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Insultata e lasciata sola durante l’aborto: la storia di Anita

Violenza verbale durante un interminabile travaglio indotto al sesto mese di gravidanza

Pubblicato:08-03-2018 13:08
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 12:35

donna incinta
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In occasione della Giornata Internazionale della Donna l’agenzia di stampa Dire ha deciso di dedicare uno speciale ai quarant’anni della legge 194 sull’aborto.

ROMA – “Venne la caposala, urlando come una pazza dicendomi cosa ti strilli? Cosa ti piangi! Ma sei stupida? Ebbene si lei mi urlava dicendo queste testuali parole”. È il ricordo di Anita (nome di fantasia, ndr) che mentre partoriva sua figlia, alla quale avevano diagnosticato una grave malformazione incompatibile con la vita, dopo un interminabile travaglio indotto al sesto mese ha subito una violenza verbale che non può dimenticare.

Un aborto terapeutico necessario, durante il quale è stata lasciata sola per 12 lunghe ore. Era il 2011 “avevo il mio bimbo di un anno e mezzo, tutto scorreva liscio- racconta- quando ecco che un bel giorno, la comparsa dei primi sintomi, inequivocabili per me. Presi un test, era positivo. Dopo lo shock iniziale in cuor mio sentivo che sarebbe stata una femminuccia, e Dio quanto lo speravo”.

Durante la morfologica “la dottoressa smette di sorridere, così, di colpo. Un’ombra sul suo volto e tutto ad un fiato esclama: c’è un problema ve lo dico subito”.


Una notizia inaccettabile e da lì a poco il ricovero

“Ogni dottore ripeteva, due giorni e sei casa”. E invece, prosegue Anita nel suo racconto, “un giorno, due, tre, quattro non si smuoveva niente: passavano infermiere, psicologhe, per loro ero una delle tante, dispiaciute ma nessuna mai si fermava a chiedermi se volessi parlare”. Si sentiva ed era sola “nel letto di ospedale, lontano dal mio bambino”; poi i primi dolori e la corsa in sala parto.

“Vicino avevo urla di donne che stavano mettendo al mondo i propri bimbi. Che dolore nel dolore. Dodici ore di travaglio, dodici ore sola, buttata abbandonata in una brandina. Giuro. Non passava mai nessuno. Pregavo che tutto finisse”.

“Un calvario puro” è la sintesi di Anita, un dolore fisico e psichico che nessuno dei medici e degli infermieri ha saputo accogliere e sostenere.

Ma “oggi- conclude- sono mamma di tre bambini (ironia della sorte tre maschietti) i miei angeli, il più piccolo partorito solo due mesi e mezzo fa. Ed eccomi qui moglie e mamma felice. Segnata, per sempre, ma felice”.

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