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BOLOGNA – I dazi di Trump “non hanno finalità economiche”. Servono in realtà per “raggiungere un fine di natura politica e socio-culturale”, che punta ad avere una “Unione Europea che china il capo” e ad “andare oltre la democrazia”. Così l’economista Stefano Zamagni descrive la strategia del presidente degli Stati Uniti, che si è impegnato in una campagna di incremento verticale delle tasse sui prodotti importati negli Usa dall’estero. “La questione dei dazi, per quanto drammatica, è di una semplicità estrema– commenta Zamagni, questo pomeriggio a margine di un convegno in Cappella Farnese a Bologna- la guerra dei dazi non ha finalità economiche, come si continua a pensare. Non è che Trump ha introdotto i dazi perché vuole sistemare la bilancia dei pagamenti o del commercio estero. Chi dice questo dimostra di non sapere come stanno le cose”.
Secondo l’economista dell’Alma Mater, infatti, “i dazi sono uno strumento, che ovviamente giudico in maniera negativissima, per raggiungere un fine di natura politica e addirittura socio-culturale”. Gli Usa, spiega Zamagni, “ormai hanno capito che non hanno più il dominio, perché l’epoca dell’unilateralismo è finita. E quindi hanno bisogno di adottare una strategia per far sì che la Ue, chinando il capo, vada a chiedere loro aiuto. E lo strumento è elevare i dazi, perché dal punto di vista della scienza economica non c’è una ragione al mondo per giustificare una politica tariffaria di questo tipo”.
C’è poi l’aspetto socio-culturale della vicenda dei dazi voluti da Trump. In questo senso Zamagni cita “il manifesto scritto nel 2007 in California, firmato da Peter Thiel, intitolato ‘Manifesto per un capitalismo oligarchico’. Sono tre pagine agghiacciati, in cui si dice che l’obiettivo è andare oltre la democrazia, perché la democrazia non serve più allo scopo di garantire la crescita: è inefficiente e fa perdere tempo. Quindi bisogna dare le leve del comando a una oligarchia di super-esperti e di super-capaci. Ed è quello che stiamo vedendo”, segnala l’economista,
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