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“Riaprite le scuole”: la lettera a Draghi di una mamma lombarda

"Perché non si è ancora capito che la vita lavorativa e la tenuta economica del paese passano anche dalla scuola?", chiede la mamma lavoratrice

Pubblicato:08-03-2021 14:06
Ultimo aggiornamento:08-03-2021 14:06
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MILANO – L’otto marzo delle mamme lavoratrici è una giornata, l’ennesima, in salita, specie nelle regioni in cui è stata decisa la chiusura delle scuole. Una chiusura che tiranneggia soprattutto le donne, come espresso nelle parole di questa mamma, che ha inviato alla redazione una lettera rivolta al presidente del Consiglio, Mario Draghi. “La scuola deve andare avanti, per i nostri bambini in primis e per le famiglie, per i papà e per le mamme che lavorano”, la sua richiesta. Ecco perché.

Gentile Presidente del Consiglio,


Sono una mamma di due bambini che frequentano la scuola primaria, abito in Lombardia e giovedì mattina come tutti ho appreso dai giornali la notizia della chiusura delle scuole a partire dalla mattinata successiva. 

Abbiamo vissuto l’esperienza di una scuola chiusa da fine febbraio 2020 e mai riaperta fino all’anno scolastico successivo, noi genitori abbiamo trascorso le serate su Classroom a scaricare materiale e ad organizzare la giornata successiva pseudo-scolastica dei nostri figli affinchè fossero l’indomani il più autonomi possibile, abbiamo cercato le parole per spiegare loro il perché in primavera ad un certo punto tutto fosse aperto tranne la scuola…

E poi la scuola ha riaperto a settembre, con mille vincoli, regole ed attenzioni, i nostri bambini hanno imparato che ai compagni non ci si poteva più avvicinare, che i giochi da casa per trascorrere l’intervallo non si potevano più portare, che la mensa non esisteva più ed il pranzo veniva consumato sui banchi e senza parlare perché quello era l’unico momento in cui non indossavano la mascherina, e che alcune materie interessanti come informatica erano cancellate perchè le aule apposite destinate ad altre classi per necessità di spazi, o che a musica non si poteva più cantare o suonare il flauto per diminuire le possibilità di contagio. E con gli occhi che brillavano di gioia si sono adattati a tutto questo e sono entrati tutte le mattine a scuola col sorriso coperto dalla mascherina, disinfettandosi le mani guardando negli occhi le instancabili maestre che prima di entrare misuravano loro la temperatura.

Abbiamo osservato da lontano la crisi di governo ed ascoltato le Sue parole conclamare quanto la scuola fosse importante, quanto credesse nel famoso “empowerment” femminile, che non si fa con le quote rosa ma con uno stato che garantisce alle mamme lavoratrici le stesse possibilità di dedicarsi al lavoro dei loro colleghi uomini.

E poi è arrivato di nuovo il momento di dire ai propri figli che il giorno dopo a scuola non ci andranno, di dire al proprio capo che a quella riunione importante in cui ti giochi la carriera non puoi partecipare perché tuo figlio ha problemi col collegamento a Meet e deve fare lezione online. E il momento di giustificare ai bambini perché si può andare nei centri commerciali durante la settimana ma a scuola no.

Ora le chiedo: perché torniamo indietro? Perché non si è ancora capito che la vita lavorativa e la tenuta economica del paese passano anche dalla scuola? E non solo nel lungo termine come denunciano a piena voce i pedagogisti e gli psicologi, ma anche nel breve perché i genitori per lavorare hanno bisogno che i loro figli siano a scuola.
Perché i negozi sono aperti ma le scuole chiuse, cosa devo rispondere ai miei figli? E come possiamo noi mamme lavoratrici dedicarci al lavoro se abbiamo i nostri bambini sono a casa?

Oggi 8 marzo è la Giornata Internazionale della Donna, e ricordo che proprio da questa pandemia la situazione lavorativa della donna da tutte le statistiche di disoccupazione pubblicate ne è uscita peggiorativa in media rispetto all’uomo, e le scuole chiuse non possono che aggravare questa situazione ed il divario che tutt’ora esiste tra mamme e papà lavoratori.

Confido nella possibilità che si ripensi a questa inspiegabile decisione, tenendo aperte le scuole, soprattutto elementari e materna, indipendentemente dal colore della regione. La scuola deve andare avanti, per i nostri bambini in primis e per le famiglie, per i papà e per le mamme che lavorano.

Una mamma lavoratrice

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