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A Roma sfilano in centinaia per lo sciopero femminista

Scendono in strada per il corteo dell'otto marzo tantissimi tra studenti e studentesse dei licei romani

Pubblicato:08-03-2021 19:38
Ultimo aggiornamento:08-03-2021 19:38

manifestazione donne non una di meno
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ROMA – Entrano in piazza Esquilino con un piccolo corteo, dietro un fumogeno rosso, le studentesse e gli studenti di una trentina di licei della Capitale, che hanno aderito all’appello di Non Una Di Meno per lo sciopero femminista e transfemminista dell’8 marzo nell’appuntamento romano ai piedi della basilica di Santa Maria Maggiore.

Sono centinaia e danno il via all’evento centrale della giornata di mobilitazione, dopo il flash mob di stamattina al Mef. Sui volti mascherine rosa o bianche con scritto 8 marzo, tantissimi i ragazzi col panuelo al collo. Fucsia come la zona fucsia proclamata dalle attiviste oggi a Roma con uno striscione attorno all’obelisco Esquilino, per ricordare che nella pandemia c’è bisogno di una “zona libera dal patriarcato e dal neoliberismo patriarcale, in cui rivendicare i nostri diritti e le necessità enormi che abbiamo e che in questo ultimo anno si sono intensificate”, spiega all’agenzia di stampa Dire Chiara, attivista di Non Una Di Meno.

“Oggi in Sapienza siamo riuscite ad entrare e a fare un corteo interno- spiega all’agenzia Dire Lucia, 20 anni, studentessa di Giurisprudenza dell’università La Sapienza e attivista di Link coordinamento universitario- In questo periodo il fenomeno delle molestie è aumentato- denuncia- Vogliamo un consultorio e uno sportello e vogliamo che il regolamento contro le molestie venga aggiornato, perché la nuova rettrice, che cerca di fare una lotta alla violenza di genere che esiste solo nella sua testa, ha ripreso lo stesso regolamento sulle molestie del 2005″.


“Sono stufo che ancora nel 2021 le donne debbano subire violenza- confessa Fulvio, studente di secondo anno al liceo ‘Righi’ e membro del collettivo Ludus, in piazza con molti suoi coetanei- Non è possibile che una ragazza si senta fischiare o apostrofare con certe frasi per strada. Secondo me, però, sta cambiando qualcosa nel mondo maschile: molti uomini cominciano a sentire il peso che c’è sugli altri sessi e ci rendiamo conto che questo non è accettabile”.

“Sono stufo che ancora nel 2021 le donne debbano subire violenza- confessa Fulvio, studente di secondo anno al liceo ‘Righi’ e membro del collettivo Ludus, in piazza con molti suoi coetanei- Non è possibile che una ragazza si senta fischiare o apostrofare con certe frasi per strada. Secondo me, però, sta cambiando qualcosa nel mondo maschile: molti uomini cominciano a sentire il peso che c’è sugli altri sessi e ci rendiamo conto che questo non è accettabile”.

‘Giustizia riproduttiva’, ‘Intersezionale’, ‘Giustizia alimentare’, sono le parole composte in verticale a terra davanti all’obelisco, in una specie di cruciverba della piattaforma politica transfemminista. E ancora: ‘Rivoluzione’, ‘Desiderio’, ‘Trasgressione’, ‘Ecotransfemminismo’ e la frase: ‘La violenza non è amore’. Proprio per dare voce alle donne vittime di femminicidio, “15 dall’inizio dell’anno”, contano le femministe, il movimento rilancia il flash mob muto del 25 novembre 2019: tanti corpi, stesi a terra, sagomati sull’asfalto dalle attiviste con i gessi colorati, in un minuto di silenzio che scorre mentre il traffico di via Cavour non si ferma. Poi, dopo l’intervento delle attiviste della Casa delle Donne ‘Lucha y Siesta’, l’urlo finale, che unisce le voci delle femministe nel coro ‘Siamo il grido altissimo e feroce di tutte quelle donne che più non hanno voce’. E il ritornello giocoso di una ‘Mary Poppins’ rivisitata, scandito da voci e chitarra di Los adoquines di Spartaco e la Malamurga, ‘Con il nostro di sciopero la pillola va giù, vogliamo la Ru’. Parte il corteo, da piazza Esquilino a piazza Vittorio Emanuele, dove si ripete il minuto di silenzio, come un grido muto ordinato dal microfono rosa delle attiviste che percorre il serpentone, “per tutte le donne vittime di violenza”. Seguito da un “urlo” di libertà e di rabbia” che risuona lunga via Merulana e torna indietro, tra gli ombrelli di una giornata in cui le donne “si riprendono coi loro corpi le strade”.

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