
Aborto, l’ostetrica: “Donne sole e abbandonate, non c’è formazione psicologica”
8 marzo 2018
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ROMA – ‘La situazione sta peggiorando, sta aumentando la quantita’ di obiettori. La legge 194 corre il rischio di rimanere carta scritta’. Non ha dubbi la dottoressa Silvana Agatone, medico ginecologo e presidente della Libera Associazione Italiana Ginecologi per l’applicazione della legge 194/78 (Laiga), nata per riunire i ginecologi non obiettori nel 2008, quando una donna che si stava sottoponendo ad aborto terapeutico per problematiche fetali in un ospedale di Napoli e’ stata messa sotto inchiesta insieme al ginecologo non obiettore.
‘A praticare l’aborto terapeutico nel Lazio siamo solo in sette, tutti concentrati a Roma- spiega all’agenzia di stampa Dire la dottoressa Agatone- i non obiettori sono un po’ di piu’. Nelle altre quattro province non si pratica l’Itg (Interruzione terapeutica di gravidanza, ndr). Spesso alcuni ospedali sprovvisti del servizio chiamano i ginecologi non obiettori a gettone. Cosi’ l’amministrazione, cioe’ tutti i cittadini, pagano in piu’ un servizio che per legge dovrebbe essere garantito dall’ospedale’.
Non e’ solo un costo aggiuntivo il ricorso a questa soluzione. Spesso diventa anche un problema per la donna: ‘Per l’aborto terapeutico si induce un parto, ma il ginecologo non obiettore chiamato dall’ospedale dopo le sue ore se ne va. E gli obiettori spesso sospendono la terapia’.
Il problema, secondo Agatone, e’ legato proprio alla dilagante obiezione di coscienza e agli abusi ad essa legati: ‘A volte capita che arrivino donne al quinto mese che devono fare un cesareo d’urgenza perche’ hanno un’importante emorragia e tu, medico non obiettore, vai in sala operatoria e non trovi nessuno, ne’ ferristi, ne’ portantini. Ma se la donna muore- sottolinea- la colpa e’ del medico, non del personale che non gli ha permesso di effettuare un intervento d’urgenza.
Sono passati anni ma alla fine e’ stata condannata ed e’ venuta fuori tutta una giurisprudenza sugli abusi legati all’obiezione. Perche’ l’obiezione deve essere relativa all’atto unico che determina un aborto, non ad un atto medico che si effettua anche in caso di altro tipo di interventi medici. Molti dei ferri che si utilizzano per l’aborto sono gli stessi utilizzati nei pap test o in altri esami ginecologici’.
‘Prima di tutto, nelle scuole di specializzazione di Ginecologia della facolta’ di Medicina laiche spesso non ci sono medici non obiettori- spiega- In secondo luogo, i primariati di Ostetricia e Ginecologia degli ospedali laici del Lazio, ma credo non solo del Lazio, vengono affidati a medici di scuola cattolica. Quindi si crea un meccanismo di pressione psicologica sul personale e in molti si adeguano per sopravvivenza, perche’ il successo di un cavallo dipende dalla sua scuderia’.
‘Terza ragione- continua- e’ che ormai ne parliamo in pochi e, tra quei pochi, c’e’ la nostra associazione. Nel 2008 attaccarono una donna a Napoli per una patologia fetale, arrivo’ la Polizia e apri’ un’inchiesta sul medico e sulla donna- spiega- Per questo abbiamo creato questa rete, una donna isolata tende a nascondere il problema. Perche’ non vuole mettere il suo dolore e il suo senso di colpa in piazza. Se una donna non trova un posto per abortire cerca altre soluzioni, non protesta. I medici poi non ce la fanno perche’ spesso sono circondati da obiettori. Anche perche’ il medico non obiettore, se sa che per la donna e’ l’ultimo giorno utile per interrompere la gravidanza, spesso fa tutto da solo.
Perche’ diventa non un problema della struttura, ma del medico non obiettore. E poi facendo obiezione si fa carriera, visto che i primariati sono tutti religiosi. Tutti i centri di diagnosi prenatale sono gestiti da obiettori. Se noi mettessimo i non obiettori alla guida di questi centri sa quanti obiettori cambierebbero idea?’. Cosa che puntualmente non avviene: i non obiettori sono pochi, vengono mossi da un ospedale all’altro della regione e spesso ‘avere un rimborso diventa una cosa inaudita’: ‘Quanti riescono a fare questa vita?’.
