NEWS:

VIDEO | Coronavirus, Ami: “Per la Fase 2 smart working, mobilità sostenibile e no corsa alla plastica”

Il monito di Ami (Ambiente Mare Italia): "La plastica monouso non può essere diffusa con la scusa del coronavirus", dice il presidente Alessandro Botti

Pubblicato:08-05-2020 17:53
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 18:17

FacebookLinkedInXEmailWhatsApp

ROMA – Smart working, mobilità sostenibile e uso responsabile della plastica. Sono questi i pilastri della ripartenza per l’associazione Ambiente Mare Italia (Ami), che, a pochi giorni dall’inizio della fase 2, rinnova il suo appello a “ispirarla ad un modello di sviluppo nuovo e più ecocompatibile“. A dirlo è il presidente di Ami, Alessandro Botti, che in un’intervista all’agenzia di stampa Dire spiega come sia necessario “renderci conto che la nostra vita finora è stata ispirata a principi economici malati che sono in stretta connessione con un decremento del valore qualitativo dell’ambiente e del rapporto dell’uomo con la natura e, conseguentemente, anche con l’insorgenza del virus e di queste malattie periodiche”.

Conciliare “progresso economico e ricchezza con l’ambiente“, per Botti, è il paradigma da cui ricominciare, alla luce delle “competenze acquisite con il lockdown”. Come la capacità di lavorare in “smart working”, che, come dimostra “un recente studio pubblicato dall’Enea e basato su 29 amministrazioni pubbliche e sull’esperienza di 5.500 cittadini lavoratori”, permette di “risparmiare tempo e dedicarlo alla famiglia“, di lavorare ottenendo “una maggiore qualità e quantità in termini economici” e, allo stesso tempo, fare in modo che “l’incremento dell’inquinamento sia minore“.


E allora sì allo smart working durante la fase 2 “ma anche dopo“, e sì all’incentivazione della mobilità sostenibile. “Già dai primi giorni della fase 2 stiamo vedendo come la mobilità individuale sia la forma prescelta da molti cittadini: questo è un disvalore sicuramente, ma è comprensibile”, osserva Botti.

Complice la paura del contagio e l’apertura delle zone a traffico limitato in molte città Roma in testa, infatti, potrebbe aumentare il numero di persone che per i propri spostamenti quotidiani sceglierà l’automobile. È proprio questo rischio che, per Ambiente Mare Italia, va scongiurato. “Il Governo, lo Stato e tutti noi dobbiamo sollecitare una maggiore attenzione delle amministrazioni pubbliche nei confronti di una mobilità più consapevole e responsabile”, a partire da “un’incentivazione della mobilità elettrica individuale- sottolinea Botti- l’efficientamento del trasporto pubblico, la diffusione e l’implementazione della mobilità elettrica e delle fonti di ricarica, e, finalmente un piano nazionale per la mobilità ciclabile e pedonale nelle nostre città”.

L’invito è a guardare all’Europa, ad “Helsinki, che ha deciso entro il 2025 di eliminare i mezzi privati, o Lubiana, con le sue piste ciclabili”. Esperienze non replicabili fedelmente nelle metropoli del Belpaese, ma che possono essere prese come “modelli a cui ispirarsi”.

Soprattutto, il coronavirus “non deve essere una scusa per l’industria della plastica monouso per una ripartenza ai danni della natura“, avverte il presidente di Ami. Si moltiplicano, infatti, gli appelli delle associazioni ambientaliste ad “evitare di disperdere le nostre mascherine e i guanti nell’ambiente”, perchè il rischio concreto, sostiene Botti, è quello di creare un “nuovo disastro ambientale“. La sfida, quindi, è “saper conciliare protezione sanitaria e sostenibilità”, e ancora una volta il faro deve essere “la scienza. La plastica è una risorsa importante per i presidi medici, per i contenitori sterili e dobbiamo valorizzarne l’uso- sottolinea il presidente di Ambiente Mare Italia-. Ma l’uso che se ne fa, soprattutto per quella usa e getta, non ce lo possiamo permettere. Noi lo diciamo continuamente ed è questo il momento di ripeterlo con forza, perché la plastica monouso non può essere diffusa con la scusa del coronavirus, perdendo tutti quei successi che le associazioni, l’ambientalismo, la sensibilità nei confronti della natura hanno acquisito in questi ultimi anni”. La chiave è comprendere “quali sono gli usi migliori che possiamo fare di questi materiali. Recenti ricerche ci hanno detto che il virus rimane sulla plastica e sull’acciaio fino a sei-otto giorni, mentre sul cartone e la carta solo 24 ore. Ci dicano gli scienziati se questo è vero- conclude Botti- ce lo confermino, perché dobbiamo comprendere se le nostre zucchine, le nostre mele o altri alimenti possono essere contenuti nel polistirolo e nella plastica, o, più efficacemente, devono essere venduti senza involucri di plastica”.

Le notizie del sito Dire sono utilizzabili e riproducibili, a condizione di citare espressamente la fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo www.dire.it