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Niger, Simoncelli (APG23): “Tante crisi, serve un’Europa solidale”

Il Niger versa in una povertà estrema, ma le istituzioni concentrano tutte le loro forze sul blocco delle frontiere

Pubblicato:08-05-2018 10:43
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 12:51

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ROMA – “Il Niger versa in una povertà estrema, ma le istituzioni concentrano tutte le loro forze sul blocco delle frontiere: è il prezzo per ottenere la solidarietà dell’Ue. Ma quello che resta per la popolazione è del tutto insufficiente“. Questa la testimonianza di Laila Simoncelli, tornata da pochi giorni da una missione con la Comunità Papa Giovanni XXIII (Apg23) in un Paese crocevia dei migranti subsahariani. Una sorta di “viaggio al contrario, per stabilire legami di amicizia e inviare un messaggio di vicinanza alla popolazione”.

Avvocato volontario nell’equipe di accoglienza richiedenti asilo della Apg23, Simoncelli conosceva già il Niger “attraverso gli occhi di coloro che aiutiamo in Italia”. Ma con sé ha riportato l’immagine di un Paese preda di svariate crisi, non da ultimo quella alimentata dalle incursioni di jihadisti dalla Nigeria o dal Mali. Poi, la disoccupazione, i servizi pubblici carenti o del tutto assenti, e il traffico della prostituzione, una rete nella quale finiscono tante minori, anche straniere. Infine, il continuo flusso di migranti dai Paesi vicini. Ma dopo la crisi del 2015 e i recenti accordi tra i governi, “le vecchie rotte migratorie sono divenute impraticabili, le frontiere blindate dai pattugliamenti delle truppe e dei droni” dice Simoncelli. “Quindi queste persone sono costrette ad aspettare anche due o tre mesi per trovare un trafficante che le porti in Libia. Ormai però, sono rimasti solo i percorsi più pericolosi e i prezzi sono raddoppiati”.


Nelle periferie di Agadez Laila ne ha incontrati alcuni: “Abbiamo mostrato le foto dei naufragi e di chi ha subito violenze in Libia. Non tutti ne erano a conoscenza, e qualcuno è rimasto molto scosso. Ma la maggior parte ha confermato che partirà lo stesso. ‘Se torniamo a casa è morte certa. Vale la pena tentare’, ci hanno detto, poiché fuggono da guerre e persecuzioni”.

Tuttavia i circa 3mila o 4mila migranti che vogliono attraversare il Mediterraneo, di cui si interessano le cancellerie europee e che ora sono bloccati nelle città di transito, “sono una goccia rispetto alle centinaia di migliaia che hanno deciso di restare in Niger, e di venire in Europa non pensano affatto”, chiarisce Laila. A queste persone si aggiunge la massa di profughi interni.

“Penso alle migliaia di persone fuggite di recente dalla città di Zindan, preda degli assalti di Boko Haram, e che vivono in condizioni drammatiche. Nessuno li aiuta”. Perché, spiega la volontaria, “ai migranti stranieri provvedono Oim e Unhcr”, le agenzie Onu per i migranti e i rifugiati, che però “non hanno il mandato per sostenere anche gli sfollati interni”. Secondo Simoncelli, è necessario che “l’Europa, accanto alla solidarietà di interesse, per il blocco delle frontiere, ne affianchi una vera e gratuita rivolta alle istituzioni e verso i poveri e gli emarginati”. “Bisogna – conclude l’avvocato – fare un salto di qualità”.


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