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VIDEO | Tunisia, Rebai (Euromed Rights): “Basta muri, l’Unione europea agevoli i visti”

A parlare con la Dire è Lilia Rebai, direttrice del Dialogo con la società civile nella regione euro-mediterranea

Pubblicato:08-05-2019 17:43
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 14:26

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ROMA – “La situazione per i migranti è inquietante. Oltre alle persone che annegano nel Mediterraneo, sono tanti anche i tunisini che vorrebbero venire in Europa, ma ottenere un visto è quasi impossibile. L’Ue fa accordi economici con la Tunisia, vuole prodotti e servizi, ma mette un muro alla mobilità delle persone”. A parlare con la ‘Dire’ è Lilia Rebai, direttrice del Dialogo con la società civile nella regione euro-mediterranea per il network EuroMed Rights. 

“Presto si terranno le elezioni, sia in Europa che in Tunisia. È importante che, nell’ambito degli Accordi di partenariato in essere Ue-Tunisia, o in quelli in via di definizione, la società civile possa avanzare proposte volte a rimettere al centro i diritti umani. Noi lavoriamo su questo”. In un Paese dove la disoccupazione tocca il 15%, avverte l’esperta, “bisogna facilitare le procedure per ottenere il visto, riducendo i costi e aumentando i criteri di eleggibilità. O c’è chi continuerà a scegliere i barconi”.


I problemi, spiega Rebai, sono vari: “Tra i criteri di eleggibilità, ci sono le categorie professionali. Chi possiede un profilo accademico e/o professionale elevato è avvantaggiato, mentre chi non ne ha è tagliato fuori. Poi ci sono i costi: istruire la pratica costa 270 euro, cioé oltre 900 dinari tunisini”.

L’equivalente del salario medio mensile, a cui vanno ad aggiungersi le spese accessorie, “come i costi per tradurre tutta la documentazione, o le garanzie finanziarie richieste. Tantissime persone non riescono neanche a presentare la domanda, a molte altre invece viene respinta ma non siamo in grado di quantificarle perché i dati non sono pubblici”. La proposta quindi, suggerisce l’esperta, è “aumentare le categorie professionali, ridurre i costi e gli ostacoli finanziari, velocizzare le procedure e rendere i dati trasparenti”.

“Se l’Europa propone una liberalizzazione nello scambio di prodotti e servizi – dice Rebai – non può ignorare la barriera dei visti”. A maggio dello scorso anno, Federica Mogherini, Alto rappresentante dell’Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza aveva detto: “La Tunisia è per noi un partner privilegiato e potrà continuare a contare sul nostro pieno sostegno per accompagnarla in questo difficile periodo di transizione, che non è solo una transizione democratica ma anche una trasformazione socioeconomica”.

Occasione di queste dichiarazioni, la 14esima sessione del Consiglio di Associazione tra Bruxelles e Tunisi, che si era concluso con nuovi impegni per il periodo 2018-2020. “L’Ue e la Tunisia – si legge in una nota – hanno concordato priorità strategiche per il loro partenariato, che riguardano sviluppo socioeconomico inclusivo e sostenibile, democrazia, buona governance e diritti umani, nonché avvicinamento dei popoli, mobilità e migrazione, sicurezza e lotta al terrorismo”.

Ma per Kamel Jendoubi, presidente del Gruppo di esperti sulle prospettive future delle relazioni tra Tunisia e Unione Europea di EuroMed Rights, nonché ex ministro per le Relazioni con società civile e diritti umani, si è ancora fermi alle parole: “L’Ue persegue i propri interessi, lasciando fuori i diritti delle persone e lo sviluppo socio-economico del nostro Paese. Dopo la rivoluzione e la fine della dittatura, l’Europa ci ha sostenuto sulla strada della democrazia, ma in pratica ha eretto muri per bloccare i migranti con la scusa del terrorismo”.

Eppure secondo Jendoubi il “debito” del Vecchio continente con la Tunisia è ingente: “Tra il 2011 e il 2017 oltre 100mila tra ingegneri, medici e persone con profili professionali elevati hanno lasciato la Tunisia per venire in Europa. Bisogna riequilibrare questo rapporto”.

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