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La tragedia di Marcinelle ha ancora vittime senza nome: la storia della miniera in cui persero la vita 262 operai

Ancora tante le persone non indentificate nel disastro dell'8 agosto 1956. L'ultimo riconoscimento risale al 25 marzo di quest'anno

Pubblicato:08-08-2024 14:09
Ultimo aggiornamento:08-08-2024 14:35

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ROMA – È il 25 marzo di quest’anno quando il quotidiano belga Dh Net in un articolo indica in Rocco Ceccomancini la terza delle 14 vittime rimaste ancora senza un nome del disastro di Marcinelle, avvenuto l’8 agosto del 1956. Rocco, 19enne di Turrivalignani, in provincia di Pescara, viene identificato grazie ad un’analisi del Dna effettuata dall’Institut national criminalistique et de criminologie (Incc) del Belgio.

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Le ricerche furono avviate con i prelievi al cimitero di Marcinelle, località belga facente parte del comune di Charleroi, che si protrassero dal 4 ottobre del 2021 al 5 aprile del 2023 su richiesta dei familiari di un’altra delle vittime della tragedia, Francesco Cicora, che mai si sono rassegnati alla non identificazione del padre. Al 2023 risalgono gli altri due riconoscimenti: quello del francese Oscar Pellegrims e quello di Dante Di Quilio.


IL DISASTRO

Quando il 5 aprile del 2023 la stessa testata belga rivela i due nomi, si parla apertamente di uno dei cold case “noir” più antichi del Paese. Dante era nato ad Alanno, altro centro del pescarese, il 10 novembre del 1928. Era emigrato da Manoppello per necessità, lasciando a casa moglie e due figli. È proprio comparando il Dna della figlia che l’Incc belga è riuscito a riconoscerlo. Oggi, giovedì 8 agosto, si celebra la ‘Giornata nazionale del sacrificio del lavoro italiano nel mondo’ e si ricorda il disastro di Marcinelle con la strage nella miniera di carbone di Bois du Cazier dove persero la vita 262 lavoratori sulle 275 persone presenti. Ben 136 erano immigrati italiani provenienti da 13 regioni diverse. Oltre venti quelli partiti da Manoppello (Pescara). Ed è l’Abruzzo ad aver pagato il maggior tributo di vite in quella che viene considerata una delle tragedie sul lavoro più gravi del secolo scorso. 

LA FONDAZIONE

Una ferita mai rimarginata, quella di Marcinelle, tanto che la Regione Abruzzo ha istituito, con una legge approvata dal Consiglio regionale il 27 dicembre del 2023 ed entrata in vigore lo scorso 11 gennaio, la Fondazione in memoria della tragedia di Marcinelle, la Marcinelle dueseidue, con sede proprio a Manoppello. Una legge per non dimenticare che all’articolo 1 recita: “La Regione Abruzzo, quale Regione italiana che ha pagato il prezzo più alto nella tragedia nella quale persero la vita ben sessanta minatori abruzzesi, intende altresì preservarne il ricordo al fine di evidenziare la perenne attualità del monito a tutela dei lavoratori di ogni nazionalità che dalla stessa deriva”. Ma quella della miniera di carbone belga non è l’unica tragedia che ha visto perire nelle viscere del sottosuolo immigrati italiani. Sono infatti da ricordare altri due incidenti minerari che, in termini di vittime, sono stati molto più gravi di quello di Marcinelle. Appartengono entrambi alla storia della modernizzazione statunitense e sono quello di Monogah, nella Virginia occidentale, del 6 dicembre 1907, dove persero la vita 950 minatori; e quello di Dawson del 22 ottobre del 1913, quando un’esplosione disintegra la miniera numero 2 uccidendo 263 minatori. A Monogah restarono uccisi molti immigrati italiani: il loro numero è imprecisato, come sconosciuti sono rimasti la maggior parte dei loro nomi perché all’epoca non tutti i dipendenti venivano annotati nei registri delle imprese. A Dawson gli italiani che non rividero la luce furono ben 146.

