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Salvini e i 31 ‘cazzotti’ presi a Lecco, la Lega ad un bivio

L'editoriale di Nico Perrone per DireOggi

Pubblicato:08-10-2020 15:05
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 20:01

matteo salvini
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ROMA – “Abbiamo perso a Lecco per 31 voti, una sconfitta in casa fa male”, ha detto Matteo Salvini, leader della Lega, commentando l’ultima tornata elettorale dove il Carroccio non ha proprio brillato, anzi ha perso significative sfide anche in altre importanti città del Nord. Ma sono quei 31 voti che suonano come ‘cazzotti’, fanno male perché sono il chiaro segnale che qualcosa si è rotto nel rapporto con l’elettorato storico, che ha preferito starsene a casa, far vincere l’avversario per soli 31 voti appunto. La Lega ormai è a un bivio. Giancarlo Giorgetti, rimasto in silenzio per molto tempo, analizzato il risultato, fatto un po’ di conti, è tornato a parlare. Chiedendo al leader, faccia a faccia, di tornare a fare politica, di smetterla con la perenne battaglia elettorale. Per quelli che si occupano di politica da sempre Giorgetti rappresenta l’altra idea di Lega, quella che vuol stare dentro le istituzioni per governare, non restare all’opposizione per decenni. E tornare a fare politica, per chi conosce Giorgetti, significa che la Lega deve innanzitutto superare, mettere da parte, il suo spirito anti-europeo. Spostarsi più al centro, come ha più volte ripetuto, schiacciando Giorgia Meloni sulla destra. E tornare a far politica, per chi ha parlato con Giorgetti, significa cercare in ogni modo di far cadere il Governo Conte e l’alleanza che lo sostiene, rimescolare tutto e dare alla luce un governo di unità nazionale guidato da Mario Draghi, l’unico in grado di gestire i mesi difficili che abbiamo di fronte, di garantire che i 209 miliardi dall’Europa arriveranno per davvero e che saranno ben spesi per rilanciare il paese e non lasciati nei cassetti inutilizzati.

Sul fronte del centrosinistra, invece, la grana più grossa riguarda Roma, con le comunali in primavera per eleggere il sindaco. C’è stallo, il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, più volte ha chiesto ai big di scendere in campo. Appello finora non raccolto. La situazione già complicata rischia di esserlo di più perché ci sono già sette candidati, da Caudo a Cirinnà, da Ciaccheri ad Alfonsi, che si sono fatti avanti e che stanno già organizzandosi per le primarie. La sindaca uscente, Virginia Raggi si è già ricandidata, spiazzando il M5S, che adesso non può metterla fuori. Quindi? L’unica soluzione, nonostante i suoi ripetuti ‘no’, ruota attorno alla candidatura di David Sassoli, al momento presidente del Parlamento europeo, molto gradito in Vaticano in vista del Giubileo del 2025. Con Sassoli ci sarebbe un solo candidato del centrosinistra, ed anche Carlo Calenda probabilmente lo appoggerebbe. Alla peggio, se non dovesse vincere subito, sarebbe sicuramente lui ad andare al ballottaggio con il candidato del centrodestra. E come si è visto in queste ultime elezioni regionali e comunali, al secondo turno vincerebbe alla grande grazie anche al voto utile dell’elettorato ‘grillino’. Tutti dicono che la partita sarà giocata dai ‘piccoli’ locali, per me ci sarà Sassoli. Perché guardando sempre in basso, alla fine, ci si deforma la spina dorsale, mentre oggi serve schiena dritta.


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