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VIDEO | Marta Branca: “L’Istituto Spallanzani di Roma è un ospedale aperto”

Intervista a Marta Branca direttrice generale l’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive ‘Lazzaro Spallanzani’

Pubblicato:08-05-2019 14:29
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 14:26
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ROMA – Esperta di contrattazione sanitaria, con un passato al Policlinico Umberto I e al San Filippo di Roma. E’ stata il primo commissario donna degli Ifo e da ottobre 2016 è direttore generale dell’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive ‘Lazzaro Spallanzani’. Marta Branca, all’agenzia Dire, ha raccontato la sua direzione generale e le novità che hanno trasformato l’Istituto che portava su di se’ uno “stigma” dovuto alla cura delle malattie infettive, Hiv in particolare, in un “ospedale aperto, dove si tengono anche iniziative culturali, musicali e sportive”.

OSPEDALE SPALLANZANI, CAMBIAMENTI E NOVITA’

La sua direzione ha portato infatti cambiamenti e novità. “Alcune mie decisioni hanno modificato degli assetti che erano in piedi da tempo- ha spiegato Branca- e i cambiamenti vengono sempre vissuti con preoccupazione e resistenza, ma poi, a parte i primi momenti di tensione, il clima nell’ospedale è sereno. Siamo una direzione che ascolta”. “L’ospedale unisce la ricerca scientifica all’assistenza dei pazienti. Ebola, Sars, Chikungunya, altre malattie tropicali, e anche tutte le patologie infettive, dall’Hiv all’epatite, sono la specificità dell’Istituto. La popolazione deve conoscere tutto quello che facciamo- ha spiegato la direttrice- siamo nella rete regionale sulle malattie infettive, abbiamo collaborazioni universitarie, ma anche umanitarie in Africa e un servizio dedicato alla medicina del viaggiatore”.


OSPEDALE SPALLANZANI, LUOGO DI SENSIBILIZZAZIONE E INFORMAZIONE

L’ospedale non è solo un luogo di cura, ma anche di sensibilizzazione e informazione. “Oggi grazie al fatto che l’Hiv è diventata una malattia cronica- ha spiegato Branca per citare un esempio- c’è meno attenzione rispetto agli anni 80 sui rischi di contagio ed è invece importante non abbassare la guardia. Con i nostri professionisti facciamo quindi sensibilizzazione con le associazioni dei pazienti ed eseguiamo i test rapidi anche fuori dallo Spallanzani”.

La stessa opera di sensibilizzazione avviene anche nell’ambito della medicina tropicale. “Non sono i migranti a portare le malattie- ha chiarito subito la direttrice dello Spallanzani- ma spesso queste persone le contraggono qui”. E ha aggiunto: “Siamo famosi per il nostro intervento sull’Ebola in Congo: un’epidemia che ancora non e’ finita”.

Un attacco del quotidiano ‘Il Tempo’ a gennaio 2018 parlava di uno Spallanzani fatiscente. “Non è assolutamente vero e non gradisco che le persone abbiano un’immagine dello Spallanzani che non corrisponde al vero- ha dichiarato Marta Branca, così come replico’ immediatamente all’articolo-denuncia di allora- L’ospedale è composto di padiglioni degli anni 30, ma sono ben tenuti. Il personale non ha turni massacranti e non c’è carenza di organico. Ho reagito con fermezza perché lo dovevo proprio al personale che ci lavora con dedizione”.

Marta Branca è da sempre molto attenta alla comunicazione. “Sui social si svolge la maggior parte dei contatti e per questo abbiamo fatto anche dei corsi di formazione ai primari e a tutti gli apicali dei reparti. Soprattutto quella sanitaria e’ una comunicazione delicata”. Con una carriera che l’ha portata a responsabilità e ruoli importanti, Marta Branca riconosce che “chi decide è sempre solo, e scontenta qualcuno”.Un dato che riguarda i capi, che siano uomini e donne. Si definisce “una donna fortunata e ambiziosa” e riconosce di “esser stata poco presente in casa quando le sue bambine erano piccole, perché- ha spiegato- dovevo dimostrare a tutti i costi quanto valevo. Questo mi ha portato a stare molto fuori di casa”. Grazie a una rete familiare che l’ha sostenuta ha potuto dedicarsi alla carriera professionale e “oggi- ha detto- sono contenta del percorso fatto. Per una donna è obiettivamente piu’ difficile la carriera, e la famiglia è solo una delle ‘difficoltà’. Per arrivare deve volerlo fortemente”.

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