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Coronavirus, Mongelli (Fidu): “Turchia liberi i detenuti di coscienza”

"La Turchia ha 300mila detenuti, superando del 130 per cento la capacita' delle strutture. Di questi, 50mila sono detenuti di coscienza: giornalisti, docenti, avvocati o artisti che hanno osato chiedere diritti e liberta'"

Pubblicato:08-04-2020 12:17
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 18:06

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ROMA – “In Turchia l’emergenza Covid-19 sta facendo tornare a galla due problemi annosi: quello del sovraffollamento delle carceri e, soprattutto, delle migliaia di persone detenute ingiustamente. Noi della Fidu, insieme a vari partner, lanciamo un appello alle autorita’ affinche’ affrontino il problema adottando misure detentive alternative ma soprattutto restituendo la liberta’ a chi e’ finito in prigione solo per aver espresso le proprie idee“. Cosi’ all’agenzia Dire Eleonora Mongelli, vicepresidente della Federazione italiana diritti umani (Fidu).

Secondo Mongelli, con l’emergenza pandemia l’organismo si e’ mobilitato per sollecitare i diversi “regimi autoritari a decongestionare le carceri, per limitare i contagi”, sulla scia dell’appello dell’Alto commissario Onu per i diritti umani, Michelle Bachelet, che ha esortato tutti i governi a rilasciare le persone ingiustamente detenute.


Tra questi figura la Turchia: “Il Paese ha 300mila detenuti, superando del 130 per cento la capacita’ delle strutture” afferma l’esperta, che denuncia: “Di questi, 50mila sono detenuti di coscienza: giornalisti, docenti, avvocati o artisti che hanno osato chiedere diritti e liberta’”. Alla maggior parte di loro “non e’ garantito un giusto processo mentre le prove a sostegno dell’accusa sono inconsistenti”.

Mongelli ricorda che dopo il fallito golpe del 2016 la stretta al terrorismo ha prodotto leggi “che mandano in carcere chiunque osi contestare l’operato del governo“.

In piena emergenza Covid-19, aggiunge, “sono gia’ sette i giornalisti arrestati perche’ hanno criticato il modo in cui Ankara sta gestendo l’epidemia“.

In tanti in Turchia lottano per denunciare questa situazione. Tra loro, anche la cantante Helin Bolek che qualche giorno fa si e’ lasciata morire di fame.

“Bolek – dice Mongelli – e’ arrivata al 288esimo giorno di digiuno per chiedere la liberazione dei membri di ‘Grup Yorum‘, la sua band, nata nel 1985 e ben nota anche in Europa. Le persecuzioni sono iniziate anni fa, oggi quasi tutti i suoi membri sono stati incarcerati con l’accusa di terrorismo, perche’ nei testi cantano il dissenso. Questo caso dimostra quanto il problema della repressione sia di lunga data”.

In settimana il parlamento votera’ un emendamento alla legge sulle misure d’emergenza che consentira’ ai detenuti per reati comuni di lasciare il carcere, usufruendo di sconti di pena o misure alternative. Ne sono esclusi pero’ proprio i prigionieri di coscienza.

Per questo la Fidu, con altre 16 associazioni, ha aderito all’appello lanciato da Arrested Lawyers che si occupa dei legali incarcerati, affinche’ “siano rimessi in liberta’ i detenuti di coscienza, dando priorita’ ad anziani, donne con bambini e malati“.

Nelle carceri infatti, denuncia la vice-presidente di Fidu, “1500 persone, pur essendo entrate in buona salute, hanno sviluppato patologie legate al cibo e all’acqua di cattiva qualita’ nonche’ alla scarsa igiene“. Secondo le organizzazioni, il provvedimento “svuotacarceri” deve tenere conto di tutti i detenuti, “senza discriminazioni, cosi’ come sancisce la Costituzione turca”.

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