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I Colosseum chiudono la terza edizione del ‘Porretta Prog Festival’

Tra "vecchio e nuovo" la serata di ieri ha fatto scintille

Pubblicato:08-08-2022 13:07
Ultimo aggiornamento:08-08-2022 13:07
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Porretta-Prog-Festival
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BOLOGNA – Con una serata decisamente più rocckeggiante delle precedenti (i Gong e le canzoni di Robert Wyatt interpretate da una formazione di musica da camera) si è conclusa ieri la terza edizione del Porretta Prog Festival, ad oggi una delle rare manifestazione italiane stabili dedicate al progressive. In scena, per la gioia di appassionati arrivati da tutta Italia, i Colosseum, vale a dire una delle band di riferimento del genere, tra tutti i capostipiti (Yes, Genesis, EL&P, Canterbury…..), certamente quella che ha più inserito nel suo dizionario elementi di blues e jazz su basi di rock venato di sinfonicità.

Concerto entusiasmante, con i tre “vecchi” della band, vale a dire il vocalist Chris Farlow (82 anni), il bassista Mark Clark (72 anni) e il chitarrista Dave “Clem” Clempson (73 anni) in splendida forma, a trascinare il pubblico in una serata che ha tentato di legare i classici della band con titoli dal nuovissimo album, Restoration.

Bello il concerto, ma forse l’operazione di “miscela” è riuscita solo in parte, perché troppo forte è sembrato il divario tra i vecchi cavalli di battaglia (Lost Angeles, Walking in the Park) e i nuovi brani (Hesitation, Story of the blues, Need Somebody). Ottima la produzione recente, evidentemente pervasa di un soverchiante rock-soul feeling, ma è risultato lampante che già le prime note di organo di Valentyne Suite o il riff magico di Lost Angeles, una della grandi canzoni firmate da Dave Greenslade, tastierista dal tocco magico (per altro figlio di un compositore e direttore d’orchestra) hanno portato il pubblico in un altro pianeta sonoro.


Inutile forse dire che Valentyne Suite, suite di 20 minuti che ha consegnato la band alla storia nel lontano 1969, è stata il centro dello show in quella sua alternanza tumultuosa di parti liriche e di aggressività elettrica, con citazioni classiche da Bach a Stravinskij. Strano pensare che gli autori di quel brano non siano più in scena, vuoi perché ritirati (appunto Greenslade), vuoi perché non più tra noi (il fondatore della band e maestro di tutti i batteristi Jon Hiseman e Dick Heckstall-Smith, immenso ai fiati in tutti i primi dischi dei Closseum).

Nonostante un certo sbilanciamento tra “vecchio e nuovo” la serata ha fatto scintille. Sornione e ironico, Farlowe ha guidato il concerto come sa fare un glorioso animale da palco, visto che i suoi esordi sulla scena risalgono ai primi anni ’60. Mark Clark ha mostrato di essere un bassista e cantante (oltre che autore) tuttora ispirato, mentre Clempson ha confermato quello che già si sa: è uno dei più grandi chitarristi del rock, spesso sottovalutato, da moltissimi neppure conosciuto. I nuovi compagni di viaggio danno il loro contributo con puntualità: alla batteria c’è in realtà Malcolm Mortimore, non un novellino visto che era già ai tamburi dei Gentle Giant, mentre i due “nuovissimi” – il sax di Kim Nishikawara e le tastiere di Nick Steed – fanno il loro mestiere, con forse un plauso in più per il fiatista. L’età non conta, ma vista l’anagrafe, potrebbe essere stata ieri una delle ultime esibizioni dei Colosseum nel nostro Paese: in quel caso la data di Porretta (con un applauso ai due folli che hanno messo in piedi il Festival, Guglielmo Bernardi e Marco Coppi) è coronamento elettrizzante di una carriera che ormai è lunga oltre 50anni.

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