‘Nell’articolo 9 della 194 sta scritto che gli enti ospedalieri devono erogare tutti e due i tipi di aborto, sia il volontario che il terapeutico. Gia’ siamo fuori legge, perche’ nel 2016 del 100% degli ospedali italiani nemmeno il 60% faceva interruzioni nei primi novanta giorni. Di questa percentuale quanti fanno il terapeutico? La relazione ministeriale glissa molto sugli aborti dopo i 90 giorni. L’articolo 9 non cita una percentuale- precisa- ma ‘gli enti ospedalieri”.
E questo, secondo la presidente della Laiga, non e’ l’unico punto critico del documento: ‘Il grande difetto della relazione ministeriale e’ che studia i posti dati, non la richiesta- spiega- Non si indaga su quante persone abbiano bisogno dell’aborto. Ogni medico che pratica un aborto e’ obbligato alla compilazione di una scheda, ma siccome i medici non obiettori sono sempre meno perche’ stanno andando in pensione, diminuiscono anche le schede, su cui si basa l’indagine.
E sembra che vada tutto bene. Ma in realta’, quante sono le donne che vogliono ricorrere alla 194?’. Ragiona la dottoressa Agatone e porta un esempio: ‘Faccia conto che ad una clinica convenzionata di Caserta il budget destinato dalla Regione Campania si esaurisca a settembre. Quindi finiscono i soldi, non si fanno gli aborti, ma non diminuisce la domanda di aborto’.
Per questo, la Laiga ha proposto allo staff del ministero di inserire dati provenienti dai consultori: ‘Qualcosa hanno inserito, ma ancora non sono dati esaustivi. Noi sappiamo che esistono cliniche private che fanno aborti a pagamento- aggiunge la ginecologa- Abbiamo chiesto un monitoraggio dell’aborto clandestino, ma anche su questo il ministro ha risposto con un’indagine puramente statistica e nessuno studio reale. Invece dobbiamo trovare dei marcatori per studiare l’aborto clandestino, non puo’ rimanere una formula matematica’.
‘Si tratta di un abuso dell’obiezione, perche’ il personale e’ tenuto all’assistenza. Purtroppo e’ difficile che una coppia denunci. Perche’ una denuncia porta con se’ un’inchiesta, che puo’ anche durare anni. Quale donna e’ disposta a rivivere il proprio dolore per tutto questo tempo?’. E sulla freddezza del personale raccontata da alcune donne sottolinea: ‘Spesso i non obiettori sono massacrati. Se ci sono ospedali boicottanti arrivano a livelli di stress notevoli. Chi gestisce grandi quantita’ di interruzioni di gravidanza puo’ essere sottoposto a grandi pressioni. E poi- aggiunge- fare questo lavoro non aumenta l’attivita’ privata: le donne che hanno fatto un’interruzione di gravidanza con me spesso non tornano, perche’ sono legata ad un evento che vogliono dimenticare. Se sei conosciuto come un ginecologo che fa bellissimi parti invece vengono tutti da te. Noi siamo ginecologi a 360 gradi- specifica- non siamo pecore nere come ci vedono i colleghi, il personale e la popolazione’.
‘Il movimento per la vita sta raccogliendo firme per fare un referendum e dare il diritto legale agli embrioni. Una volta che si da’ il diritto legale agli embrioni e si individuano i tutori, fare un passo indietro sulla 194 e’ molto facile. La legge e’ fatta benissimo, bisogna solo farla attuare- sottolinea- Stabiliamo una percentuale di obiezione, facciamo in modo che le regioni si attivino per attuarla, facciamo muovere gli obiettori. Se la tocchiamo ora che il Medioevo sta tornando non ne usciamo vivi, siamo in un periodo di controriforma- sottolinea preoccupata- Ora stanno tentando una via subdola, facendo diventare tutti obiettori. Il potere politico ama molto il potere del Vaticano, ecco perche’ la sanita’ pubblica sta finendo tutta nelle mani delle universita’ cattoliche. A noi non danno i soldi per gli ospedali pubblici, ma negli ospedali cattolici i finanziamenti arrivano’. E sull’obiezione la dottoressa Agatone non ha dubbi: ‘Va applicata con saggezza, ma e’ la non obiezione che deve essere potenziata. Tutti gli enti ospedalieri devono avere i mezzi per i due tipi di interruzioni di gravidanza e il servizio- conclude- si deve reggere su almeno tre medici’.
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