensa?

“Credo che il Presidente Anelli abbia pienamente ragione, ma è molto difficile mettere in atto l’obbligo in questo modo, non possiamo allontanare dal lavoro questi colleghi. Ad oggi farei una legge che obbliga tutti alla somministrazione, ripetendo quanto fatto per la poliomielite: queste persone se si ammalano non andrebbero curate teoricamente, ma non si può, è eticamente fuori discussione. Sarebbe interessante sapere come si muovono gli altri Paesi, per capire come agire anche in Italia. Per il momento sono abbastanza soddisfatto per i medici iscritti all’Anaao, che sono tutti vaccinati. Poi ci sono una serie di persone che non andavano vaccinate perché personale non a contatto con il pubblico nel sistema sanitario, ma non ci sono regole chiare in questo Paese”. – Una legge nazionale renderebbe tutto più chiaro? “Vediamo con il nuovo governo, speriamo in un politico al ministero della Salute, perché una scienziata o uno scienziato, per quanto straordinari, non sarebbero in grado. Ci vuole qualcuno che resti con i piedi per terra, chi si sia occupato di sanità pubblica”. 

– Torniamo al livello regionale: il sistema di vaccinazione messo in atto dal Lazio funziona?

“È lentissimo, direi che funziona poco. Il coinvolgimento dei medici di base dovrebbe essere già partito, con la somministrazione di Astrazeneca agli under55. Ma anche l’approvvigionamento dei vaccini andrebbe rivisto: lo Sputnik è ottimo rispetto ad AstraZeneca, poiché gli scienziati russi hanno cambiato il vettore virale nella seconda dose che risulta ora potenziato e più efficace rispetto alla capacità del nostro sistema immunitario di rispondere con la produzione di anticorpi. Ma lo Sputnik non lo abbiamo. E trovo assurdo, tuttavia, che continuiamo ad avere multinazionali con brevetti che gli Stati non acquisiscono secondo un principio sacrosanto di proprietà intellettuale. Guardiamo ancora all’esempio del vaccino per la poliomielite, un grande successo nel debellare un’epidemia del secolo scorso: Sabin rinunciò alle royalties, in questo modo il vaccino è stato commercializzato in tutto il mondo”.

– La prima ondata è stata un evento straordinario, la seconda sembra rivelarsi un disastro annunciato. Al centro c’è stata la mancata medicina del territorio. Una questione che si pone anche per il Lazio?

“Anche la nostra sanità regionale è ospedalo-centrica, il lavoro dei medici di famiglia in questa situazione non basta, il territorio non riesce a determinare dei ‘path’ di cura, se il cittadino sta male va ancora in ospedale”.

– La proposta di Anaao di creare una task force in grado di contribuire alle scelte di sanità regionale non è mai stata presa in considerazione dall’assessorato alla Sanità?

“Non è mai stata costituita e anzi il rischio è che i contratti per i sanitari, stipulati durante la prima fase dell’emergenza Covid e che scadono ad aprile, non vengano rinnovati. Parliamo di un migliaio di persone nel Lazio. Così non andiamo lontano”. 

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