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ROMA – “Se non ci fosse stata la morte di Yvan Colonna probabilmente della Corsica non si sarebbe parlato quasi per niente in campagna elettorale, ma è andata diversamente. Del resto l’isola ha una forte impronta simbolica nell’immaginario francese e le proteste che vi sono avvenute dialogano in vari modi con quelle di altri territori del Paese, dalla Bretagna fino alla Guadalupe, oltreoceano”. A fare un punto sulla situazione in Corsica a due giorni dal primo turno delle elezioni presidenziali francesi è Carlo Pala, politologo della sede di Nuoro dell’università di Sassari.
Nell’isola, circondata dal mar Tirreno e distante appena 13 chilometri dalla Sardegna nel suo punto più vicino, prosegue da oltre mezzo secolo un movimento che vorrebbe maggiore autonomia dallo Stato centrale se non la totale indipendenza da Parigi, a sua volta ispirato da istanze che risalgono fino al 18esimo secolo. Fra gli anni ’70 e il 2014 le ragioni per l’autonomia o l’indipendenza corsa, anche sulla scia dei problemi creati dal trasferimento sull’isola di molti francesi che risiedevano nell’Algeria da poco indipendente, sono state portate avanti anche con la lotta armata, soprattutto a opera del Fronte di liberazione nazionale corsu (Flnc), che otto anni fa ha annunciato di aver deposto le armi. La regione è tornata al centro dell’attualità transalpina a partire dalla fine di marzo, quando l’omicidio in carcere per mano di un altro detenuto dell’ex leader indipendentista Colonna ha scatenato sospetti e accuse e soprattutto un’ondata di proteste, degenerate più volte in scontri.
Proprio oggi, riporta Pala, il ministro degli Interni di Parigi Gérald Darmanin “avrebbe dovuto incontrare il presidente del consiglio esecutivo corso Gilles Simeoni per iniziare a parlare della questione dell’autonomia”, come annunciato dallo stesso dirigente francese tre settimane fa, all’apice della mobilitazione sull’isola. Il ministro ha però “rinviato” la riunione visto che, come riferisce il quotidiano Corse Matin, le nuove manifestazioni e i nuovi scontri che si sono verificati fra domenica e lunedì “hanno determinato condizioni non favorevoli a un dialogo normalizzato” secondo il governo.
“Le proteste degli ultimi giorni si sono verificate nel capoluogo Ajaccio e a Bastia, davanti a una caserma della gendarmeria dove alcuni agenti avrebbero cantato a squarciagola la Marsigliese durante il funerale di Colonna, in un atteggiamento di sfregio“, spiega Pala in riferimento a un video divenuto virale dopo il 25 marzo, giornata in cui il feretro del militante è stato portato sull’isola e poi in corteo fino alla sua città natale, Cargese.
Secondo Parigi nelle ultime due settimane sono state organizzate 43 manifestazioni, quasi tutte finite in momenti di tensione, mentre i feriti sarebbero almeno 59. Circa un centinaio dall’inizio della mobilitazione secondo fonti corse.
L’omicidio di Colonna, arrestato nel 2003 e condannato all’ergastolo per l’omicidio del prefetto Claude Érignac, avvenuto cinque anni prima, è stato compiuto da un altro detenuto ritenuto fondamentalista islamico, “e ha attirato numerosi sospetti visto che le circostanze non sono chiare” afferma Pala. “Va tenuto in conto che il leader corso è stato strangolato per otto lunghi minuti, nonostante fosse un detenuto sottoposto a un regime speciale di controllo e per questo monitorato costantemente da due o tre secondini”.
Secondo il politologo sardo, esperto di movimenti autonomisti e del conflitto centro-periferia in Europa, l’omicidio in sè spiega poco del perchè di queste proteste, piuttosto da ricercare in quanto avvenuto negli ultimi anni fra Ajaccio e Parigi. “Nel 2014 l’Flnc ha affermato di aver rinunciato alla lotta armata in funzione di un clima cambiato sull’isola, e questo è stato poi dimostrato anche dal fatto che gli ultimi due governi regionali sono stati entrambi guidati da nazionalisti corsi”, premette Pala. “Quello che è emerso negli ultimi giorni però, come evidenziato anche da Simeoni, è che in realtà molte delle richieste di maggiore autonomia partite dalla Corsica sono state ignorate dal governo, finendo per alimentare delle tensioni sotto traccia poi esplose con la morte di Colonna“. Questioni irrisolte che premono sulla realtà dell’isola, al punto che settimane fa l’Flnc ha affermato con un comunicato di essere anche pronto a riprendere le armi.
Rinforzi positivi alle istanze per una maggiore emanicpazione da Parigi sono arrivati in un certo senso anche dalle rivolte che si sono verificate nel territorio oltremare della Guadalupa nei mesi scorsi che, osserva l’esperto, “hanno portato ad alcuni passi in avanti in fatto di autonomia, come a esempio l’ottenimento di norme più favorevoli rispetto alle tasse sul controllo delle acque”.
Vista dal lato parigino la vicenda è complessa. “Dopo essere sopravvissuto alla mobilitazione dei ‘gilet gialli’, anche perchè la pandemia ha riassorbito completamente le proteste, per il presidente Emmanuel Macron il caos in Corsica a poche settimane dal voto è stato un colpo“, sottolinea Pala. “Gli annunci di un dialogo per parlare dell’autonomia hanno poi scatenato l’ira della destra neo-gollista che in campagna elettorale accusato il capo dello Stato di essere arrendevole su questo aspetto per bocca della sua candidata alla presidenza, Valérie Pécresse dei Les Républicains”. L’isola torna quindi a interrogare l’identità francese, “così focalizzata sull’unità e la centralità della Repubblica”, osserva il politologo.
Gli eventi corsi hanno avuto delle risonanze anche oltre le Bocche di Bonifacio, in Sardegna, afferma Pala. “C’è comprensione e vicinanza fra i popoli delle due isole, loro seguono le lotte che avvengono in Sardegna e i sardi seguono le loro. C’è stata unione nel cordoglio”.
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