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Migranti, Amnesty accusa: “Ue, Italia e Malta responsabili delle morti in mare”

De Bellis (ricercatore): "Collusi coi libici che violano diritti umani"

Pubblicato:08-08-2018 13:17
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 13:27

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ROMA – “I governi europei colludono con le autorità libiche per fermare rifugiati e migranti in Libia, a dispetto delle orribili violazioni che questi affrontano nelle mani della Guardia costiera libica e nei centri di detenzione in Libia. I progetti di estendere questa politica di esternalizzazione in altri paesi sono profondamente preoccupanti”: lo dichiara Matteo de Bellis, ricercatore su asilo e migrazioni di Amnesty International. La ong in un report di 27 pagine dal titolo ‘Tra il diavolo e il mare blu profondo. I fallimenti dell’Europa su rifugiati e migranti nel Mediterraneo centrale’ punta il dito contro l’Europa per le morti in mare: “Nonostante il calo del numero di persone che cerca di attraversare il Mediterraneo negli ultimi mesi- si legge ancora-, il numero dei morti in mare è salito. La responsabilità per il numero crescente di vittime ricade sui governi europei che sono più preoccupati di tenere le persone fuori piuttosto che salvare vite umane”. De Bellis ha affermato ancora: “Le politiche europee hanno autorizzato la Guardia costiera libica a intercettare le persone in mare, tolto la priorità ai salvataggi e ostacolato il lavoro vitale delle Ong di salvataggio. Il recente aumento di le morti in mare non è solo una tragedia: è una vergogna”.

Le recenti politiche migratorie europee per Amnesty hanno avuto un “impatto devastante“: tra giugno e luglio 2018 “hanno portato ad almeno 721 morti in mare”. Inoltre “l’impennata nel numero degli affogati è stata accompagnata da un drammatico aumento del numero delle persone arbitrariamente trattenute in centri di detenzione sovraffollati in Libia. Il numero dei detenuti è più che raddoppiato negli ultimi mesi, passando dai 4.400 di marzo ai più di 10.000 – fra cui 2000 donne e bambini – della fine di luglio. Praticamente tutti sono finiti nei centri dopo essere stati intercettati in mare e riportati in Libia dalla Guardia costiera libica, che è equipaggiata, formata e appoggiata dai governi europei”. Quindi, Amnesty international punta il dito direttamente contro Italia e Malta. Secondo l’ong, a fronte dell’incapacità dell’Unione europea di riformare il Regolamento di Dublino, “l’Italia ha iniziato a chiudere i porti alle navi che trasportavano persone soccorse. Questa nuova politica- si legge nella nota di Amnesty- è destinata alle barche delle Ong, alle imbarcazioni commerciali, e anche alle navi delle marine straniere. Ingiustificati ritardi per lo sbarco hanno costretto persone con bisogno di assistenza urgente – fra cui feriti, donne incinte, sopravvissuti alla tortura, persone traumatizzate da naufragi e minori non accompagnati – a rimanere in mare per molti giorni”.

Il ricercatore Matteo de Bellis ha quindi osservato che “in questo spietato rifiuto di concedere a rifugiati e migranti di sbarcare nei porti, l’Italia sta usando le vite umane come pedine di scambio. Persone disperate sono state lasciate in mare con cibo, acqua e riparo insufficienti, mentre l’Italia tenta di aumentare la pressione politica per ottenere una condivisione di responsabilità con altri stati europei. E oltre a tutto questo, le autorità italiane e maltesi hanno calunniato, intimidito e criminalizzato le eroiche Ong che cercano di salvare vite in mare, hanno negato alle loro barche il permesso di sbarcare e le hanno anche sequestrate”, ha concluso de Bellis.


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