MATTARELLA E TAJANI

Lo scorso anno, in occasione del 67esimo anniversario della tragedia di Marcinelle e della 22esima Giornata nazionale del sacrificio del lavoro italiano nel mondo, in un messaggio a “Sua Maestà la Regina Paola, ai membri della Famiglia reale e alle autorità belghe e italiane” il presidente della Repubblica Sergio Mattarella scrisse che i 136 minatori che persero la vita “con il loro operato hanno contribuito a promuovere i più alti valori sociali e culturali che animano la Costituzione repubblicana e la stessa Casa comune europea, a cominciare dal diritto al lavoro… di tutti i lavoratori, ovunque essi si trovino, quale che sia la loro nazionalità, per prevenire e sanare inaccettabili forme di marginalizzazione”. Nella medesima occasione, ricordando che “la commemorazione di Marcinelle è innanzitutto per tutti noi il dovere della memoria”, il vicepresidente del Consiglio e ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale Antonio Tajani sottolineò come “la tragedia di Marcinelle ha avuto un ruolo cruciale nel gettare le fondamenta dell’Europa di oggi e della cittadinanza europea, ispirata ai valori condivisi del rispetto per la dignità umana, dell’uguaglianza, della democrazia e della libera circolazione dei lavoratori. Valori che oggi, più che mai, sono indispensabili per affrontare insieme le sfide globali e assicurare pace, stabilità, sicurezza, crescita economica, prospettive per i giovani”.

L’ACCORDO ‘UOMO-CARBONE’

Ed è proprio sulla scia di un patto europeo tra Italia e Belgio che tanti italiani si ritrovarono oltralpe a lavorare nelle miniere, anche in quella di carbone di Bois du Cazier. Era da poco finita la guerra, era il 1946, e il governo italiano di Alcide De Gasperi stipulò un accordo “uomo-carbone” per l’invio di 50mila minatori per coprire il fabbisogno di manodopera nelle miniere belghe in cambio del prezioso combustibile fossile. L’accordo prevedeva alloggi e corsi di formazione ma le condizioni per gli italiani si rivelarono ben presto precarie, tra discriminazioni e carenze igienico sanitarie.

Quelli che si ricordano oggi, insieme a 95 belgi, 8 polacchi, 6 greci, 5 tedeschi, 3 ungheresi, 3 algerini, 2 francesi, 2 sovietici, un britannico e un olandese, sono vittime di una strage rimasta senza colpevoli. A nulla o quasi è servito il Rapport d’Enquête, ovvero il report investigativo reso pubblico nel giugno del 1957. Un racconto dettagliato al minuto, una cronistoria agghiacciante dei fatti di quell’8 agosto del 1956, che si apre alle 07:56 con le normali operazioni dei minatori al livello 975 metri e si chiude con un “verso le 15:00” con la scoperta di tre sopravvissuti. Il rapporto di inchiesta si chiuderà il 22 agosto, alle 3 di notte, quando al termine dell’ennesima spedizione di salvataggio dopo la risalita, uno dei partecipanti dichiarò in italiano: “Tutti cadaveri”.

IL PROCESSO

Il processo di primo grado si svolse a Charleroi dal 6 maggio al primo ottobre 1959. In aula fu battaglia a colpi di perizie tecniche di difficile interpretazione per i non addetti ai lavori. Alla fine i 5 imputati furono assolti, ma in appello, dinanzi la XIII Camera di Bruxelles, una sola condanna fu pronunciata, quella dell’ingegnere capo Adolphe Calicis, condannato, riportano le cronache, a 6 mesi con la condizionale e a 2mila franchi belgi di multa.

La società Bois du Cazier venne condannata a pagare una parte delle spese e a risarcire, per circa 3 milioni di franchi, gli eredi delle sole vittime, due, che non erano loro dipendenti.

La fine della vicenda giudiziaria arriva il 27 aprile 1964 con un accordo tra le parti. L’unica cosa certa dell’intera tragedia di Marcinelle fu che la morte dei minatori presenti a Bois du Cazier, oggi sito protetto, sede di un Museo, e inserito nel patrimonio Unesco insieme ad altri siti della Vallonia, è da attribuire all’incendio causato dalla combustione di olio ad alta pressione innescata da una scintilla elettrica. Una semplice scintilla che spense per sempre i sogni e le speranze di 262 operai, molti dei quali migranti per necessità.

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