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ROMA – “In Italia c’è una copertura vaccinale ancora troppo bassa nei confronti del papillomavirus, oltre che una grande confusione su questo tema. Alcuni genitori dicono: ‘Mio figlio sicuramente non fa ancora certe cose e aspetterò che cresca per farlo vaccinare’, ma questo atteggiamento è assolutamente sbagliato, noi abbiamo il dovere di proteggerli prima”. Così il dottor Guido Castelli Gattinara, pediatra infettivologo presso l’Istituto per la Salute dell’ospedale Bambino Gesù di Roma e presidente della Società Italiana di Infettivologia Pediatrica (SITIP), nel corso di un’intervista sul rischio infezione da HPV negli adolescenti rilasciata alla Dire. “Questa vaccinazione va iniziata e fatta nell’adolescenza- ha proseguito- bisogna dare dei messaggi molto chiari e forti in questo senso”.
Il vaccino contro il papillomavirus è raccomandato “dai 12anni in su– ha spiegato l’esperto- cioè quando i ragazzi o le ragazze non hanno ancora avuto l’opportunità di infettarsi con questo virus perché adolescenti”. Il vaccino fatto nei soggetti non infetti, infatti, previene l’infezione “e soprattutto la degenerazione neoplastica indotta da questi virus“. Si tratta di un vaccino intramuscolo, somministrato in due dosi distanziate di almeno sei mesi, che “può essere fatto a partire dai 9 anni fino ai 18, ma che è raccomandato anche nelle donne fino ai 27 anni”. Non esistono intanto sorveglianze specifiche su quanti adolescenti abbiano acquisito l’infezione da papillomavirus, “anche perché- fa sapere Castelli Gattinara- molti giovani di sesso maschile hanno cominciato ora a vaccinarsi e sta cambiando l’epidemiologia di questo virus”.
Quello che si sa, sicuramente, è che “sono aumentati gli adolescenti vaccinati contro l’Hpv“, un virus che si trasmette per via sessuale e che ha la caratteristica di modificare in parte il genoma di alcune cellule e di dare una degenerazione neoplastica. Secondo Castelli Gattinara, il vaccino contro il papillomavirus è dunque “molto importante, un tempo- ha spiegato il pediatra infettivologo- era raccomandato solo alle adolescenti di sesso femminile perché si pensava che dovesse prevenire essenzialmente il tumore del collo dell’utero, poi invece è stato visto che con l’inizio della vaccinazione il numero di donne che sviluppavano questo tumore calava e aumentava invece quello dei maschi“. Il virus infatti può colpire la mucosa genitale sia maschile sia femminile, per questo da qualche anno è stato raccomandato e reso disponibile anche a tutti i ragazzi maschi, poiché è un virus che si trasmette per via sessuale.
“Ormai in letteratura esistono dati- ha proseguito Castelli Gattinara- che ci dicono che il tumore nei maschi, come quello dell’epitelio genitale o del cavo orale (faringe/laringe), sono in forte aumento a fronte di un grande calo invece nelle donne, le quali hanno iniziato per prime a vaccinarsi contro il papillomavirus. Le donne regolarmente fanno anche il pap test, un altro sistema di controllo, per cui in ogni caso riescono ad intercettare lesioni cellulari iniziali non ancora degenerate in carcinoma e quindi a trattarle e curarle prima che queste modifiche del tessuto epiteliale possano sviluppare il tumore vero e proprio”. Mentre un tempo, invece, il tumore del collo dell’utero era “uno dei più frequenti nelle giovani donne– ha sottolineato l’esperto- e oltre nel 90% dei casi era determinato dall’infezione da papillomavirus, per cui come è noto è stato creato un vaccino contro i 4 ceppi più oncologici, poi allargato ad altri ceppi che provocano diverse infezioni ai genitali come le verruche”.
Attualmente in Italia è a disposizione un vaccino che copre 9 ceppi di papillomavirus. Tra i fattori di rischio del papillomavirus anche il tumore alla gola, di cui in questi giorni si è parlato dopo la confessione affidata ai social del conduttore tv Daniele Bossari, colpito proprio da questa malattia. “La mucosa orale faringea può essere infettata dal papillomavirus e dare anche una degenerazione neoplastica a livello testa-collo“, ha spiegato ancora il presidente della Società Italiana di Infettivologia Pediatrica. Ma quanto tempo può rimanere latente il papillomavirus? “Anche per molti anni- ha risposto Castelli Gattinara– non è detto che immediatamente determini una degenerazione neoplastica; alcune volte può ‘risvegliarsi’ o moltiplicarsi oppure scomparire da solo, ha una grande variabilità di manifestazioni. L’importante è evitare di prenderselo perché poi è difficile debellarlo, non esistono terapie specifiche per eliminarlo“.
In conclusione, ci sono malattie a trasmissione sessuale che colpiscono molto anche i giovani, anche perché “sicuramente l’età dell’inizio dell’attività sessuale è andata man mano abbassandosi nel tempo, è un fatto sociale- ha sottolineato- e di conseguenza l’insorgere delle malattie a trasmissione sessuale. Tra queste non solo il papillomavirus, ma anche tante altre, compreso l’Hiv, una malattia sempre presente nel mondo che si cura ma dalla quale non si guarisce e che mantiene la sua pericolosità. Ecco perché i pediatri raccomandano le vaccinazioni ma anche l’educazione al comportamento sessuale, a partire dai 9 anni di età”, ha concluso.
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